Giribaldi resta in carcere. Il gip: «Ha ucciso senza freni inibitori, potrebbe reiterare il reato»


Secondo il giudice per le indagini preliminari Elisa Campagna è «verosimile che, per futili motivi e per la sua condizione di tossicodipendenza, possa commettere altri delitti di gravissimo allarme sociale»


Resta in carcere a Marassi il portuale no vax quarantaduenne che il 25 aprile scorso in via Polleri (nel quartiere del Carmine) ha ucciso con un colpo di pistola al cuore, Manuel Di Palo, 37 anni, ex figura di spicco genovese di CasaPound, condannato con altre persone per aver accoltellato un ragazzo qualche anno fa. Quanto è accaduto nulla avrebbe a che fare con la politica. L’inimicizia tra vittima e assassino reo confesso avrebbe a che fare con questioni di gelosia e stupefacenti. Lui stesso ha detto in interrogatorio, davanti al pm Eugenia Menichetti e agli uomini della Squadra Mobile della Questura, che al momento dell’omicidio da 4 giorni faceva uso continuo di crack. ha poi confermato quanto affermato davanti al gip.


Sia Di Palo sia Giribaldi frequentavano una donna di 52 anni. Secondo il portuale, proprio la donna gli avrebbe detto di voler allontanare l’altro che, come un terzo uomo (un tossicodipendente pluripregiudicato per rapina e spaccio), le pagava per l’ospitalità 20 euro al giorno e, a volte, con alcune dosi di stupefacente. Per ottenere la droga, la donna sarebbe anche arrivata a concedere rapporti sessuali al suo inquilino.
Giribaldi, il 25 aprile, prima ha incontrato sotto casa della cinquantaduenne un amico del rivale, gli ha offerto i 20 euro che aveva pagato per il pernottamento a casa della cinquantaduenne dicendogli di andarsene, poi ha sparato un colpo di avvertimento contro un muro. Poi, quando Di Palo (che si trovava a casa della donna) è sceso in strada. Il quarantaduenne ha raccontato di aver deciso di allontanarsi, ma che il 37enne lo avrebbe inseguito e insultato. A quel punto lui sostiene di aver ricevuto un pugno e di aver scambiato di Palo per un carabiniere. In quel momento avrebbe esploso alcuni colpi di pistola, di cui uno dritto al cuore del rivale, che è morto subito dopo.
A Giribaldi, difeso dagli avvocati Paolo Scovazzi e Chiara Antola, al momento il sostituto procuratore non contesta la premeditazione, nonostante l’uomo portasse con sé, senza avere il porto d’armi, una pistola con la matricola illeggibile che lui dice aver trovato lo scorso anno abbandonata sulle alture cittadine, completa di caricatore e pallottole. L’uomo ha spiegato che girava armato perché in passato sarebbe stato aggredito da alcuni pusher da cui comperava la droga. Quando i poliziotti lo hanno fermato aveva con sé, oltre a un paio di guanti da lavoro che avrebbe indossato quando ha sparato, un altro caricatore per la pistola, un coltello con tirapugni, un altro tirapugni, una cintura con le borchie appuntite e una bomboletta di spray al peperoncino.
Le indagini puntano anche a chiarire se sia vero quanto raccontato dall’assassino sul ritrovamento fortuito della pistola, una Beretta calibro 7.65, avvenuto circa un anno fa sulle alture della città. Il giorno dell’omicidio il quarantaduenne, prima di rifugiarsi nella chiesa dell’Annunziata, l’aveva gettata sotto le auto posteggiate in piazza Bandiera, dove è stata ritrovata dai poliziotti.
Il gip ha confermato la custodia cautelare in carcere per il pericolo di reiterazione del reato a causa, si legge nell’ordinanza, a causa della «totale incapacità di reagire con l’ausilio degli ordinari freni inibitori» all’origine della «violenza spropositata messa in atto». Una violenza che potrebbe esplodere di nuovo.
Il sostituto procuratore Elisa Campagna scrive che «la gravità inusitata del gesto a fronte dell’assenza di reali motivazioni che lo sorreggano, se non quella, riferita dal prevenuto e che ha dato origine al dissidio, di voler stare da solo con la cinquantaduenne a consumare stupefacenti e, dall’altro, l’estemporaneità del litigio» renderebbero «il pericolo di recidiva concreto, attuale ed elevatissimo in quanto consentono di ritenere che la pericolosità di Giribaldi non si esaurisca con quanto successo il 25 aprile, essendo verosimile che, per futili motivi e per la sua condizione di tossicodipendenza, possa commettere altri delitti di gravissimo allarme sociale».
Non è escluso che gli avvocati dell’uomo chiedano per lui la perizia psichiatrica. Certamente Giribaldi era una persona problematica e incline al litigio, tanto che il movimento no vax, a cui aveva aderito durante la pandemia, lo aveva allontanato per i frequenti dissidi con gli altri attivisti. Anche i colleghi lo ricordano come una persona dal carattere non facile.
il portuale, oltre che di omicidio, è accusato della ricettazione della pistola e per porto abusivo di arma clandestina.
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