Commercio 

Legge del commercio, retromarcia della giunta Toti

di Monica Di Carlo

Alla fine ha vinto, almeno in parte, il buonsenso. La proposta di dare il via libera a 15 nuove aree per centri di grande commerciali di dimensione forse era una boutade elettorale (la “liberalizzazione” è molto sentita in funzione “anti coop” dai simpatizzanti di centro destra), forse s’è infranta contro l’evidenza del pericolo di perdere il consenso dei commercianti in vista delle elezioni comunali nel capoluogo. Alla fine la zonizzazione annunciata in pompa magna qualche tempo fa s’è ridimensionata in una proposta che dispiace meno alla categoria e che dà anche un contentino ai Civ, centri integrati di via (cioè consorzi di commercianti tradizionali): il testo della legge che è stato approvato oggi in Commissione attività produttive e che sarà messa ai voti la prossima settimana in consiglio prevede che una percentuale degli oneri di urbanizzazione versati dai grandi gruppi della distribuzione organizzata per realizzare i loro punti vendita vada proprio a sostegno dei Civ e dei loro iscritti. L’assessore alle attività produttive Edoardo Rixi ha detto che le modifiche al testo originale, quello che aveva mandato su tutte le furie le categorie, sono frutto della concertazione coi comuni e con i rappresentanti delle attività e che era stato lasciato volutamente “aperto” alla discussione. In parte è vero perché quando era stato presentato l’assessore aveva detto che l’individuazione dei 15 centri sulla base dello studio dell’Istituto Tagliacarne (il più prestigioso d’Italia per questi temi) non teneva ancora conto delle valutazioni di carattere ambientale (l’inquinamento), idrogeologico e di viabilità. Nel frattempo uno studio di Ascom, commissionato a uno studio esterno specializzato di Milano, provava che l’apertura in via Piave (“opzionata” da Esselunga) significherebbe un ingorgo continuo, soprattutto nel fine settimana e d’estate, quando corso Italia è frequentatissimo di bagnanti (e il traffico già intasato dai loro veicoli). Sarà difficile convincere la Regione a non autorizzare proprio quello,ma intanto lo studio è andato a minare il “fortino” regionale del testo del provvedimento.

Shopping cart in a grocery store
La giunta ha previsto, ha detto Rixi <una fascia di garanzia fino a 800 metri lineari dai centri storici, a discrezione dei Comuni, all’interno della quale sono consentite solo superfici di vendita fino a mille metri quadri>. Un provvedimento che garantisce soprattutto piccoli comuni. Per il resto, l’area utilizzata dovrà comunque essere già urbanizzata e non potranno “spuntare” supermercato dove ora c’è il verde.
Il presidente della Commissione Stefania Pucciarelli ha sottolineato che <a seguito degli emendamenti della giunta, si conclude il percorso, ampiamente partecipato, del testo. Soltanto il Pd, come Ponzio Pilato, ha preferito lavarsene le mani, abbandonando la riunione di Commissione prima del voto degli emendamenti».
Il gruppo Pd fornisce una propria analisi della “retromarcia” della giunta: <Il presidente scavalca il suo assessore, gli stravolge la Legge sul Commercio e lo obbliga a venire in Commissione con sette articoli su sette cambiati. E Rixi cosa fa? Invece di dimettersi li presenta pure. Chapeau, premio al muro di gomma. Perché non ci sono altre parole per definirlo> commenta una nota del gruppo. <L’assessore Rixi ha presentato sette emendamenti ai sette articoli della sua legge, che stravolgono completamente il testo e il senso di quella norma che lui stesso aveva promosso e difeso a spada tratta – prosegue la nota -. In poche parole la Giunta ha presentato un altro testo, sconfessando se stessa e facendo retromarcia. A questo punto il Partito Democratico ha chiesto che ripartisse l’intera discussione sulla nuova norma – perché di questo si tratta quando si modificano sette articoli su sette – e si spostasse al 30 settembre la proroga fissata al 31 luglio che blocca l’iter per la realizzazione di nuovi centri commerciali. La maggioranza di centrodestra però ha deciso di andare avanti senza ulteriori proroghe e dibattiti, operando l’ennesima forzatura nei confronti della Legge sul Commercio. Una legge che era nata con l’unico scopo di portare Esselunga a Genova – senza alcun riguardo per gli effetti che questa forzatura avrebbe avuto sul resto del territorio ligure – e che oggi viene modificata radicalmente, senza alcuna possibilità di discussione, visto che fra dieci giorni scade la proroga>. È di fronte a <quest’ennesimo atto di indisponibilità> che oggi i consiglieri del Pd e cioè Juri Michelucci, Giovanni Lunardon, Luca Garibaldi, Valter Ferrando e Giovanni Barbagallo hanno deciso di abbandonare l’aula e di non votare. <Il Testo unico sul Commercio varato nella legislatura precedente – ha ricordato la capogruppo del Pd Raffaella Paita – aveva ottenuto l’unanimità dei voti del Consiglio, dopo una lunga discussione fra le diverse forze politiche. L’attuale maggioranza di centrodestra, invece, preferisce evitare il confronto, con i consiglieri ma anche con gli enti locali e le associazioni di categoria. E così fra dieci giorni ci troveremo tra le mani una legge caos e frutto di una forzatura di parte, nata senza il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. Vedremo i contenuti di queste innovazioni alla norma. Non è escluso che siano state accolte anche alcune nostre richieste, ma visto che è stata stravolta interamente una legge, servono una pausa e una nuova discussione. Sulla crescita e lo sviluppo del nostro territorio i pasticci non sono accettabili>.
È quindi probabile che la prossima settimana il Pd dia battaglia in aula. Secondo il gruppo sarebbe stato il presidente Toti a costringere Rixi ad addolcire il provvedimento, ma secondo alcuni è accaduto esattamente il contrario. Poco importa, comunque. Sta di fatto che il progetto presentato qualche settimana fa è stato abortito.
Molto critico anche il M5S: <La nuova legge sulla grande distribuzione? Nient’altro che una lista di aree in cui sarà possibile costruire un centro commerciale. Un po’ come il menù di un ristorante in cui si invita a scegliere cosa e dove mangiare, a patto che si mangi – spiegano i consiglieri del gruppo regionale Andrea Melis e Francesco Battistini -. Bisogna subito dire, per chiarezza, che le normative europee e italiane non permettono di bloccare, in termini assoluti, i grandi centri commerciali. Se la Regione, dunque, intende veramente tutelare il cuore pulsante delle nostre città, il piccolo commercio, come vogliamo fare noi, deve assolutamente porre dei criteri oggettivi, molto rigidi e basati su due grandi nodi: urbanistico e ambientale. Chiediamo, dunque, di abbandonare la strada delle aree fin qui intrapresa e introdurre un sistema a parametri di valutazione rigidi, oggettivi e soprattutto bloccanti, qualora vi fossero richieste “irricevibili”, all’interno di un procedimento simile alle valutazioni di impatto ambientale. Il primo vero baluardo di difesa, a nostro avviso, restano, però, i comuni, cui spetta l’onere di pianificare le destinazioni d’uso del suo territorio: se ne assumano la responsabilità di fronte ai propri cittadini e commercianti. A quel punto toccherà alla Regione valutare l’area segnalata dal Comune, in un processo interamente demandato ai tecnici e del tutto svincolato da logiche e interessi politici. Tutela da rischio idrogeologico, inquinamento del terreno ma anche della qualità dell’aria, viabilità e condizioni di traffico: saranno questi alcuni dei criteri da valutare, secondo un grado di priorità che vogliamo già definire nel nuovo testo di legge e che concorreranno all’assenso o meno alla costruzione del nuovo insediamento commerciale sull’area proposta dal Comune>.
<Rixi e Toti – proseguono Melis e Battistini – devono assumersi la responsabilità di migliorare una legge sulla grande distribuzione che rischia di dare il colpo di grazia al piccolo commercio, con conseguenze pesanti in termini ambientali, di vivibilità, qualità dei prodotti e diritti dei lavoratori. Altrimenti ne pagheremo tutti le conseguenze, in primis i commercianti>.

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