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Minori, servizi sociali: anche la Consulta Diocesana richiama il Comune a terminare la caccia alle streghe

Il presidente, Padre Luca Reina: <Le accuse, più o meno velate, verso chi lavora in questo campo o sono circostanziate o rompono il criterio di alleanza e dunque si riversano in un danno al minore da tutelare. Le parole hanno un peso e creano la realtà, a noi sembra che sia necessaria una cura del linguaggio utilizzato e una prudenza che è rispetto per chi lavora quotidianamente per stare dalla parte dei bambini>

Parole pesanti, dette o scritte, rispetto ai servizi sociali del Comune di Genova. Parole smentite, incomprensibilmente, con molto ritardo (ben due settimane) dall’assessore ai servizi sociali Francesca Fassio, che ha comunque smontato l’organizzazione del Progetto Arianna per il contrasto alla violenza all’infanzia e all’adolescenza (oggi al palo) e quella dell’Affido familiare (che al palo non potrebbe essere, perché dipende dal Tribunale dei Minori e non dall’Amministrazione, che deve solo fornire il personale) decapitando le strutture, ha detto, per <motivi politici>. Una affermazione che già da sola mette i brividi, perché le persone trasferite ad altri incarichi, mai destinatarie né di procedimenti disciplinari né di denunce penali, non sono dirigenti (e quindi incarichi fiduciari della politica), ma “tecnici”: una psicologa e un’assistente sociale. Insomma: il Manuale Cencelli applicato sulla pelle dei bambini e delle famiglie. Il clima di sospetto fatto crescere dall’assessore per due settimane, in assenza di una smentita arrivata tardiva e non del tutto convincente, ha esposto a lapidazione mediatica e via social i lavoratori incolpevoli. Attorno a loro si è creato un ingiusto e colpevole clima di sospetto, artificialmente fomentato. Per poi dire che vengono sostituti – nonostante il loro ruolo sia quello di tecnici senza ruolo politico – per ragioni di partito. Le parole pesano, quelle dette e quelle a lungo non smentite. E ancora di più pesano i fatti.
Contro questo – incomprensibile in assenza di contestazione di fatti e di denunce – atteggiamento si sono già sollevati i lavoratori (che hanno chiesto al sindaco Marco Bucci di farsi garante), i sindacati, gli Ordini professionali degli Psicologi e degli Assistenti Sociali, le famiglie affidatarie. Ora arriva la presa di posizione della Consulta Diocesana della Curia genovese, che completa il quadro di censura ad . Un ulteriore richiamo a occuparsi e a non compromettere il bene dei bambini. Per motivi (questo lo diciamo noi) che, in assenza di contestazioni puntuali o denunce e, inoltre, giustificati tardivamente con non meglio precisate ragioni politiche, fanno purtroppo pensare che il benessere dei minori sia l’ultimo dei pensieri dell’Assessorato se, com’è accaduto ed è stato candidamente dichiarato, sacrifica il servizio al Manuale Cencelli. Noi non sappiamo se le persone rimosse abbiano un’idea politica contraria a quella dell’assessore, ma sappiamo per certo che non hanno un ruolo politico, ma tecnico e titoli adeguati, che non possono e non devono essere soggetti a “verifica di conformità politica”, ma valutati sui risultati che lo stesso assessore, nella sua nota, ha ammesso essere buoni.

Pubblichiamo integralmente l’intervento di Padre Luca Reina, presidente della Consulta Diocesana.

Negli ultimi tempi abbiamo assistito a vari comunicati stampa e dichiarazioni che interessano da vicino il lavoro quotidiano delle comunità di accoglienza per minori e i vari servizi che anche la Consulta, con i propri associati, attiva in accreditamento con il Comune di Genova.
Vogliamo precisare che i servizi di tutela dei minori, dai neonati agli adolescenti, sono soggetti a severe norme e regole che impongono un lavoro professionale di elevato standard, definito dagli accreditamenti regionali e comunali che seguono alle autorizzazioni al funzionamento. Come tutti i servizi accreditati, tali centri sono tenuti a regolare rendicontazione qualitativa, a formazione e supervisione continua del personale. I centri di accoglienza – che solo per similitudine possiamo dire essere paragonabili ad un ricovero ospedaliero – hanno a che fare con sofferenze importantissime per la vita del nucleo famigliare interessato: famiglia e minore stesso. La delicatezza degli interventi di cura ed educazione si svolge sempre in concerto con il servizio sociale inviante, il tribunale per i minorenni, la famiglia. Nonostante questo delicato e denso lavoro a tutela del minore, non sempre le situazioni di vita degli stessi, si risolvono con un rientro in famiglia.
La parola chiave di questo lavoro è dunque “alleanza”. Le situazioni possono risolversi meglio attraverso percorsi di alleanza: tra la famiglia e gli enti che si prendono cura del bambino; tra gli enti stessi che – ognuno col proprio ruolo e funzione – svolgono i loro compiti. In questo campo non esistono ruoli di predominio, ma responsabilità di funzione chiare e identificate. Per questa ragione ci pare che il dibattito debba riposizionarsi sull’alleanza a favore del minore.
Qualsiasi politica deve avere al centro la tutela del minore attraverso gli attori del processo di assistenza, alleati tra loro. A noi pare che questa linea di lavoro sia necessaria per valorizzare ciò che è stato fatto, anche per migliorarlo s’intende, ma evitando toni e parole che portano a opposizioni più o meno implicite a tutto danno dei minori accolti e, soprattutto, di quelli che hanno bisogno di sostegno e tutela. I processi di affido, con i vari servizi via via cresciuti nel nostro paese – dalle famiglie affidatarie alle comunità di accoglienza residenziali e diurne – sono un fiore all’occhiello della pedagogia italiana, così come la cura dell’infanzia, e ci vedono sempre all’avanguardia rispetto ai paesi europei: innestarsi su questo filone vuol dire proteggerlo ed anche migliorarlo.
Auspichiamo dunque un abbassamento dei toni del dibattito e un maggiore riconoscimento del lavoro di ogni attore della tutela: dai servizi sociali – così preziosi nel loro lavoro quotidiano e così esposti oggi alle critiche facili della stampa anche nazionale – alle comunità di accoglienza e a tutti gli educatori e volontari – che vivono quotidianamente le sofferenze dei minori accolti –. Oggi il grande rischio è quello di buttare via il prezioso lavoro fatto senza considerare che invece la gran parte di questo è stato fatto bene. Fa sempre più rumore un albero che cade che non una foresta che cresce, ed è sempre più facile osservare quello, che non la fatica quotidiana degli operatori e ciò che genera. Con un piccolo sforzo di osservazione – tra l’altro dovuto – ci pare doveroso dire che a Genova si è lavorato bene e con coscienza vigilando anche su eventi, fatti ed episodi sbagliati, ma isolati e ben contestualizzati. Le accuse, più o meno velate, verso chi lavora in questo campo o sono circostanziate o rompono il criterio di alleanza e dunque si riversano in un danno al minore da tutelare. Le parole hanno un peso e creano la realtà, a noi sembra che sia necessaria una cura del linguaggio utilizzato e una prudenza che è rispetto per chi lavora quotidianamente per stare dalla parte dei bambini. Già alcuni studi hanno evidenziato come la perdita di credibilità di questo mondo sia avvenuta, ed il rischio è che la gran forza del tessuto sociale, che ad oggi ha sempre caratterizzato l’alleanza tra società civile e welfare cittadino, muti e addirittura si trasformi in sospetto e distanza: un danno enorme che vede tutti perdenti.

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