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Domani marcia per la Pace promossa da Pax Christi. Aderiscono di associazioni laiche ed ecclesiastiche

Appuntamento sabato 2 aprile alle ore 15:00 in piazza San Lorenzo

Promuove Pax Christi Italia con un largo fronte di associazioni ecclesiali e laiche, in collaborazione con l’Arcidiocesi di Genova e la Diocesi di Savona-Noli

PROGRAMMA

Intervento dei Vescovi di Genova e Savona, rispettivamente Marco Tasca e Calogero Marino

Consegna e firma della bandiera della Pace

Testimonianza del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali

Interventi di Pax Christi, Weapon Watch, Economia Disarmata

Corteo fino al Porto Antico con le bandiere della pace

Consegna delle richieste all’Autorità Portuale: trasparenza sui carichi e divieto di transito alle “navi della morte”

L’APPELLO

Appello a tutte le persone che vogliono davvero la pace.

Troviamoci in Piazza San Lorenzo a Genova sabato 2 aprile alle 15.00. Getteremo “fari di pace” sul traffico di armi in cui siamo coinvolti, che nutre e prepara le guerre attorno a noi, sempre più vicine. Consegneremo richieste forti all’Autorità Portuale di Genova. C’è qualcosa di concreto che possiamo fare per fermare le prossime guerre, senza arrivare sempre “dopo”, quando è facile dirsi tutti “pacifisti” e sembra che la solidarietà sia l’unica risposta che possiamo offrire. Partiremo da Genova chiedendo a tutte le città portuali del nostro Paese di replicare la mobilitazione accendendo “fari di pace”. Basta armi che transitano dai nostri porti. Nessuna guerra può alimentarsi della nostra complicità o indifferenza.

Tre anni fa i camalli del CALP e della Compagnia Unica bloccavano armamenti destinati all’Arabia Saudita ma presentati come “attrezzature civili”, diventando così essi stessi “fari di pace” che rompono le tenebre di commerci illegali di cui non vogliono essere complici.

Un anno fa i portuali di Ravenna e di Livorno hanno dichiarato sciopero contro i container di esplosivi destinati a Israele, mentre Gaza veniva bombardata.

Pochi giorni fa i lavoratori dell’aeroporto di Pisa si sono rifiutati di lavorare al carico di “aiuti umanitari” destinati all’Ucraina sotto cui si celavano armi e munizioni.

Ucraina, Libia, Siria, Afghanistan, Israele… non vi è stato grave conflitto armato recente in cui non vi sia stato il coinvolgimento o il sostegno del governo italiano o di aziende operanti in Italia. E così nelle repressioni delle proteste popolari da parte di regimi autoritari in Egitto, in Kazakistan, in Myanmar, e perfino nella continua mattanza di civili in Messico.

«Da decenni, in nessun conflitto armato vi è stato un vincitore, vi sono stati invece innumerevoli vittime e conseguenti ininterrotti flussi di migranti disperati, a cui l’Italia e l’Europa hanno risposto con la chiusura delle frontiere» dicono gli organizzatori.

«Armi da montare. Carri armati. Sistemi di puntamento. Proiettili. Sono solo alcuni dei carichi che transitano abitualmente dal porto di Genova, destinati a paesi in conflitto, a maciullare uomini, donne e bambini, e che negli anni i portuali attivi nel CALP hanno visto con i loro occhi – proseguono gli organizzatori -. Molto di più è quello che non viene dichiarato, in violazione delle leggi, che non viene più caricato/scaricato per evitare scioperi e proteste, ma transita ugualmente. Il fiorente mercato della guerra inizia e passa anche qui da Genova, dove oggi siamo tutti in apprensione e disponibili ad accogliere i profughi ucraini, sentendoci emotivamente scossi da una guerra sul suolo europeo. Ma è l’ennesima ondata di profughi da tutto il mondo che in questi anni ci hanno chiamati in causa. La guerra la prepariamo sempre noi: le nostre aziende che fanno ricerca e sviluppo di sistemi militari, le nostre banche che consentono le transazioni e il commercio di armi, una mancata nostra transizione ecologica che ci renda indipendenti da fonti energetiche estere e relativi regimi. Chiediamo con forza che l’Autorità Portuale di Genova nel rispetto della legge 185/90 chieda la rivelazione del carico alle navi che transitano da Genova, e rifiuti l’ingresso in porto alle navi della morte. Le guerre in tutto il mondo non siano portate avanti grazie a noi, al nostro sistema produttivo-logistico, o anche solo al nostro silenzio indifferente o ignorante. Ma titto questo è legale? In questi anni tante forze civili non hanno cessato di portare in piazza e in politica lo slogan “Porti aperti ai migranti e chiusi ai traffici di armi”. Di chiedere realmente un’altra umanità possibile. Tuttavia la politica – tanto in Italia quanto nei paesi dell’alleanza atlantica in cui l’Italia si trova inserita – non ha saputo né voluto dare risposta e la corsa agli armamenti è continuata. Ora la guerra si sta avvicinando sempre più, e cala la paura anche su chi si credeva al sicuro. La legge “185/90”, che regola l’export militare, esiste da 30 anni: prevede che le aziende produttrici di armamenti chiedano al governo le autorizzazioni ad esportare e vieta di fornire armi a Paesi in conflitto armato o che violano i diritti umani, in contrasto con l’articolo 11 della Costituzione in cui si afferma che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli. Questa legge continua ad essere disattesa. Nel 2020 l’Italia è salita al 7° posto tra i paesi esportatori di armi. Destinatari delle armi italiane sono soprattutto i paesi del Nordafrica e del Golfo persico, monarchie assolute e regimi illiberali che non garantiscono libertà di opinione e diritti umani. In nome della libertà di mercato, l’industria delle armi non vuole limitazioni o controlli, tanto meno che siano divulgate informazione sui suoi affari. Nel nostro porto transitano navi a cui non viene chiesto cosa trasportino, e si viene a sapere solo grazie a coraggiosi lavoratori che sono spesso cariche di armi dirette a paesi in guerra. A maggio 2019, grazie alla mobilitazione della rete Genova Aperta alla Pace, a Genova il Consiglio comunale e il Consiglio regionale hanno approvato all’unanimità la “mozione di Assisi” per chiedere al Parlamento e al Governo di vietare vendita e transito di armi destinate al conflitto in Yemen. Un impegno comune è possibile, è necessario. E se vogliamo la pace, è ora di dire basta. La legge va rispettata. La guerra va fermata dove nasce, dove diventa business: nei luoghi della produzione e della distribuzione di armi».

PROMUOVONO:

Pax Christi Italia

C.A.L.P.

Tavolo Giustizia e Solidarietà coordinato da Caritas Genova

Ora in silenzio contro la guerra

The Weapon Watch

AGESCI Liguria

ARCI Genova

ACLI Liguria

CVX – Genova

Centro Banchi

La Piuma Onlus

Comunità San Benedetto al porto

Libera Liguria

Genova Aperta alla Pace

ANPI Genova

Federazione Italiana Associazioni Partigiani Emergency Genova

Economia disarmata

Redazione Contropiano

Le veglie contro le morti in mare Associazione Papa GiovanniXXIII

Genova Che osa

Società missioni africane

Soci e socie di Banca Etica (Genova e La Spezia) Centro Italiano Femminile

Circolo Nuova Ecologia Genova

Unione democratica arabo palestinese

Music for Peace

Legambiente Liguria

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