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Disco Club: recensioni, consigli, classifiche e novità. La rubrica di un dischivendolo/ 14 luglio 2016

 

 

rubrica Discoclub

A CURA DI DIEGO CURCIO

RADIOHEAD – A Moon Shaped Pool

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E se il “Disco Nuovo Dei Radiohead” fosse solo il disco nuovo dei Radiohead? Difficile distinguere le canzoni dal fenomeno quando il gruppo è tanto prodigo d’iniziative e sottintesi (pubblicazioni fulminee, società registrate per ogni album, apparizioni e sparizioni). E però una volta posata la polvere del marketing A Moon Shaped… rimane una delle cose più placide e pacate pubblicate dal gruppo da un bel pezzo a questa parte. Un album arrangiato (molti e belli gli archi) e avvolgente che pesca canzoni anche risalenti (seppure tecnicamente inedite o quasi) e le livella a mo’ di colonna sonora. Il disco riallaccia qualche filo (le ballate esangui di fine anni 90 tornano nelle scalette dei concerti) pur mantenendo il modo futuribile e moderatamente avant dei Radiohead delle ultime ore. Lo si sarebbe detto, un tempo, un (bel) disco di transizione. Marco Sideri

SPAIN – Carolina

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Due anni di elaborazione del lutto. E se il lutto ha un nome e un cognome importante, nella storia del jazz, e per di più la persona era apprezzata e stimata da tutti, è un macigno che bloccherebbe le migliori energie. Passo dopo passo, canzone dopo canzone Josh Haden ce l’ha fatta a superare il tutto, e a costruire il nuovo disco degli Spain, il primo in cui non compare come ospite e consigliere Charlie Haden con il suo basso sontuoso. A volte per andare avanti bisogna sapersi guardare indietro, nelle orme che ci siamo lasciati alle spalle: e per Josh Haden sono quelle che aveva anche Charlie, le radici country senza né sdolcinatezze, né tentazioni regressive. Per cui, se aggiungete alla produzione e a un’infinità di (eccellenti) strumenti a corda dal veterano Kenny Lyon, il violino e la voce di Petra Haden, le percussioni gentili di Danny Frankel avrete pronto il quadro: canzoni semplici, sottilmente drammatiche e pienamente ascrivibili allo slowcore che costeggiano le medesime sponde country degli Yo La Tengo, lasciando un senso di dolcissima malinconia addosso. Senza un minuto di noia, però. Guido Festinese

EZIO AICARDI – Volo Tributo a Raffaele Tuttofuoco

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Nè il genovese Ezio Aicardi, nè Raffaele Tuttofuoco sono molto conosciuti, tant’è che sul web, il pozzo senza fondo della conoscenza dei giorni nostri, troviamo ben poco su di loro. ‘Volo’, il disco in oggetto, è un omaggio a Tuttofuoco, misconosciuto poeta e cantautore milanese, dalla carriera segnata dalle condizioni di salute che ne causarono la prematura scomparsa nel 1991. L’intento di Aicardi è di rendere visibile l’opera (o meglio, una sua parte) dell’artista che, nato nel 1945, condivise con alcuni suoi contemporanei, come Luigi Tenco e Herbert Pagani, le stesse fonti d’ispirazione, tra le quali, dominante, la ‘chanson’ francese’ incarnata soprattutto dal gigantesco Jacques Brel, ma anche, direi, il suo versante genovese in zona Umberto Bindi. Il progetto è ben riuscito, grazie anche ad un gruppo di ottimi musicisti come, tra gli altri, Marco Fadda, Bob Callero e Lucio Bardi. Buona la voce di Aicardi, caratterizzata da una leggera erre moscia che, in questo ambito , non guasta per niente. Fausto Meirana

ANTONIO CLEMENTE – Canzoni nel cassetto

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In quest’epoca dello scontento e del disorientamento Antonio Clemente, liguriano di Trapani, si interroga ancora una volta con parole semplici su cosa sia l’essenziale per vivere (“cosa serve davvero per farci sorridere ?”), su cosa sia e dove sia la purezza (ma la purezza non esiste, lo sappiamo), valorizzando con sincerità la bellezza delle piccole cose e delle minute emozioni, come quelle suscitate dal “rumore” di un campo di grano sotto il sole d’estate o dal blu andare delle onde di un mare antico e “infero” (banalità direte, ma fino a un certo punto). Perché qui si rimpiange una sorta di epoca dell’oro e della memoria, di una terra avita magari o della provenienza affondata nella storia, e poi di un’infanzia perduta (e del suo tempo fermo e infinito), svanita come l’ombra di mezzogiorno sotto chissà quale cielo. Si rimpiangono i sogni (sì), ma al contempo si riafferma con forza la libertà che infondono: non si rinuncia alla vita, anzi. C’è un po’ di De Andrè (si ascoltino “Canzone del bambino poeta” o “Non è un gioco”) e un pizzico di De Gregori (si presti attenzione “Alla difesa dei sogni”) in queste note intime e scarne, ma elegantemente armonizzate, intrise soprattutto di chitarre acustiche e scintillii cordofoni di matrice folk, luminosamente sudista e mediterranea (“Veni l’estati”, tra l’altro, sa un po’ di Modugno quando faceva il siciliano o (chissà?) di un Alfio Antico). Tutto per esprimere una più che condivisibile “ribellione” verso un opprimente sistema sociale fondato sull’ipocrisia e lo strapotere del denaro, e per ribadire che l’amore è prima di tutto una questione di ricchezza e custodia interiore (“se resta qualcosa di vero e sincero lo tengo per me”). Peccato per un’eccessiva ingenuità, ma in fondo è il prezzo di una garbata veracità, e per un suono un po’ troppo saturo di echi e riverberi. Marco Maiocco

IL DIARIO

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Diario del 12 luglio 2013
Certi clienti sono veramente monotematici: comprano dischi di un unico artista o genere. Chi compra solo Elvis, chi i Beatles, chi i Rolling, chi i Pink, chi i Genesis, qualcuno limita i suoi acquisti a cantanti donne, altri solo alla musica americana, rifiutando assolutamente gli inglesi, e qualcuno vuole solo dischi usciti nell’anno in corso. Fabio è il fan monotematico di Michael Schenker; ogni tanto si presenta in negozio a chiedere se ci sono nuove uscite del suo amato chitarrista o, in subordine, degli Ufo. Oggi spunta con la solita domanda, “Novità di Michael?”, “Niente”; mi aspetto che concluda la sua visita col solito, “Mi raccomando, se arriva qualcosa tienimelo”, e invece ecco la sorpresa, un po’ titubante mi chiede, “Hai niente di Michele Zarillo?”, fraintende la mia espressione sorpresa e si sente in dovere di darmi altre spiegazioni, “Sai quello che va spesso a Sanremo”, “No, niente”, ma questo è ancora niente, prosegue “E di quel cantante napoletano … quello che fa canzoni d’amore?”, (chi cavolo vorrà?) ci provo “Nino Buonocore?”, “No”, insisto, “Enzo Gragnaniello?, “No, no”, mi sembra incredibile, ma la butto lì, “Gigi D’Alessio?”, “Ecco, sì, quello”, “NOOO!”.
Anche la successiva cliente vuole cd di un solo genere, “Devo fare uno spettacolo e mi serve musica per la danza del ventre”, la domanda mi spiazza, anche perché non mi sembrava il tipo, “Non ho niente”, “Mi sono svegliata tardi, potrebbe almeno registrarmi un cd con quel tipo di musica?”. A parte il fatto che registrare è proibito, ma cosa mai potrei mettere in un cd per quella danza?
Era dal 2 marzo (vedi diario) che non si vedeva (davanti alla vetrina) quello strano personaggio che aveva preconizzato una fulgida carriera a Federico Sirianni, dall’alto della sua esperienza settennale (!!!) in musica. Faccio sentire a un cliente quella che ritengo una delle più belle canzoni della storia, ed ecco che si affaccia lui, l’esperto, cinquant’anni, sdentato, dalla postura un po’ piegata, non so fino a che punto sobrio, sigaretta in mano (cito il precedente articolo, perché niente è cambiato in lui), “Se si vogliono sentire belle novità, bisogna passare qui davanti, è per questo che io i dischi li compravo qui o in quell’altro negozio … quello … lì per andare…”. Non sapremo mai qual’è l’altro negozio, l’unica cosa certa è che la novità che stavamo ascoltando ha solo 44 anni: “Something in the Air” dei Thunderclap Newman.

LE PROSSIME USCITE

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JEFF BECK – LOUD HAILER
BRUCE HORNSBY – REHAB REUNION
STEVEN TYLER – WE’RE ALL SOMEBODY FROM SOMEWHERE
FRANK ZAPPA – FOR PRESIDENT
FRANK ZAPPA – THE CRUX OF THE BISCUIT

LA CLASSIFICA DELLA SETTIMANA

1 RADIOHEAD A MOON SHAPED POOL
2 AFTERHOURS FOLFIRI O FOLFOX
3 CLAPTON ERIC AND GUEST CROSSROADS REVISITED SELECTION
4 RED HOT CHILI PEPPER THE GETAWAY
5 VINICIO CAPOSSELA CANZONI DELLA CUPA

 

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