Toti, Bertolaso, Doria: anatomia di un suicidio
Venti di guerra nel centrodestra per il ritiro di Guido Bertolaso, candidato sindaco di Forza Italia a Roma e per l’improvvisa convergenza di Berlusconi su Alfio Marchini. Venti di guerra le cui raffiche potrebbero arrivare sino in Liguria, con il suo governatore che, sino a qualche ora prima dell’incontro tra il Cavaliere e Marchini, si era speso si’ per far rinunciare Bertolaso, ma a favore di Giorgia Meloni, rappresentante di Fratelli d’Italia e Lega Nord, riproponendo di fatto, per la città eterna, l’alleanza che in Liguria gli aveva consentito di sopraffare il centro sinistra e la sua antagonista Raffaella Paita. Così, quella che potrebbe passare per una battaglia a favore di Toti che, sino a poche ore prima dell’affondo del presidente di Forza Italia, si era speso parecchio per far tornare sui suoi passi Bertolaso, rischia invece di tramutarsi nella classica vittoria di Pirro, in cui a trionfare ancora una volta sarebbe proprio Berlusconi. Tornato ancora una volta in sella con una mossa sola che mette nell’angolo sia Toti, sia quelli che avevano sostenuto il suo disegno per cancellare Bertolaso. Un gruppo che, fino a qualche giorno fa, veniva descritto come una sorta di cerchio magico, di cui fanno parte l’ex ministro Mariastella Gelmini, Maurizio Gasparri, Paolo Romani e Maria Rosaria Rossi, descritta prima come la “badante” del cavaliere, ma dimostratasi in grado si scalare le cariche organizzative del partito facendo leva sulla sua esperienza imprenditoriale. L’ex premier non ha creduto opportuno appiattirsi sulle posizioni del suo delfino, pensando che avrebbe rischiato di essere messo all’angolo in vista dei prossimi appuntamenti politici. Del resto è sempre risultato un maestro nel bruciare quelli che venivano a torto o a ragione indicati come i suoi possibili e probabili successori ai vertici del partito. Ha lasciato che il suo consigliere uscisse dall’ombra facendo il lavoro sporco, poi ha tirato la zampata. Del resto Giovanni Toti ha permesso che le voci su una sua possibile candidatura,come leader del centro destra per le prossime politiche, circolassero. Ostentando, ma solo di rado, qualche fastidio. Lo stesso fastidio che invece ha mostrato oggi, di prima mattina, partecipando alle 8 ad Agorai , una trasmissione che lo ha messo di fronte a David Ermini, deputato del Pd e commissario regionale del Pd ligure, al parlamentare pentastellato Alfonso Bonafede e a Francesco Storace, candidato de “La destra” alla carica di sindaco nella capitale. Nell’occasione, di fronte all’incalzare delle domande, ha assunto un atteggiamento, parso forse, eccessivamente difensivo, ma che, evidentemente, alla luce di quanto sarebbe accaduto nelle ore successive, aveva numerose giustificazioni. Così ha ribadito che “La coalizione di centro destra la guiderà chi avrà più voti al suo interno” ha assicurato “non voglio scalare il partito, non farò scissioni” per ripetere il suo atto di fede “Lo ribadisco non farò nessuna scissione il mio partito e’ Forza Italia”. E sono proprio queste le tre frasi, oltre ad una quarta sull’immigrazione, che ha riproposto sulla sua pagina personale twitter. Come se si trattasse di un messaggio, mentre a palazzo Grazioli, con Il ritiro di Bertolaso e l’alleanza fra Forza Italia e Alfio Marchini, Berlusconi metteva a punto la sua strategia personale con il fine di togliere comunque a Toti, parte del consenso. E soprattutto lo costringe a schierarsi e a scegliere fra là Meloni e Marchini. Questione non di secondaria importanza visto che la sua maggioranza in Regione poggia sulla Lega Nord e su Fratelli d’Italia. E comunque, mentre Storace starebbe pensando al ritiro, ne’ Giorgia Meloni ne’ Salvini hanno preso bene la capovolta del presidente di Forza Italia. Salvini ha dichiarato che Berlusconi ha scelto per il bene delle proprie aziende dimenticandosi le attese dei romani. La Meloni, inviperita, ha ironizzato “Siamo contenti della semplificazione del quadro politico a Roma. Ora ci aspettiamo un’ulteriore semplificazione con la convergenza diretta è aperta di Alfio Marchini e di Forza Italia sul candidato del Pd e di Renzi Roberto Giachetti”. E l’assessore della giunta Toti, Edoardo Rixi, rincara la dose sulla sua pagina twitter “Berlusconi e’ impazzito o si è venduto al Pd. A Roma ieri appoggiava Bertolaso oggi esce fuori con Marchini. Un balletto capriccioso e schizofrenico che rischia di mettere in crisi un’alleanza che il Liguria si è dimostrata un modello vincente. Quale credibilità possono avere dei candidati su cui evidentemente non crede nemmeno lui. Io sto con Salvini e là Meloni. E voi?”
Insomma la mossa di Berlusconi rischia di creare qualche difficoltà nei rapporti fra Toti e i suoi alleati in Liguria. Ma probabilmente il dilemma che in queste ore si presenta al governatore è un altro. Deve capire se il suo perorare la causa della Meloni non gli abbia creato qualche incomprensione con il capo supremo. Problema che da candidato principe a raccogliere la successione lo collocherebbe ora ai margini. L’ex ministro Stefania Prestigiacomo qualche tempo fa lo aveva indicato come il vero e proprio delfino, con quelle doti di gran combattente che gli avevano permesso di trionfare nella nostra regione. E Toti, ormai, a giudicare i rumors, si preparava ad interpretare il ruolo di leader del centro destra. Ma Berlusconi evidentemente non muore mai. E quindi per Toti il trittico di cinguettii sulla sua pagina si spiega così. E’ lui a suggerire un passo indietro rispetto al ruolo di guida della coalizione di centro destra, nessun tentativo di scalata alla poltrona di Berlusconi, volontà di rimanere in Forza Italia e nemmeno voglia di scissioni. Una resa incondizionata. Del resto Berlusconi gli ha tolto anche ogni punto di appoggio su Lega Nord e Fratelli d’Italia, visto che non è stato in grado di farlo ricredere sull’opportunità di puntare sulla Meloni, che fra l’altro, sembrerebbe in grado di usufruire anche di buoni risultati nei sondaggi. Percio’ al momento resterà in Regione a presiedere la su giunta a meno che Berlusconi non intenda prima o poi perdonarlo e candidarlo alle prossime elezioni. Elezioni che, almeno a giudicare dal riposizionamento del Cavaliere, comunque si allontanerebbero.
Invece a risultare particolarmente critica e’ la posizione in Comune del sindaco Marco Doria. Doria e’ stato costretto ad una riunione di giunta per licenziare un nuovo piano occupazionale delle aziende comunali. Ma la sua maggioranza che piano piano si è sfaldata rischia di andare sotto per problemi di pareggio di bilancio. Intanto i rappresentanti dei cinque stelle hanno presentato la moZione di sfiducia legata al disastro ambientale della Iplom. I consiglieri del MoVimento 5 Stelle sono cinque, mancano altre 11 firme.
In casa Pd la cosa non è passata inosservata. Simone Regazzoni, spezzino, che nella tornata elettorale delle regionali e’ stato il comunicatore, portavoce e consigliere della sconfitta Raffaella Paita, cinguetta sulla sua pagina twitter “Doria pensa davvero, dopo l’ultimo disastro, di poter aspettare fin dopo l’estate per dire alla città che cosa vuole fare da grande? È tempo per tutti, compreso il Pd genovese, di uscire dal letargo”. Ma, a quanto pare, a Genova, nessuno raccoglie. Nemmeno il segretario provinciale Alessandro Terrile che qualche mese fa, proprio sul futuro di Doria, si era già scontrato con Raffaella Paita e il suo portavoce-consigliere.
Intanto la probabile candidato sindaco dei Cinque Stelle, attualmente consigliere regionale, Alice Salvatore, sembrerebbe già respirare aria di elezioni. Attivissima sulla sua pagina social per quanto riguarda il presunto disastro ambientale, attentissima a farsi ritrarre con l’Elevato Beppe Grillo e a diffonderne il verbo, sembra però che non goda delle simpatie dei suoi colleghi pentastellati, che, probabilmente, subiscono la sua mania di protagonismo. E, oltretutto, sanno benissimo che per candidarsi la Salvatore dovrebbe dimettersi dal consiglio regionale. La sua pagina twitter, comunque, e’ un diluvio di cuoricini e di smile, a coronare i messaggi dei suoi sostenitori e le risposte della stessa Alice Salvatore. Di questo passo potrebbe chiedere ai suoi elettori di sostituire la croce sul simbolo elettorale con un cuoricino o uno smile. Per chi dimostra di credere nella campagna elettorale via social mi sembra il minimo.
Il Max Turbatore
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