Uccisa e sfigurata a coltellate. La donna era vissuta a Genova dove risiedono ancora la madre e i tre figli

Nell’account Facebook di Yirelis Peña Santana, la trentaquattrenne dominicana trovata morta nel pomeriggio di sabato nella casa di Cassino dove era arrivata tre settimane fa, c’è ancora scritto che viveva nella nostra città, anche se nel frattempo era passata per Vercelli prima di traslocare nella cittadina in provincia di Frosinone. Sempre sulla sua pagina social si legge un appello contro la violenza sulle donne e i femminicidi


A Genova vivrebbero ancora la madre e i tre figli, tra i 6 e i 14 anni. L’omicidio ha causato forte impressione nei gruppi social dei dominicani in Italia, in particolare tra coloro che l’avevano conosciuta proprio a Genova.
Lei, originaria di Jima Abajo, nella provincia di La Vega, nella Repubblica Dominicana, regolarmente presente sul territorio nazionale, da una ventina di giorni si era trasferita al secondo piano di una palazzina del comune laziale.

Lì ha trovato la morte per mano di chi l’ha massacrata con 12 coltellate inferte con un coltello a lama liscia e affilata, un serramanico o forse un coltello da cucina. L’arma del delitto non è ancora stata trovata. Chi si è accanito su di lei ha sferrato con violenza i colpi con l’intento di uccidere. Le donna ha tentato di difendersi, tanto che sono state trovate dal medico legale, durante un primo sopralluogo sul posto, anche ferite alle braccia. Diversi colpi sono stati inferti sul volto, fino a sfigurarla. La coltellata mortale le ha reciso la carotide, facendola morire dissanguata. È probabile che l’assassino abbia prima tentato di strangolarla perché il corpo presenta anche un evidente segno sul collo.
Nonostante tutto il trambusto avvenuto nell’appartamento, nessun vicino di casa avrebbe sentito alcun rumore e l’assassino sarebbe scivolato via, non visto da occhio umano, ma probabilmente ripreso dalle telecamere della zona. Al piano terra della casa si trova anche un pubblico esercizio con dehors e forse anche lì ci sono delle telecamere.
A trovare il sangue nel tinello della casa è stato proprio un vicino con cui Yirelis aveva fatto amicizia e che era andato a casa sua perché le aveva promesso di controllare i tubi del gas. Ha detto di essere stato via per qualche giorno e quando era tornato ed è andato a casa della trentaquattrenne per il controllo ha trovato la porta socchiusa. È entrato e ha cercato la donna, poi ha visto le tracce ematiche e non ha proseguito oltre. È uscito e ha chiamato le forze dell’Ordine. Il cadavere di Yrelis era già sul letto, in una pozza di sangue.
Le indagini del Commissariato di Cassino e della Squadra Mobile di Frosinone possono contare sul cellulare della vittima, ritrovato in casa dagli investigatori. Nella memoria del dispositivo i poliziotti andranno alla ricerca di ogni possibile indizio nei messaggi e nei social network. Al vaglio anche le immagini delle telecamere della zona che, come si è detto, potrebbero aver ripreso l’assassino.
Al vaglio anche quanto detto da un sudamericano che aveva fatto amicizia con la donna e cioè di aver detto a Yirelis, qualche giorno fa, di «lasciar perdere quella gente», alludendo a un gruppo di italiani di origine siciliana con cui la donna avrebbe litigato. La violenza con cui l’assassino si è accanito sul corpo della donna lascia presumere che si sia trattato di un delitto d’impeto.
Oggi il sostituto procuratore di Cassino Maria Beatrice Siravo conferirà l’incarico per l’autopsia che sarà utile a determinare con certezza le cause della morte e stabilità se davvero la furia omicida dell’assassino si è spinta a sfigurare deliberatamente la vittima.
Sulla bacheca della trentaquattrenne anche un appello contro la violenza sulle donne. Quasi un sinistro presagio.

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