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Tre libri, tre personaggi della storia genovese: Giacomo Durazzo, Agostino Lomellini e Ignazio Alessandro Pallavicini

Tre celebri personaggi della storia genovese protagonisti, venerdì 21 ottobre alle ore 18, presso la Società di Letture e Conversazioni Scientifiche a Palazzo Ducale di Genova

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“Giacomo Durazzo, Agostino Lomellini, Ignazio Pallavicini. Tre genovesi, tre innovatori nell’Europa del Settecento e dell’Ottocento” è il titolo della conferenza nella quale Antonello Cassan, direttore editoriale di Liberodiscrivere, intervisterà Angela Valenti Durazzo autrice de “Il fratello del Doge. Giacomo Durazzo, un illuminista alla Corte degli Asburgo tra Mozart, Casanova e Gluck”; Alessandro Conte, autore di “Un Doge a Villa Rostan. Agostino Lomellini e il parco perduto di Genova Multedo” e Walter Cavallo autore di “Alla ricerca di Ignazio Alessandro Pallavicini. Uomo del Risorgimento italiano”.
Lungimiranza, cultura, amore per la propria patria accomunano i tre protagonisti di un’epoca che palazzi dei Rolli, sontuose dimore, pinacoteche e parchi del passato ci mostrano ancora oggi, e nella quale i tre nobiluomini raggiungono i vertici, sia per le altisonanti ed aristocratiche casate a cui appartengono, sia per una capacità di visione che va oltre al tempo in cui vivono.

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Giacomo Durazzo (1717-1794), fratello minore del doge Marcello (ottavo doge della famiglia Durazzo) è una figura che sta vivendo da alcuni anni a questa parte una riscoperta attraverso mostre (tra cui quella del 2012 a lui dedicata al Palazzo Reale di Genova), numerosi libri e pubblicazioni. Il figlio cadetto della famiglia Durazzo, infatti, destinato per lo più ad un ruolo di supporto del fratello Marcello (ed in un primo momento persino ad imboccare la strada religiosa) nel 1749, all’età di 32 anni, si reca come Inviato straordinario alla corte di Vienna dove otterrà in brevissimo tempo il favore dell’imperatrice Maria Teresa, la mano della bella Ernestine, diciottenne figlia del presidente del governo dell’Alta Austria, considerata addirittura donna più bella d’Austria, la direzione dei teatri della città, quindi, nel 1764, l’incarico di Ambasciatore Imperiale a Venezia che ricoprirà fino al 1784.
Nel corso della sua movimentata esistenza, terminata a Venezia, dove è seppellito, caratterizzata da continui colpi di scena e puntellata dalla fraterna amicizia e dalla protezione del potente Cancelliere di Stato Wenzel Anton von Kaunitz-Rietberg, conosce e frequenta contemporanei celebri come Casanova e Mozart, è in corrispondenza con Voltaire e Rousseau, favorisce ed incoraggia il talento di Gluck. A lui si deve una coraggiosa riforma in campo musicale e la creazione del primo nucleo della Raccolta dell’Albertina di Vienna, attraverso la realizzazione di una ricca collezione di stampe, ma anche la sopravvivenza dei tomi inediti di Antonio Vivaldi, con sopra il timbro di appartenenza di Giacomo Durazzo.
Martin Van Meytens lo dipinge insieme alla moglie Ernestine, nel quadro conservato al Metropolitan Museum of Art di New York, con i tratti distesi e fiduciosi sottolineati da uno sfondo bucolico. Ma nella vicenda esistenziale del fratello del doge, descritta da Angela Valenti in 400 pagine dense di immagini e documenti dell’epoca, il conte Giacomo si troverà a vivere appieno e ad interpretare il contrasto fra la tradizione e la rivoluzione del pensiero illuminista che caratterizza la sua epoca. Un dato che lo accomuna, fra gli altri, con un protagonista della sua epoca, e assiduo frequentatore dei fratelli maggiori Marcello e Clelia, Agostino Lomellini.
Agostino, figlio di Bartolomeo, nasce nel 1709 e nel 1760 diventa doge della Repubblica di Genova “La sua vita fu ricca di avvenimenti – scrive nella presentazione del libro a lui dedicato il presidente del Municipio di Ponente Andrea Avvenente – e partecipata dai profondi cambiamenti culturali e politici che soffiavano come un vento impetuoso presso le corti regnanti europee di allora. L’illuminismo nascente con tutto il suo fervore intellettuale e con gli spunti fortemente stimolanti che rimettevano in discussione ed in gioco certezze che per secoli erano apparse granitiche”.
Una personalità dunque, anche in questo caso eclettica e d’avanguardia. Nel 1749 D’Alembert “uno dei massimi protagonisti dell’illuminismo ed amico personale di Lomellini, gli dedicò il volume ‘Recherces sur la precéssion des Esquinoxes’, definendolo un ‘philosphe’, facendogli guadagnare una notevole fama negli ambienti colti europei”. Infatti “Agostino Lomellini era un uomo di grande cultura e svariati interessi – si legge sempre nella pubblicazione di Alessandro Conte – era un filosofo, nel senso illuminista del termine, propendeva per una visione scientifica della natura ed era uno scienziato egli stesso, particolarmente versato nella matematica ed in fisica, aggregato ad alcune accademie scientifiche europee. Conosceva la meccanica newtoniana, l’astronomia, l’elettromagnetismo…si interessava alle novità e alle questioni scientifiche come la scoperta del pianeta Urano (fatta da Herschel nel 1781) e lo studio delle comete”. Era inoltre un letterato e svolgeva una forte azione in campo culturale attraverso le adunanze arcadico-illuministiche nei suoi giardini.
Ed infine uomo di notevole statura, proprio come il Durazzo ed il Lomellini è Ignazio Alessandro Pallavicini (1800-1861) sebbene personaggio del diciannovesimo secolo. Un primo legame con il passato gli deriva dall’essere nipote di Clelia Durazzo (1760-1830) nobile botanica e scienziata, dalla quale eredita la Villa Grimaldi Durazzo di Pegli, nella quale la donna aveva realizzato un celebre orto botanico, e che lui arricchirà realizzando l’altrettanto noto parco romantico, di cui molto, per via del restauro e della riapertura al pubblico, si è parlato in queste ultime settimane.
Ed il Parco Durazzo Pallavicini, come si legge sul libro di Walter Cavallo, è proprio “il miglior biglietto da visita del marchese Ignazio Alessandro Pallavicini” testimonianza “della potenza economica della sua famiglia”, cordone ombelicale che lo lega alla zia Clelia Durazzo; traduzione di una visione artistica, che scultori, pittori ed architetti come Canzio e Cevasco renderanno ai massimi livelli, ed infine rappresentazione della statura morale e dell’amore verso i pegliesi di questo uomo ormai giunto in un tempo nuovo, seguito all’ennesimo giro di boa della storia.
Il nobiluomo fu infatti sindaco di prima classe dal 1843 al 1845. Farà anche parte del corpo decurionale di Genova e sarà “uomo munifico, presidente o membro di istituti caritatevoli, usando il suo ricchissimo patrimonio in favore di umili e bisognosi”.
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