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Quei politici in bilico fra occupazione, guerra e impatto ambientale

C’è un sottile filo comune che unisce tre iniziative di quattro consiglieri regionali, uno della maggioranza Matteo Rosso (Fratelli d’Italia) e tre dell’opposizione Raffaella Paita, Juri Michelucci (Partiti democratico) e Andrea Melis (Movimento 5 Stelle). Un legame di particolare attualità dal momento in cui ci si interroga, sempre più frequentemente, sulle strategie da opporre agli attentati terroristici dell’Isis e sul modo per debellare il califfato e le sue mire espansionistiche. Per carità, nessuno deve pensare che la nostra assemblea di via Fieschi possa essere scambiata per l’ombelico del mondo. Ma di certo ci sono interventi dei nostri politici che, ove messi a confronto, risultano illuminanti per un senso di contraddittorietà tutta giocata tra interessi sociali che spesso finiscono per trovarsi in contraddizione. Dalla sicurezza del posto di lavoro all’impatto ambientale, ai possibili attentati terroristici, sino ai finanziamenti per gli armamenti.
Primo ordine del giorno dell’abbinata Dem Raffaella Paita-Juri Michelucci, neanche a farlo apposta entrambi spezzini, come spezzina e’ l’Oto Melara, azienda con sede a Roma controllata da Finmeccanica s.p.a., confluita dall’inizio di quest’anno nell’attività sistemi di difesa, settore elettronica sistemi di difesa e di sicurezza di Finmeccanica. E proprio dai primi mesi di quest’anno, oltre ai tagli del welfare nell’azienda si parla la di possibili esuberi, tanto che nelle settima e scorse ci sono state alla Spezia varie forme di protesta. E allora Paita e Michelucci presentano un documento in cui chiedono una legge nazionale per finanziare il potenziamento e il rinnovamento dell’equipaggiamento delle forze armate di terra, così come è avvenuto per la flotta della Marina Militare, a ribadire la centralità della produzione armiera dell’Oto Melara. I due consiglieri regionali Dem esprimono preoccupazione per il futuro dei lavoratori e chiedono chiarezza su un’azienda importante e centrale. Il tutto entrando in contrasto con i “grillini” che in parlamento,nel corso della discussione sulla legge di stabilità, avevano chiesto il taglio di 2 miliardi per le spese militari e di 350 milioni di euro per le spese delle missioni militari all’estero, sottolineando l’opportunità che si studiasse una riconversione per l’azienda bellica. E Paita e Michelucci difendono, al contrario, il mantenimento delle storiche caratteristiche di fronte ad una riduzione delle spese per le forniture militari che condannerebbe al licenziamento i lavoratori dello stabilimento spezzino.
E sembra distante anni luce la manifestazione del maggio del 1989, con tanto di catena umana di qualche migliaio di persone di fronte alla Fiera del Mare, per contestare l’inaugurazione della settima edizione della mostra navale bellica in cui Elsag, Fincantieri, Oto Melara, Marconi e Piaggio esponevano la loro produzione. In piazza contro la “mostra dei mostri” insieme ai pacifisti c’erano, in quell’occasione, anche gli esponenti del Pci e di Democrazia Proletaria. Ma a 27 anni di distanza pare che l’imperativo pacifista sia cambiato in favore del mantenimento, senza se e senza ma, dei posti di lavoro. Del resto già allora le industrie lamentavano un calo del fatturato da 1225 miliardi di lire a 450 miliardi.
La seconda iniziativa riguarda un lettera indirizzata dal consigliere regionale Matteo  Rossi e da quello del comune di Busalla Giacomo De Andrea al ministro dell’interno Angelino Alfano. Dopo gli attentati di Bruxelles i due politici hanno constatato come un attacco alla raffineria Iplom da parte di qualche malintenzionato potrebbe risultare relativamente facile con un impatto incalcolabile per gli abitanti della zona.  Nella lettera si dice “Pretendiamo la massima attenzione sugli obiettivi decentrati della Liguria come la raffineria Iplom di Busalla, localizzata accanto al centro abitato e adiacente all’autostrada A7, magari stabilendo un presidio delle forze dell’ordine in accordo con la proprietà dell’azienda”. E i due mettono le mani avanti: “Ci risulta che qualche anno fa il precedente sindaco avesse inviato una lettera all’allora ministro Pisanu senza ricevere nemmeno risposta”.
Ultima, ma non per importanza, l’interrogazione  con risposta immediata del consigliere regionale pentestellato Andrea Melis, anche lui interessato alla sua zona si competenza territoriale.  Melis vive a Savona e punta la sua attenzione su un’ indagine epidemiologica nella zona della Val Bormida, la periferia industriale del ponente. Senonche’ dei risultati di questo studio, avviato dalla giunta che l’ha preceduto, quella dell’ex presidente Claudio Burlando, non sembrerebbe esserci traccia in Regione. Melis si lamenta appunto del fatto che non ci sia stata nessuna decisione: “Ad oggi di questa fantomatica indagine non è rimasto nulla. E nulla sappiamo ne’ dell’andamento, ne’ del lavoro, ne’ degli esiti prodotti”. Tanto che esprime il dubbio che si tratti di “Una boutade di un governo che ci ha abituato agli slogan elettorali”. O peggio che l’indagine “Abbia finito per perdersi nei meandri della macchina burocratica”. Privando di fatto il consiglio della conoscenza di un “passaggio necessario e doveroso per l’intero territorio della Val Bormida per capire quale sia l’impatto ambientale dei numerosi impianti produttivi ad alto impatto ambientale presenti”. E per dare maggior peso alla sua richiesta cita un documento del dipartimento ambiente della stessa Regione in cui viene certificata la difficoltà è la criticità di un contesto in cui è necessario valutare completamente sia lo sviluppo economico per cui ci sono ampie potenzialità, ma anche e soprattutto l’impatto ambientale e sanitario”. Con la sua interpellanza il rappresentante del Movimento 5 Stelle chiede di conoscere il responso di questa ricerca affidata all’Ist.
Un sottile equilibrio dunque, che riguarda le ragioni dell’occupazione prima di tutto, altare sul quale sacrificare, probabilmente, l’osservanza di principi fondamentali, dal pacifismo alla sicurezza, sino all’impatto ambientale e sanitario. Soprattutto in questo periodo in cui la crisi morde soprattutto, ma non solo, la classe operaia.

Il Max Turbatore

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