L’intervista – Rixi, le priorità della Regione in tema di economia – I PARTE, IL COMMERCIO

di Monica Di Carlo
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FONDI EUROPEI, RISCHIO ALLUVIONALE, MERCATI E AMBULANTI, CIV E GRANDE DISTRIBUZIONE
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Edoardo Rixi
, nuovo assessore alle attività produttive della Regione Liguria, vice segretario federale della Lega Nord, tratteggia la filosofia della giunta Toti sui temi dell’economia.
Da cosa si parte?
L’elemento fondamentale per l’assessorato è quello di cercare di portare nuovi insediamenti in questa regione e soprattutto generare qualche posto di lavoro in più. Ci siamo trovati in una situazione di difficoltà strutturale da parte di Regione Liguria anche di utilizzo in passato, in maniera molto approssimativa, di quelle che erano le risorse che venivano anche dalla Comunità Europea per strutturare più fortemente quelli che sono i nostri storici vantaggi competitivi, quindi tutti i settori di nicchia, dall’artigianato all’agricoltura, alle produzioni tipiche locali e anche all’innovazione tecnologica. Questa regione, anche grazie a una cultura industriale che viene da tanto tempo, ha saputo in qualche modo mantenere, nonostante la crisi che ha avuto il settore pubblico e quindi tutte le aziende di Stato. Siamo in un periodo di trasformazione della regione che ormai è così da vent’anni. Quello che a me interesserebbe è riuscire finalmente a dare un’identità a questa regione. Cioè, trovare quei due o tre settore su cui investire in maniera forte per far sì che siano in controtendenza rispetto a una crisi economica che a mio avviso non passerà in maniera così rapida come dicono.
Quindi noi oggi non possiamo più permetterci il lusso di dare contributi a pioggia ma dobbiamo far sì di strutturare le nostre risorse in maniera che creino dei vantaggi competitivi nei vari settori.
Quali sono le priorità del suo assessorato?
La prima è stata dettata dalle scadenze dei fondi europei. È quella di consumare tutte le risorse europee che oggi sono nelle casse regionali. È un crimine nei confronti di tutti gli italiani dare un euro indietro all’Europa. Da qui a dicembre abbiamo attivato una serie di misure. Di alcune sono assolutamente fiero. Di altre un po’ di meno, ma la priorità è quella di spendere queste risorse che mi sono trovato in eredità. Da una parte abbiamo finalmente compiuto la totale inclusione di tutti quelli che avevano dichiarato danni alluvionali a prescindere che avessero compilato la domanda in maniera formalmente corretta, perché secondo me quello che conta è l’entità del danno e non la forma. Abbiamo riaperto i termini e abbiamo dato a queste aziende la possibilità di integrare la documentazione. Noi riteniamo che delle cinque o seicento aziende che possono avvantaggiarsi di questa misura la buona parte possa prendere i fondi. Non perché non c’è la copertura, ma perché certamente a distanza di un anno ci può essere qualcuno che ha chiuso o non è in grado di recuperare le informazioni che mancano.
Sempre nell’ottica di azzerare il rischio idrogeologico o, almeno, il rischio economico annesso al rischio idrogeologico abbiamo riaperto il bando fino al 23 di ottobre sulla messa in sicurezza degli esercizi commerciali (le misure per l’autoprotezione delle attività economiche n. d. r.). Le aziende avevano approfittato poco di questa misura perché nessuno pensava più che la Regione avesse i soldi, invece ci sono. Ci siamo accorti che la regione ha molti più soldi di quello che la gente pensava. Il bando, per come era stato costruito, ha alcune criticità formali, ma non è stato possibile fare un nuovo bando perché questo avrebbe allungato i tempi e noi abbiamo una scadenza, che è il 31 dicembre di quest’anno entro il quale dobbiamo terminare.
Ci sono, poi, i due Por di Genova che sono in ritardo. Rischiamo di avere grossi problemi, soprattutto su Sampierdarena. L’altro è su Pra’. A Sampierdarena, l’aver tolto da parte del Comune, l’investimento sull’ascensore di villa Scassi comporta che il fatto che ci sono tre milioni di euro dei quali ora noi non sappiamo cosa fare e che non possiamo destinare ad altre opere. Abbiamo dato altre linee di intervento, ad esempio la possibilità di girare almeno parte di questa cifra per la riqualificazione dei mercati al coperto. A Sampierdarena, ad esempio, hanno grossi problemi strutturali.
State cambiando la filosofia dei bandi regionali. Come?
Abbiamo poi aperto una serie di altri bandi e abbiamo esaurito le graduatorie proprio ne nell’ottica di consumare queste risorse. Abbiamo fatto partire il 5 di agosto i nuovi criteri di assegnazione dei prossimi fondi europei. Tra gli assi di sviluppo c’è la gestione del territorio con le nuove tecnologie. Quello che a noi interesse è quello di utilizzare Regione Liguria come un laboratorio per tutte quelle tecnologie del territorio che possano prevenire il dissesto idrogeologico e che siano in grado di monitorare le situazioni in essere. Puntiamo a ridurre i tempi di erogazione dei contributi regionali e dei fondi europei del 50%. Bisogna fare bandi molto più semplici, targhettizzati a seconda della dimensione delle imprese. Ci saranno bandi per la micro, la piccola, la media impresa con parametri differenti. Faremo in modo che ci siano tre “finestre” ogni anno di bandi programmati. Il bando successivo partirà nel momento in cui l’ultima del bando precedente avrà avuto i finanziamenti. L’informatizzazione dei processi che stiamo portando avanti nel mese d’agosto ci dovrebbe consentire di fare tutto online. Stiamo lavorando anche sul problema dell’assetto idrogeologico. Le imprese non possono aspettare i tempi delle grandi opere. Serve un modulo solo per le richieste a Protezione civile e Camera di Commercio, magari online, in modo che l’azienda non abbia da fare che la perizia. Vogliamo arrivare prima della fine dell’estate ad accordi decisivi. Potremmo così incominciare ad erogare fondi alle imprese dal momento del trasferimento dei fondi dall’Erario alla Regione Liguria. Si ridurrebbero di due terzi i tempi di erogazione. I bandi “gireranno” più velocemente e non ci troveremo a fine anno con giacenza di risorse. L’azienda, inoltre, avrebbe i soldi prima di effettuare l’investimento e non dopo. Questo limiterebbe il ricorso al credito. Ho chiesto agli uffici di non mantenere le risorse all’interno del circuito regionale, ma di diventare un diaframma permeabile in modo da consentire che le risorse vengano massimizzate all’interno del circuito economico.
Come pensate di gestire la scadenza della moratoria sul Durc degli ambulanti?
Il provvedimento vero e proprio verrà fatto ai primi di settembre, ma le linee dell’assessorato sono state portate in giunta questa settimana. In prospettiva c’è il superamento del Durc. Nel frattempo, tenderemo a tutelare tutti quelli che sono fuori dal Durc in una fascia che arriva fino ai 20 mila euro, cioè tutti quelli che per la crisi o per problemi legati alla stessa struttura del Durc che oggi ingloba anche le contravvenzioni automobilistiche. Vorremmo andare verso un modello come quello di Lombardia e Veneto, dove è stata studiata una carta servizi per gli ambulanti in cui si considera solo Inps e Iva. L’idea è quella di scremare chi non vuole pagare da quelli che non possono farlo. Pensiamo a un bando per accedere alle garanzie della Regione attraverso il credito agevolato e, stiamo vedendo come strutturare la misura, una parte di contributo a fondo perduto. La mia intenzione è quella di non creare vittime innocenti. C’è poi il ruolo dei comuni. Abbiamo bisogno di un monitoraggio reale sulla questione del Durc. Vedremo nei bandi successivi, perché a noi interessa la valorizzazione delle strutture mercatali e dei mercati all’aperto in un’ottica di qualificazione. Noi abbiamo ambulanti che tutte le settimane arrivano da altre regioni a discapito delle aziende liguri, hanno però creato un “marchio”. Servono bandi per la riqualificazione delle aziende locali e delle aree. Non è possibile avere mercati che non hanno servizi igienici, collegamenti elettrici e cassonetti a scomparsa. L’azione di monitoraggio dei comuni verrà legata a una premialità. I comuni che non faranno contrasto all’abusivismo verranno esclusi da una serie di bandi. Chiederemo ai comuni di essere, in prospettiva, severi sul rispetto delle regole e delle norme. In modo da consentire a tutti di mettersi in regola, ma chi poi decide di non mettersi in regola non può avere gli stessi diritti di chi lo fa. Detto questo, in qualità di assessore mi rifiuto di incontrare gli abusivi.
Quale è la posizione della Giunta sui Civ, i centri integrati di via?
Sono un elemento che ha contraddistinto e contraddistingue la nostra regione. Andrebbero strutturati un po’ meglio e gestiti magari sotto forma di rete d’impresa, facendo dei progetti di riqualificazione delle strade. Secondo me fino ad oggi non sono sfruttate fino in fondo le potenzialità che possono avere questi strumenti, tanto che molti ormai non aderiscono più, perché sono stati visti un po’ come i bandi della ragione, un “qualcosa” per “qualcuno”. Invece possono essere ottimi strumenti di riqualificazione territoriale e, in un momento di risorse pubbliche scarse da parte dell’amministrazione, occuparsi di cose che difficilmente il Pubblico riesce a gestire. È chiaro che bisogna crederci fino in fondo e iniziare a pensare che alcune aree sono veri e propri centri commerciali all’aperto.
Un tema delicato: quello della grande distribuzione in relazione al tessuto del piccolo commercio.
Sicuramente lanceremo un progetto di riforma della grande distribuzione in questa regione. Quello che vorremmo riuscire a fare e che è molto difficile, perché la grande distribuzione si va a scontrare con esigenze di diverso tipo. Ad esempio quelle amministrative locali che molto spesso sono determinanti, perché se si cambia la destinazione d’uso di un’area o di un immobile… (le aree commerciali hanno un valore maggiore in occasione della “valorizzazione”, quindi della vendita da parte delle pubbliche amministrazioni per fare cassa n. d. r.). Invece, le reti di grande distribuzione dovrebbero servire a compensare e gestire alcune zone dove non è facile dare un servizio col commercio di vicinato, creando alcuni poli. In realtà, noi abbiamo sovradimensionamento della grande distribuzione su alcune zone e il monopolio da parte di alcuni soggetti che ha fatto sì che, oltre tutto, la grande distribuzione si sia potuta sviluppare sovra misura semplicemente perché in questa regione ha margini di profitto più alti che in altre regioni. Paradossalmente la situazione di monopolio di un soggetto ha fatto sì che questo potesse proliferare perché vende la merce al 30 per cento in più rispetto ad altre aree. Ci fosse stato un soggetto competitore che avesse innescato un meccanismo di calmieramento dei prezzi, probabilmente alcuni insediamenti di grande distribuzione non sarebbero stati economicamente vantaggiosi e non sarebbero stati aperti. Questo concetto è fondamentale, soprattutto in una città come Genova.
È possibile far collaborare grande distribuzione e piccolo commercio?
Si può fare nel momento in cui apri alla grande distribuzione, però bisogna aprirla con attenzione. Grane e piccola distribuzione possono cominciare a dialogare nel momento in cui la grande distribuzione non è in una situazione di monopolio, altrimenti è impossibile. Altrimenti succede quello che sta succedendo con la rete Eataly: la grande distribuzione detta ai piccoli produttori le proprie condizioni. Noi dobbiamo legare il settore del commercio col settore produttivo, tutelando le attività del territorio medio piccole. Noi dobbiamo pensare che la “potenza di fuoco” di questa regione consente di avere rapporti adeguati con le aziende piccole e medie e micro, difficilmente con le grandi aziende perché queste si rapportano direttamente con lo Stato centrale.

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