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Gianroberto Casaleggio, Gianmaria Testa ed Enrico Berlinguer, vi voglio bene

Ieri era il giorno del lutto e del dolore. Da smaltire a caldo. Che oggi lascia il posto al momento dell’elaborazione diretta ad interpretare lo scenario futuro. E il domani, al di là dei funerali, a Milano, è quello che ci presenta due consultazioni referendarie e un appuntamento per il voto amministrativo. Grillo, Beppe, il comico, che in queste ore è stato forse marginalizzato, e definito il braccio del movimento, cedendo al suo istrionismo ha proclamato pubblicamente che se a Roma il suo Movimento non si accaparra la poltrona del primo cittadino con Virginia Raggi si darà fuoco in piazza. Una paradossale chiamata alle urne, attribuendo alle votazioni nella capitale il significato di una sorta di prova di una singolare marcia su Roma, che dovrebbe sfociare nel 2017 nella presa del potere con il Movimento 5 Stelle al governo. Ipotesi suffragata e condivisa da quello che prima e dopo la sua scomparsa e’ stato indicato come guru, l’ ideologo e leader pensante dei pentastellati, Gianroberto Casaleggio.
Personaggio schivo, un sessantunenne che, pur inventore della politica sulla rete, probabilmente conoscendone molte delle possibili alchimie, la disertava sistematicamente, se non per lanciare programmi e battaglie, affidando il suo personale culto della personalità alla mancanza. Insomma se i nostri politici evacuavano via twitter e Facebook, sino a comunicarci le ore delle loro passerelle televisive e i personali problemi familiari, dai cartoon seguiti dai figlioli ai gusti musicali, lui osava eccellere in altro modo, risultando impalpabile. E alla fine è risultato questo uno dei segreti del suo essere diventato mito. Contrapponendo ai frequentatori dei salotti giusti la ostentata protezione della sua privacy e la predilezione per la casa di vacanza nel Canavese. Eppero’ risultava anche un personaggio al di fuori dagli schemi alla “volemose bene” della nostra politica odierna con quella scelta sul reato di clandestinità’ che lo aveva avvicinato più agli esponenti della Lega Nord che alla sinistra. Allo stesso modo della retromarcia operato sulla stepchild adoption del decreto Cirinna’ che fece naufragare e rivedere la proposta sulle unioni civili. Errori, forse, o,più probabilmente, un naturale riposizionamento legato a meri calcoli politici, per non rischiare di appiattire il Movimento 5 Stelle sugli orientamenti della sinistra e del Pd. Soprattutto in un momento storico-politico in cui era utile mantenere certe differenze in vista dei referendum per le trivelle e costituzionali, delle elezioni amministrative e di quelle politiche che lo stesso Casaleggio ha ipotizzato destinate a svolgersi fra un anno. Più preveggente che guru, insomma, con una lungimirante percezione della politica, anche se nell’unica occasione in cui ci aveva messo la faccia, nelle elezioni comunali di Settimo Vittone, frazione del Canavese, terra del buon retiro, raccimolo’, nel 2004, la bellezza di sei voti. Eppure la sua filosofia dell’uno vale uno, delle primarie via internet, quel suo spersonalizzare i personaggi del Movimento che hanno portato in parlamento candidati senza volto, senza storia, senza competenze, comprendendo che nonostante la volontà imperante dell’apparire quel porsi fuori dai canoni e dagli schemi avrebbe attratto tutti i rosicatori dell’antipolitica. Questo, fuor di retorica, è il merito di Gianroberto Casaleggio, aver compreso che si poteva in qualche modo cercare di imporsi andando controcorrente. Merito che gli è stato in fondo riconosciuto da amici, adulatori ed avversari.
Beppe Grillo, proprio ieri ha detto che da oggi capiremo la sua visione, perché, almeno agli inizi in molti, addetti ai lavori, politici di professione e non, lo avevano marchiato come un pazzo visionario. Ma, forse è il destino che tocca alle grandi menti, avanti parecchi anni nell’intravvedere i processi di trasformazione. Ed è proprio per questo che mi è parso sostenibile affiancarlo ad Enrico Berlinguer, per il quale lo stesso Casaleggio aveva confidato di nutrire una certa simpatia giovanile. E al di là dello storcimento di nasi per l’accostamento fra due personaggi così lontani per esperienze e momento storico politico, al di là della blasfemia che potranno vederci i compagni, dal Pci sino al Pd di Matteo Renzi, io penso che Gianroberto Casaleggio ed Enrico Berlinguer siano assimilabili per quel carattere schivo e un po’ elitario, ma soprattutto per aver capito prima degli altri la trasformazionesu cui puntare per cambiare la nostra società’. Non a caso entrambi sono stati trattati come visionari, attaccati da sinistra e da destra. Per Berlinguer fu una sorta di sottile delegittimazione,,poi sboccata nell’assassinio di Moro, la strada che dalle convergenze parallele doveva portare all’appoggio esterno del governo Andreotti e al compromesso storico. Anche Berlinguer agli inizi fu trattato come un visionario, un elitario che, a ricordare una vignetta di Forattini comparsa su La Repubblica sorbiva il tè in vestaglia accomodato su una poltrona in un salotto in cui campeggiava un ritratto di Marx, mentre dalla finestra aperta penetravano gli echi fastidiosi di una manifestazione operaia. Era il 1978, l’anno in cui Pierre Carniti aveva portato in piazza i metalmeccanici mettendo in mora governo e padroni. Fuoco amico e non. Con lo slogan “Berlinguer non è la madonna” o Indro Montanelli che gli addebitava connotati quasi sacrali e grotteschi mentre il segretario del Pci cercava di dissipare la paura dei cattolici italiani attraverso la corrispondenza con il vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi. Su Rinascita asseriva di voler realizzare “Una società che, senza essere cristiana, cioè legata integralmente verso un dato ideologico si organizzi in maniera tale da essere sempre più aperta ed accogliente verso i valori cristiani”. Pensava al compromesso storico, poi tragicamente dissolto con l’agguato di via Fani e l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Br, per porre al riparo il paese da possibili implicazioni golpiste. Eppure, nonostante questo nella trattativa per la liberazione abbraccio’ la linea della fermezza. Perché lo stato non poteva condurre trattative con i terroristi.
Ma soprattutto, mori sei anni dopo il 7 giugno del 1984 a Padova dopo un malore mentre stava parlando dal palco, nell’ambito delle elezioni europee. In quell’occasione con Berlinguer defunto ma capolista il Pci riuscì ad effettuare il sorpasso sulla Dc con uno 0,3 per cento in più 33,03 per cento rispetto al 33 per cento dello scudo crociato. E si parlò a lungo dell’effetto Berlinguer.
Per carità’, il momento storico politico era diverso. Il paese stava superando la piaga del terrorismo mentre la lotta fra il Psi di Craxi e il Pci era all’acme con i ripetuti richiami dello stesso Berlinguer alla questione morale. Ma gli italiani dimostravano già, nei confronti del palazzo, una certa insofferenza. E Berlinguer riuscì a fare il miracolo spingendo al voto, anche sull’onda dell’emotività. Per molti versi il clima di oggi ricorda quello di all’ora, superati e dimenticati i richiami alla questione morale, sconosciuta almeno ad alcuni rappresentanti del governo Renzi, dimissionari perché implicati nell’ultimo scandalo di Trivellopoli con l’antipolitica che monta, e la figura di un altro guru, asceso in cielo. Quasi come si trattasse di una vittima sacrificale. Come se il finale di commedia fosse ampiamente premeditato. E il calendario attuale mette in fila il referendum di domenica con un quorum da raggiungere e per il quale il Pd renziano fa l’appello all’astensionismo, poi un più probante referendum sulle riforme costituzionali, banco di prova proprio per il governo. Proprio dal risultato potrebbe dipendere una crisi e la prossima tornata per le politiche che proprio Gianroberto Casaleggio aveva pronosticato per il 2017. Ecco perché credo che il paragone fra personaggi e momento politico non sia affatto forzato. Anche se mi preme ricordare che  ai funerali partecipatissimi di Berlinguer presenzio visibilmente commosso il presidente della Repubblica Sandro Pertini. Proprio lui, davanti alla salma disse “Lo porto via come un amico fidato, come un figlio, come un compagno di lotta” e poi, al momento del rito funebre bacio la barra. Ve lo vedete voi Beppe Grillo fare lo stesso?
Ma ad unire i due personaggi c’è anche la timidezza e l’amore per la propria privacy. La famiglia di Enrico Berlinguer su sua richiesta pretese che la salma fosse tumulata a Roma al cimitero di Prima Porta, nonostante il Pci desiderasse fosse sepolto al cimitero del Verano dove riposano i grandi dirigenti comunisti da Palmiro Togliatti a Giuseppe Di Vittorio, da Luigi Longo a Nilde Iotti. E se Togliatti viene ricordato come “Il migliore” Berlinguer resta per il suo popolo “Il più amato”.
E voglio concludere questo mio, forse strampalato, accostamento fra due personaggi della politica, un grande come Berlinguer ed un astro nascente come Casaleggio ricordando un altro visionario, scomparso per un tumore qualche giorno fa. Un cantautore, piemontese, forse sconosciuto ai più, legato alla sua terra delle Langhe, come era legato alla sua casa buen retiro del Canavese Gianroberto Casaleggio. Seppur egualmente schivo un poeta amato dai francesi e un po’ meno dagli italiani, sperimentatore di spettacoli con Battiston e Paolini, capace di dedicare prima dello scoppio del fenomeno migranti e della costruzione del muro alla frontiera del Brennero un cd di undici brani dove prevedeva le morti tragiche dei barconi. Probabilmente Gianroberto Casaleggio e Gianmaria Testa erano lontani anni luce nelle convinzioni politiche, anche se ognuno dei due interpretava il suo pensiero politico e artistico sempre tenendo fede al riserbo, cercando una impalpabilità che non era arroganza ma solo senso di difesa. Li lega l’amore per la cultura contadina del Piemonte e un destino che li porta via ancora giovani, quando pregustavano un futuro a contatto con la natura. Li lega ancora quell’aspetto dimesso, quegli occhiali tondi, quei capelli arruffati, ricci e grigi, di,persone che al di là dell’aspetto sono coscienti che contano di più le cose che si fanno e che si dicono, nella negazione dell’apparire.
Li lega, infine, una straordinaria compostezza di fronte all’avvicinarsi dell’estremo passaggio. Una sentenza, praticamente scritta. E non capisco se per riserbo, dignità’ o per timore di arrecare disturbo.

Il Max Turbatore

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