Storia 

I leggendari balestrieri della Repubblica di Genova

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Si potrebbe decifrare un carattere di una tipologia umana, un profilo antropologico andando a pescare qua e là nei secoli e nelle storie le attitudini e le caratteristiche di un certo popolo o di una particolare società? Prendiamo l’attitudine bellica, se doveste immaginare in quale mestiere della guerra potevano eccellere i genovesi, quale immaginereste? L’eroica cavalleria? Oppure il disciplinato e bellicoso fante? Certo Andrea Doria era un gran condottiero e un impareggiabile ammiraglio abilissimo nelle battaglie navali, l’Embriaco abbattendo le torri d’assedio sulle mura di Gerusalemme terminò con un trionfo personale la presa della città santa. C’è stato però un corpo, una specialità militare del medioevo che vide i genovesi primeggiare indiscussi per secoli: i balestrieri. Per quanto nella manifestazioni in costume d’epoca si vedano i balestrieri come le figure più innocue e inoffensive del mondo, un tempo, stiamo parlando dell’anno mille o giù di lì, i balestrieri genovesi erano “l’arma letale” degli eserciti di tutta Europa, richiesti e ambiti per chi voleva mostrare di avere truppe d’elite e qualche possibilità di vittoria. Molti di loro erano nobili, terzogeniti senza alcun diritto o incombenza presso la famiglia che al più classico e conosciuto “mestiere” del cavaliere errante preferivano la pragmatica, cinica e micidiale balestra. Considerata un’arma del demonio e bandita dalla chiesa, questo strumento di tiro particolarmente potente per l’epoca, poteva penetrare le corazze più spesse e quindi essere pericolosa anche per gli aristocratici che in campo di battaglia si presentavano con delle armature a prova di freccia. La balestra porta una sorta di democrazia nella guerra perché davanti ai suoi proiettili c’era poco da fare soprattutto se a prendere la mira era un genovese. Temerari, cinici, spavaldi: erano i balestrieri genovesi al soldo della Repubblica.
La loro attività, per intenderci, era come quella della Legione straniera francese. Inviati a prestare soccorso agli alleati, “affittati” ad altri e quindi in guerra per conto terzi oppure direttamente impegnati per la Repubblica. A garantire sul loro operato e sulla loro lealtà, per ciascuno di loro, c’era una persona garante che avrebbe pagato profumatamente,magari anche con la vita, il loro tradimento. Furono invincibili per tre secoli. Potevano essere usati per azioni di precisione in piccoli gruppi oppure in schiere anche di cento uomini: una “scarica” di proiettili i balestra da una nave all’altra, ad esempio, era micidiale e garantiva una vittoria in pochissimo tempo. Il loro reclutamento era affidato ad esperti che li ricercavano in tornei e fiere dove questi si andavano ad esibire mostrando la loro destrezza e la potenza della loro arma. Molto graditi dai genovesi erano i tornei nella zona dell’Annunziata già dai tempi dei romani area destinata all’esercitazione militare. La balestra usata era quella a staffa con un manico piazzato al centro dell’arco che permetteva di tenere ferma l’arma mentre si ricaricava. Fabbricata dagli artigiani genovesi era potentissima come si è detto e sparava piccoli proiettili perforanti contro le corazze oppure palle di ferro che facevano sfracelli contro le teste dei poveri soldati semplici. Nonostante tre secoli di gloria, ricchezza e fama la fine dei balestrieri genovesi non fa molto onore a quel corpo. Nella battaglia di Crecy (1346) ben 10.000 balestrieri genovesi fuggirono a gambe levate dal campo spaventati dal rumore delle bombarde britanniche e la loro gloriosa e vittoriosa storia finì con la prima sconfitta.

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