Politica Società Storia 

E Grillo l’imperturbabile chiese in consiglio di abbattere un ponte medioevale vincolato

Schermata 2015-09-22 alle 14.25.44di Monica Di Carlo

Sono passati più di 25 anni da quando Guido Grillo, all’epoca socialista, vice presidente della Provincia e assessore alla caccia, si aggiudicò, sbaragliando ogni possibile contendente, il “Premio Attila” conferitogli dal Wwf e consistente in uno specchio e alcune ventose necessarie per arrampicarsi nonostante la scivolosità della superficie in modo da riuscire a difendere una sua tesi scientificamente, geograficamente e climatologicamente insostenibile. Già, perché il Nostro si produsse in una spettacolare delibera che fece esplodere non solo gli ambientalisti, ma anche tutti i cittadini genovesi in un fragoroso “mi tasto se ci sono” e gli guadagnò per parecchi giorni la ribalta delle cronache dei giornali che lo esposero al ludibrio dei cittadini pubblicando testualmente il fantasioso testo approvato dalla giunta. Scrisse, infatti, in delibera che avrebbe ripopolato le la Liguria di lepri cecoslovacche (all’epoca Repubblica Ceca e Slovacchia erano ancora un unico stato) già che il clima di quel Paese era <il più simile a quello della Liguria>. Si sprecarono pagine di quotidiano per aggiornare l’allora assessore, informandolo, ad esempio, che la Cecoslovacchia ha un clima continentale mentre la Liguria ha un clima mediterraneo e che d’inverno lì ci sono di norma temperature che oscillano tra i -5 e i -10 gradi, ma anche del fatto che in autunno e in primavera, in quel’area nevica ancora. Insomma, Grillo aveva scritto nero su bianco un solenne “falso climatico” talmente marchiano da suscitare, prima ancora rabbia degli ambientalisti e dei contribuenti (i ripopolamenti incidevano sulla spesa pubblica), l’ilarità di tutta la città.
Il “vizio” della politica
Si dice che “il lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Il “vizio” di Guido Grillo è quello della politica alla quale, alla veneranda età di ben 77 anni da compiere a dicembre, con alle spalle una licenza media e diversi posti di potere e sottopotere occupati dal 1975 ad oggi (è stato anche presidente della Fiera dal 1992 al 1995 ed è transumato dopo Tangentopoli dal Partito Socialista e Forza Italia nei cui banchi siede in consiglio comunale), continua ad essere “avvinto come l’edera”, tanto per citare una canzone che deve aver sentito di frequente alla radio quando, ventenne, probabilmente aveva già cominciato a frequentare qualche sede di partito. Ancora oggi Grillo in consiglio comunale è il maggior produttore di interrogazioni, ordini del giorno ed emendamenti spesso ispirati a quanto pubblicano i giornali e che terminano, di consueto, con la richiesta della convocazione di una commissione. Oggi stesso, il presidente del consiglio comunale Giorgio Guerello ha ironizzato in consiglio circa la “frequenza” degli interventi del consigliere forzista che, è cosa nota, determinano l’immediato fuggi fuggi generale dal loggione della stampa.
Proprio oggi pomeriggio, Grillo (Guido, per distinguerlo dal più noto, anche se oggettivamente più “fresco”, leader pentastellato nonostante “il Nostro” sia da molto più tempo nell’agone politico) si è candidato concretamente a vincere un altro “Premio Attila”, magari conferito da Italia Nostra o dal Fai. Gli anni sono passati e nessuno deve aver avvertito il consigliere forzista che i tempi del “diradamento programmato” (spesso collegato a successive riedificazioni mal fatte e brutte) sono passati da un bel pezzo.
I vandali “moderni” che hanno distrutto le vestigia storiche della città
Erano i tempi in cui si distrusse sistematicamente tutto il tessuto urbano e sociale della zona di Piccapietra attorno alla quale, tra il XIV e il XVIII secolo, gravitavano le corporazioni di mestieri. Le operazioni urbanistiche hanno portato alla scomparsa pressoché totale dei nuclei storici di Piccapietra, Ponticello e borgo Lanaioli, dei quali restano poche frammentarie testimonianze nell’attuale quartiere a destinazione prevalentemente direzionale e commerciale.
Erano i tempi in cui si buttò giù un intero quartiere del centro storico per permettere l’edificazione del brutto mostro di cemento pieno di amianto dove da decenni c’è la Regione e dei “Giardini di Plastica”, notoriamente più frequentati da tossici che da mamme con bambini e anziani, generando un problema di igiene e sicurezza.
Erano i tempi in cui venne demolita Corte Lambruschini per costruire le orride torri di vetro e cemento che con le fondamenta bloccano il defluire dei rivi e mandano sott’acqua la Foce, cosa che una volta accadeva difficilmente.
Beh, quei tempi sono finiti, esistono leggi, vincoli per la tutela del patrimonio storico, ma soprattutto è rinata la coscienza dei genovesi, è rinato il loro orgoglio, è rinato l’amore per la città e per il proprio patrimonio storico e archeologico. La punta di iceberg di questo fenomeno è il successo dei Rolli Days. Un secolo e più di demolizioni e devastazioni ci hanno portato via, ad esempio, la casa di Paganini rubando letteralmente una grande fetta di patrimonio alla città. Per fortuna, proprio Tangentopoli arrivò a stoppare, insieme ad altri progetti, il piano di diradamento del centro storico di cui si favoleggiava in ambienti politici e impenditoriali (quelli dei costruttori) ai tempi della giunta pentapartito.
<Demolite il ponte medioevale!>
Del tutto incurante del fatto che nei quarant’anni in cui ha occupato posti di governo e sottogoverno la società e le regole sono, vivaddio, completamente cambiate, oggi pomeriggio Guido Grillo ha proposto di demolire quello che resta di un ponte medioevale arrivando persino a chiedere all’amministrazione comunale in Sala Rossa e in seduta pubblica di fare pressione sulla Soprintendenza per rimuovere il vincolo. Secondo lui (non è noto in base a quali risultanze scientifiche), quel che resta del ponte medioevale è d’ingombro e causa l’esondazione del Bisagno a Borgo Incrociati.
Crivello: <Il vero problema è il ponte moderno, non quello antico. Dobbiamo pensare a come intervenire>
L’assessore Gianni Crivello gli ha spiegato che il vero problema è il ponte Castelfidardo, “moderno” e carrabile, che sta a monte. Lo dicono gli studi dei tecnici per gli interventi finanziati con milioni di euro dallo Stato e che piano piano elimineranno il rischio. Crivello ha anche detto – specificando che non pensa all’immediata demolizione dela struttura – che sul ponte Castelfidardo è il caso di fare un ragionamento. Probabilmente, trovando i quattrini, ci sarà da costruire un ponte nuovo, che non faccia da tappo. Ma lui, Grillo, nella sua replica all’assessore ha insistito, invitando l’amministrazione <considerate le condizioni climatiche che fanno sì che, annualmente, anche più volte l’anno, si verifichino condizioni che causano esondazioni> ad <approfondire questa questione>. Insomma, non ha preso atto (nè coscienza) sia del valore storico e archeologico del ponte, sia del fatto che secondo i tecnici non rappresenta causa di esondazione. Probabilmente, si è limitato a raccogliere un “mugugno” popolare di qualcuno che gravita sulla zona e a riportarlo in consiglio, perché è così che si raccolgono i voti e non si finisce eletti per 40 anni, nonostante le bufere che in questi quattro decenni hanno spazzato la politica, senza avere una base elettorale solidissima.
Le richieste dei cittadini
Dopo l’esploit odierno in consiglio comunale, Guido Grillo si è probabilmente alienato le simpatie e i voti di buona parte del quartiere di San Fruttuoso. L’inossidabile politico “vintage” non ha, evidentemente, mai sentito parlare dell’associazione del quartiere che da tempo chiede il recupero del manufatto e che punta a farne attrazione turistica per la zona. Sono già state raccolte centinaia e centinaia di firme. L’architetto Matteo Marino, da sempre attivo nella promozione culturale di San Fruttuoso e attento alla valorizzazione del sito di Sant’Agata, propone da anni, sostenuto dai cittadini e dal Civ, il recupero dell’antico percorso che non si limita alle poche arcate visibili nel greto del Bisagno. Pochi sanno, ad esempio, che esistono altre due arcate del ponte nel cortile della chiesa di Sant’Agata, situata tra piazza Giusti e piazza Martinez. L’intervento doveva essere finanziato con gli oneri di ri-urbanizzazione dell’ex mercato di ortofrutta di Corso Sardegna, ma con i nuovi vincoli del piano di bacino l’intervento è andato a monte e i fondi sono sfumati.
Schermata 2015-09-22 alle 15.57.21
La storia del ponte
Il ponte di S. Agata, citato già in documenti del XII secolo, rappresentava un importante collegamento tra la città e i territori del Genovesato di levante. Probabilmente, però, era già funzionante in età bizantina, cioè nel VII secolo. Il ponte partiva dal Borgo degli Incrociati e raggiungeva la chiesa di Sant’Agata, che da questa prese poi il nome. Il ponte venne distrutto da una piena storica del Torrente Bisagno il 30 settembre 1452 e venne ricostruito nel 1535. Lo sviluppo urbano che ha caratterizzato la città in epoca moderna, lo ha gradatamente sepolto; delle 28 arcate ne restano visibili due, parzialmente interrate, nel giardino del convento all’estremità di levante, proprio in prossimità dell’archivolto di ingresso; molte delle altre sono state o in parte distrutte o interrate e coperte dalla viabilità o dagli edifici costruiti in questa zona sul finire dell’ottocento e agli inizi del novecento. Lo sviluppo urbano, rubando spazio al letto del torrente, ha ridotto l’antico ponte a sole sei arcate. Come tale è giunto fino al 1970 quando la disastrosa alluvione con la memorabile piena del Bisagno del 7 ottobre lo distrusse in parte, lasciando erette solo tre arcate nell’alveo del torrente.
Schermata 2015-09-22 alle 16.11.28

Related posts