La Corte dei Conti alla Regione: «Abuso delle partecipate e peggior risultato della sanità»
Pesante critica al bilancio della Regione da parte dell’organo ligure di garanzia della legalità e del buon andamento dell’azione amministrativa e di tutela degli equilibri di finanza pubblica, che parla di una sanità che ha il secondo peggior disavanzo del paese, pari a 64 milioni di euro e della gestione <non economica, e senza alcuna valutazione dell’opportunità delle risorse investite> delle aziende partecipate. Il procuratore Mori: <Qual è stato il ruolo di Alisa>? E si scopre che sono stati spesi solo 6 dei 23 milioni arrivati dal Governo per l’emergenza trasporti dopo la tragedia del Ponte Morandi
È stato molto duro il procuratore regionale della Corte dei Conti della Liguria Claudio Mori nel corso del giudizio di parifica dell’esercizio finanziario 2019 della Regione Liguri. Spiega che come tutti i risultati di esercizio dal 2017 al 2019 siano stati con segno negativo. Aggiunge che la Regione non è riuscita a conseguire gli obiettivi che si era posta con un’apposita legge, che prevedeva di ridurre le perdite.
<Sarebbe necessario comprendere, anche ai fini del doveroso rispetto del principio di trasparenza dei bilanci e del principio dell’accountability, le ragioni del mancato raggiungimento degli obiettivi> si legge nella relazione del Procuratore che si interroga a proposito dell’effettivo ruolo di Alisa, l’agenzia regionale per la salute che dal 2916, quando è nata, è gestita non da un presidente, ma da in commissario. Dovrebbe occuparsi anche della programmazione della spesa sanitaria, in materia di risparmio ed efficenza.
Nella relazione si legge a chiare lettere anche il fuggi fuggi degli assistiti liguri nelle altre regioni per le cure.
Anche lo scorso anno nessun ente del servizio sanitario regionale ha chiuso l’esercizio in utile.
Il saldo della mobilità extra-regionale perde oltre 71 milioni di euro, 18 milioni in più rispetto all’anno precedente. Le “migrazioni per motivi di salute” sono, dunque, sensibilmente aumentate. È dal 2014 che aumentano gli assistiti in fuga e i bilanci in perdita e per questo si conferma, secondo la procura <la scarsa attrattività del sistema sanitario regionale ligure>. Il sistema sanitario ligure ha un costo pro-capite che considera <molto elevato, e non finanzia la qualità delle prestazioni, ma, finanzia l’inefficienza del sistema sanitario, il quale, a sua volta, eroga prestazioni di media-bassa qualità>.
Ma i segni negativi rilevati dalla Corte dei Conti non sono solo in sanità. Per la procura contabile, così come per i giudici della sezione di controllo della Corte dei Conti, le partecipate della regione presentano molte criticità, e negli anni l’amministrazione non ha, a loro parere, provveduto a razionalizzarle.
Per Mori, la Regione gestisce le sue partecipate in modo <non economico, e senza alcuna valutazione dell’opportunità delle risorse investite>.
Sono stato spesi, secondo la Procura, ben 6 milioni di euro dei cittadini senza che la collettività ne abbia tratto vantaggio.
<Molte aziende – ha spiegato Mori – sopravvivono solo grazie alle risorse pubbliche>. Inoltre, sempre secondo la Corte dei Conti, la Regione abusa dello strumento giuridico delle partecipate in modo <non economico>. È anche <emerso che le risorse pubbliche sono servite a risolvere problemi di carattere economico-finanziario delle stesse>.
Pesante il giudizio sul “capitolo Filse” ((la finanziaria della Regione per lo sviluppo economico): per la Procura la Regione la utilizza per raggiungere risultati <che altrimenti sarebbero vietati, dando luogo a un fenomeno palesemente elusivo>.
Bocciatura sonora anche per aggregazione Ire-Ips, l’agenzia di sviluppo della provincia di Savona a controllo pubblico finita in Ire, l’agenzia regionale Infrastrutture Recupero Energie, controllata da Regione Liguria proprio attraverso la finanziaria regionale Filse. Per la Procura, l’aggregazione <si configura come un mero artificio per finalità indebite e prive di ragionevolezza> e si rilevano violazioni per quanto riguarda l’aiuto di Stato per oltre un milione di euro. Per questo sono stati inviati gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sollevando la questione di pregiudizialità comunitaria.
<Non c’è solo la sanità con il penultimo posto tra le regioni italiane tra le gravissime inadempienze della giunta Toti segnalate oggi dal Procuratore generale della Corte dei Conti – secondo il candidato presidente della Regione Ferruccio Sansa -. “Ciò che desta perplessità, ed in parte preoccupazione, è lo stato di inutilizzazione delle risorse provenienti dal Ministero a seguito del crollo del viadotto del Polcevera-Ponte Morandi“. Non sono parole mie, ma del procuratore Mori, con il quale condivido lo sconcerto per i 23 milioni che la Regione ha “speso solo in minima parte” per gestire l’emergenza trasporti dopo il tragico crollo>. È lo stesso Sansa a ricordare che Mori ha scritto nella sua relazione: <Questa Procura contabile non conosce le ragioni, anche in considerazione della gravità dell’evento e del pesantissimo impatto che lo stesso ha avuto sulla economia locale e su quella regionale, per le quali queste somme non siano state spese o, comunque, spese in misura minima>.
<In sostanza la giunta Toti avrebbe speso meno di 6 milioni sui 23 ricevuti, fondi che, ad esempio, avrebbero potuto alleviare i disagi dei pendolari allestendo un miglior servizio su ferrovia – prosegue Sansa -. Rilievi che dimostrano quanto poco abbia fatto Toti, se non partecipare a passerelle di dubbio gusto, dopo la tragedia di Genova. Ma torniamo alla Sanità. L’analisi del magistrato conferma che il modello lombardo inseguito da Toti non funziona non solo a livello di servizi, ma anche dal punto di vista contabile. E a mia volta, come il procuratore Mori, vorrei comprendere l’effettivo ruolo svolto da Alisa, che è stata posta a capo delle Asl liguri generando solo costi aggiuntivi e ulteriori disservizi, senza essere stata in grado in questi anni nemmeno di far funzionare la centralizzazione degli acquisti>.
Il bilancio è stato “parificato”, ma fortemente criticato nei contenuti e, come si è visto, segnalato alle autorità europee.
Il presidente della Regione Giovanni Toti, era scontato, non condivide i pesantissimi giudizi della Corte dei Conti sul suo operato <Non comprendiamo con quale metodo siano stati elaborati> fa sapere in una nota, lanciandosi anche in un auto giudizio del suo operato: <Sentir parlare di livello qualitativo medio-basso della nostra sanità, considerato anche lo sforzo e i risultati ottenuti durante emergenza Covid, francamente ci lascia perplessi>.
Poi, Toti si appella alla “sovranità del popolo” <C’è da tenere conto – sostiene – che il giudizio di parifica, e in generale l’attività della Corte, si muove sempre, e i giudici dovrebbero tenerlo ben presente, in uno dei gangli più delicati dell’equilibrio dei poteri in tutti le democrazie, cioè tra il principio di legalità e la sovranità che, per l’articolo 1 della Costituzione, appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, attraverso i suoi rappresentanti. Pertanto, continua a lasciarci perplessi la volontà della Corte, e delle Corti in generale, di esprimere giudizi sulle politiche decise dalle varie amministrazioni, giudizi che eccedono il controllo di mera qualità della spesa>.
A questo punto è bene capire esattamente cosa è la Corte dei Conti e perché essa può censurare i comportamenti delle amministrazioni pubbliche. In ogni ordinamento democratico è previsto che la gestione delle risorse pubbliche sia sottoposta ad un controllo il cui scopo è quello di “perseguire l’utilizzo appropriato ed efficace dei fondi pubblici, la ricerca di una gestione finanziaria rigorosa, la regolarità dell’azione amministrativa e l’informazione dei poteri pubblici e della popolazione tramite la pubblicazione di relazioni obiettive”. Nell’ordinamento italiano questa funzione fondamentale è attribuita alla Corte dei conti. Nell’architettura costituzionale la Corte è inserita sia tra gli organi di garanzia della legalità e del buon andamento dell’azione amministrativa e di tutela degli equilibri di finanza pubblica (art. 100, secondo comma) sia tra gli organi giurisdizionali (art. 103, secondo comma). Da questa doppia investitura deriva la centralità del ruolo di garanzia della corretta gestione delle pubbliche risorse della Corte dei conti che, nell’esercizio delle funzioni di controllo, è organo neutrale, autonomo ed indipendente sia rispetto al Governo sia al Parlamento, e, nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, fa parte a tutti gli effetti dell’ordine giudiziario.
Sempre secondo Toti <L’operazione Ire – Ips invece è stata portata a termine per potenziare le attività di Ire e rafforzare il suo ruolo di stazione appaltante e centrale di committenza, più che mai necessaria per la programmazione infrastrutturale in una regione che di infrastrutture ha assoluto bisogno>.
<Andando ad analizzare la parte sanitaria – aggiunge l’assessore alla Sanità Sonia Viale – ricordo che la qualità è misurata dal Ministero della Salute con le griglie Lea. Secondo il Ministero nel 2018 siamo stati la seconda miglior regione italiana per progressi della tabella nazionale dei Livelli essenziali di assistenza rispetto all’anno precedente, piazzandosi così al sesto posto a livello nazionale>.
Poi, l’assessore e vide presidente della Regione si permette persino un giudizio di qualità, confondendo i ruoli del ministero e della Corte dei Conti che, infatti, danno giudizi su cose differenti: <Penso che il ministero della Salute abbia strumenti più appropriati per valutare la qualità in sanità rispetto a quelli della Corte dei Conti – sostiene -. Sulla tenuta dei bilanci è certamente importante che la sanità contenga il disavanzo, ma la cura delle persone non può essere una semplice attività ragionieristica: togliere posti letto e chiudere ospedali può far quadrare i conti, ma significa togliere servizi. La nostra scelta politica è stata quella di non chiudere neppure un ospedale e fare innovazione tecnologica. Anche per quel che riguarda i rilievi sui dati economici non possiamo non rilevare che il trend relativo ai disavanzi sia in discesa attestandosi sul consuntivo 2019 su un valore pari a 53 milioni di euro in riduzione rispetto al valore del 4° trimestre 2019>.
Cosa sono i Lea? La sigla significa “Livelli di assistenza minima garantita” e quindi Viale, nel suo comunicato, tenta di paragonare pere con mele, facendosi scudo del sistema di valutazione sanitario nazionale dell’assistenza mentre la Corte dei Conti parla del rapporto tra servizi offerti e somme spese per offrirli.
La Corte dei Conti non parla quindi di riduzione di costi tout court anche attraverso il costo dei servizi come, invece, afferma Viale, ma di costo per la collettività di quel che c’è e viene offerto ai cittadini-assistiti.
Cosa sono i Lea? Le valutazioni Lea non hanno criteri economici e si basano su griglie sui livelli essenziali di assistenza prendono in considerazione 33 indicatori raccolti in tre macro categorie: ospedale, distretto e prevenzione. Ogni indicatore viene pesato e misurato in base ai valori “soglia” previsti nel sistema di misurazione, dando luogo a un punteggio finale, che va da un minimo di -25 ad un massimo di 225. Sotto la lente va un po di tutto: dalla copertura vaccinale all’adesione agli screening, dal tasso di ospedalizzazione al numero di posti letto o ai ricoveri inappropriati fino al numero dei parti cesarei o ai tempi di reazione tra la chiamata al 118 e l’arrivo dell’ambulanza o agli interventi al femore svolti entro 48 ore dalla diagnosi di frattura. Chiaro che manchi totalmente un’analisi dei costi del servizio offerto. Lo stesso servizio, con la stessa qualità, potrebbe essere offerto a costi ben diversi per la collettività.
Comunque è già prevista la sostituzione della griglia Lea con un nuovo meccanismo previsto nell’ultimo Patto per la Salute siglato dal Governo con le Regioni a fine 2019. Da quest’anno infatti scatta il «NSG» (Nuovo Sistema di Garanzia) che monitorerà l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza in modo molto più accurato grazie all’impiego di ben 88 indicatori: 16 per la prevenzione collettiva e sanità pubblica; 33 per l’assistenza distrettuale; 24 per l’assistenza ospedaliera; 4 indicatori di contesto per la stima del bisogno sanitario; 1 indicatore di equità sociale; 10 indicatori per il monitoraggio e la valutazione dei percorsi diagnostico terapeutici.
L’aumento dei “pellegrinaggi della salute” in altre regioni parla chiaro. E non si riesce, ad ogni modo, a non pensare agli acceleratori lineari per la radioterapia del San Martino che qualche mese fa si sono scoperti non più funzionanti nella misura di 3 su 4 senza che la Regione avesse provveduto a sostituirli prima che ci trovassimo in una condizione drammatica che ha costretto gli ammalati di tumore a migrare nel Savonese per le cure.
Non si riesce a non pensare ai 2 mesi e mezzo che la Sanità ligure ha impiegato per avviare (assegnandola infine a privati) l’assistenza domiciliare per il Covid nella Asl 3 e 4, in un coro di denunce dei cittadini che chiedevano assistenza e mentre le altre Regioni erano partite da un bel pezzo.
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