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Centro storico, indietro tutta. Fasce, segretaria del circolo Pd: “Progetto di rilancio interrotto nel 2006. Bisogna farlo ripartire”

Accuse alla Regione (<È assente da un anno e mezzo>), ma anche critiche agli errori delle amministrazioni comunali che si sono succedute. Nel mirino lo stop improvviso e intempestivo al recupero
Gli incubatori commerciali non hanno funzionato: <Bisogna imparare dagli errori. Ora serve un progetto che punti su aziende solide perché è attraverso i negozi che si può animare e rivitalizzare la zona>
Movida: <Serve il controllo delle forze di polizia, ma anche educazione per i ragazzi>
Migranti: <La città vecchia non è razzista, ma esistono problemi di percezione di sicurezza. Potrebbero avere un ruolo nel recupero della vivibilità>
<Serve una grande campagna di marketing per il centro storico e bisogna sostenere i progetti positivi del direttore dei msuei liguri Serena Bertolucci e dell’assessore al Turismo Carla Sibilla>

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L’intervista di
Monica Di Carlo


La situazione criminalità in centro storico è ormai emergenza. Ma esistono molti altri problemi. Nella città vecchia, dove pare che i grandi investimenti per il recupero siano terminati. Michela Fasce (nella foto sopra), segretaria del Circolo Pd del centro storico, indica le criticità e le possibili soluzioni ai problemi di questa vasta e importante area della città.

La criminalità nel centro storico ha un retaggio di cent’anni e ha motivazioni complesse. Gli interventi che sono stati fatti dal ‘92 al 2004 hanno certamente migliorato la situazione. Hanno tirato fuori con grandi investimenti pubblici alcune zone, a macchia di leopardo. Alcuni buoni investimenti sono stati da parte delle amministrazioni. Parlo del mercato a Sarzano, del recupero di Palazzo Senarega, quasi terminato, della scuola di piazza delle Erbe. Anche in via Pre’ ci sono stati grandi investimenti.

Tutti gli investimenti a Pre’ e alla Maddalena, però, non sono serviti a molto, soprattutto quelli per la rivitalizzazione commerciale.

Secondo me è stato fatto un errore di valutazione. La zona di Pre’ ha avuto una grande rivalutazione urbanistica degli immobili di Arte, del Comune. Sono stati fatti degli errori, ora bisogna farne una valutazione. Serve una politica di investimenti e di riqualificazione di queste zone con l’aiuto anche dei cittadini, dei commercianti e degli artigiani, cioè di chi opera in zona perché solo in quel modo si può entrare realmente. A Pre’ sono stati inseriti tanti, troppi, negozi etnici che hanno finito per catalizzare lì consumi solamente legati alle abitudini degli stranieri e a determinare scarso interesse da parte dei turisti e dei genovesi che invece quarant’anni fa lì facevano la spesa. Questo anche alla Maddalena, che era il fucro della spesa di Castelletto e che negli ultimi 15 anni ha perso quasi completamente la sua clientela.

Ha perso tanto Anche perché è stato deciso di spostare la gran parte degli uffici comunali, che prima erano a Palazzo Tursi, al Matitone. Anche questa non è stata una buona decisione.

Anche lì, nonostante gli investimenti e la riqualificazione sia urbana sia commerciale con gli incubatori di imprese, non si è riusciti a sottrarre la zona al degrado.

Gli incubatori sono stati un fallimento. Secondo lei, come bisogna agire a questo punto?

Bisogna di collaborare con chi ha voglia di aprire attività commerciali o artigiane in centro storico per fare dei patti d’area ad hoc che vedano protagoniste attività già innestate sul territorio genovese che hanno dato un risultato positivo. Delle seconde attività, un po’ come a Palazzo Ducale. Forse le modalità del Ducale sono troppo restrittive per ampie zone di territorio, ma si può pensare una formula simile per far sì che si verifichi l’innesto di imprese che già hanno dimostrato di avere una certa solidità e capacità, perché se apre il ragazzino con i soldi della liquidazione di papà perché non ha voglia di studiare e non sa come sbarcare il lunario perché non lo assume nessuno, poi chiude in sei mesi e magari prende fondi pubblici, ma in realtà non ha la capacità gestionale perché è sprovvisto di esperienza. L’esperienza è necessaria se si vuole costruire un tessuto commerciale di successo.

Si diceva una quindicina di anni fa, era assessore al commercio Claudio Montaldo, che via Pre’ e poi piazza Truogoli di Santa Brigida dovevano essere la via di attraversamento dei turisti tra il waterfront e via Balbi. Questa cosa non è successa e sarebbe utilissima per la zona. Cosa si può fare?

Con la nuova direttrice di Palazzo Reale, Serena Bertolucci, ci sono ottime possibilità, vista la sua capacità imprenditoriale, e manageriale in un settore pubblico ha una visione ampia, a 360 gradi del territorio, non ha solo intenzione di fare funzionare il suo polo museale, ma anche ciò che gli sta intorno perché ha capito che valorizza il suo palazzo, quindi, con la sua spinta, se l’aiutiamo a lavorare, agevolando le idee che ha sul mercato dello Statuto inserendo attività artigiane di qualità, perché ormai sono rimasti solo tre operatori. Se lei apre le vetrine di Palazzo reale su via Pre’, cosa che aspettiamo da vent’anni, allora è possibile anche che la zona si rianimi e si crei un giro virtuoso, che i turisti salgano a Pre’ e poi ai Truogoli per arrivare in via Balbi. Il Comune deve farsi in quattro perché tutto ciò avvenga.
L’altra parte del centro storico che è, secondo me, completamente abbandonata è quella di Canneto e via dei Giustiniani, totalmente desertificata. San Bernardo è piena di attività, ma è l’unica via rimasta tra altre che sono una fila di saracinesche chiuse. Bisogna innestare in quelle aree non solo ciupiterie o bar o ristoranti, ma anche attività commerciali e artigiane di altro tipo. Anche in questo caso penso a seconde unità di vendita di attività già presenti sul territorio o a store di aziende di produzione. Penso ad accordi con grandi aziende produttrici italiane e straniere che possano anche acquisire unità immobiliari.

Da quando il centro storico ha cominciato a perdere terreno?

Dal 2006. Io non sono per difendere l’indifendibile, ma per fare tesoro degli errori. Purtroppo dal 2006, tranne una parte del centro storico, vale a dire i palazzi dei Rolli che sono stati riconosciuti Patrimonio Unesco le giunte hanno fatto la scelta del recupero delle zone periferiche, le delegazioni. Ma il centro storico non era ancora maturo, non era pronto per essere lasciato a se stesso e quindi c’è stata la disgregazione di alcune situazioni. Alcune hanno retto: via San Lorenzo è una meraviglia ma, ad esempio, le Vigne stanno perdendo campo sulla situazione dell’ordine pubblico perché tutto attorno s’è insediata una serie di illegalità relative allo spaccio su cui gli interventi non sono risolutivi. Il Palazzo di Arte restaurato sta aspettando di essere messo a bando da un anno e mezzo da parte della Regione e il suo utilizzo potrebbe contribuire a una sana rioccupazione della zona.

Quindi la città vecchia, abbandonato da tutti a se stessa, sta andando allo sbando?

A mio parere occorre fare ripartire una politica di recupero del centro storico. Nonostante i problemi di gestione che l’accoglienza degli immigrati comporta, io penso che si possa fare anche attraverso loro. Oltre a quelli che hanno trovato sistemazione nella città vecchia, ci sono anche quelli collocati nelle zone vicine che spesso di giorno confluiscono qui. Quando si dice che esiste una sofferenza del centro storico a causa dell’immigrazione, non è una posizione contro l’immigrato-essere umano. Ci sono immigrati che abitano nel centro storico da anni e a nessuno viene in mente di aggredirli a male parole. Il problema è che non c’è stata una politica che abbia coinvolto i richiedenti asilo per occuparli di giorno. Noi accogliamo giustamente gli immigrati. È gente che se scappa da dove vive si vede che ha un’esigenza di sopravvivere, perché nessuno scappa da casa propria se non è disperato. È pur vero che vedere 30, 40 persone sedute in piazza Banchi con cellulare e gli auricolari tutto il giorno per la gente che vive sul territorio è sconcertante. La percezione di insicurezza è forte. Occorre una politica che, oltre l’accoglienza, metta insieme una serie di iniziative per cui queste persone che durante il giorno sono nulla facenti perché non possono trovare occupazione per via di un permesso di soggiorno che non arriva o perché è ancora in corso il riconoscimento dello status di rifugiato vengano impiegati in attività utili anche per la collettività.

Affrontare due problemi insieme per risolverli entrambi?

Diciamo tutti che il centro storico è sporco? I migranti sono quasi in ogni angolo, insegnamo a queste persone tramite l’aiuto dell’Amiu a ripulire il centro storico. Perché no? Bisogna però fare delle politiche in cui anche la Regione, con i servizi sociali, intervenga con delle politiche. La Regione è completamente latitante su tutta questa partita. La Regione ha un assessorato alla sicurezza che non sta assolutamente facendo nulla, né investimenti né programmazione né progetti. Il Comune deve assumersi le proprie responsabilità, riconoscere le proprie colpe, ma non dimentichiamo che la guida della Regione, insediata da un anno e mezzo, è latitante sotto tutti i profili. Mi fa piacere che il ministro Pinotti si sia di nuovo responsabilizzata e abbia sollecitato i carabinieri, la prefettura e la Questura. Mi dicono che il nuovo Questore sia una persona molto sensata. Mi fa piacere che a questo punto le forze di polizia siano presenti sul territorio e che compiano delle azioni sempre più presenti e pressanti. Ma assicurare la pubblica sicurezza non basta. Se non pensiamo a riqualificare il centro storico con una politica di rilancio è inutile avere il centro storico militarizzato. Un po’ di forze in più sul territorio servono, l’intelligence serve tantissimo, ma è inutile militarizzare senza fare una strategia di sviluppo. Io ringrazio Carla Sibilla (assessore alla Promozione della città n. d. r.) che sul Turismo ha fatto i miracoli con i fondi che aveva, ma non possiamo permetterci di delegare solo a lei questo sviluppo. Va aiutata anche lei, come Serena Bertolucci di Palazzo Reale. Bisogna fare rete. A questo proposito, rilancio il richiamo alla Regione, che in questo momento non mi pare stia facendo nulla in tal senso e pare completamente assente dalla partita. Anche sulle cose minime e già impostate.

E la “partita movida”?

Sono contenta che ci sia la movida. Se mi ricordo il Capodanno del 2004, quando Genova diventò Capitale della Cultura, passai per caso per raggiungere Santa Maria di Castello il voltino di San Cosimo. Era un tappeto di siringhe e tossici sdraiati per terra. Adesso, con l’innesto di due pubblici esercizi che sono stati molto bravi a riqualificare la zona, i tossici e i tappeti di siringhe per terra non ci sono più. Quindi bisogna riconoscere che grazie agli investimenti fatti, con lo sviluppo della movida, grazie allo scemare del consumo di eroina che ha toccato il culmine negli anni ’80 certe situazioni faticosissime per il centro storico non sono più visibili. Questo è anche grazie alla movida. La frequentazione è anche motivo di disturbo per certi fenomeni.

Ci sono però degli “effetti collaterali”.

L’ordine pubblico. È stato permesso ai ragazzi di compiere nel centro storico qualunque tipo di azione. Non c’è stato un controllo. Se si va in Inghilterra o in Scozia, le forze di polizia se trovano un ubriaco, soprattutto minorenne, in mezzo alla strada, le forze di polizia lo prendono e lo mettono in guardina e non esce fino a quando i genitori non lo vanno a prendere. Noi qui abbiamo ragazzini di quattordici anni che si caricano di alcol e talvolta anche di stupefacenti e poi compiono azioni di forte disturbo del quartiere. Per evitare tutto questo basterebbe che ci fosse più controllo della movida da parte delle forze di polizia. Un’altra cosa che manca sono i wc. Ad Amsterdam, dove bevono birra in quantità industriali, al sabato sera vengono montati gabinetti pubblici. I ragazzi sanno che se non li usano poi hanno a che fare con la polizia. Certo, anche per quello servono fondi.

L’ordinanza anti alcol: secondo lei bisogna prorogare l’orario di apertura ai locali virtuosi?

Il problema non è l’orario, è l’ordine pubblico. Le persone adulte possono anche stare fino alle 2 di notte a bere in un locale, ma poi, quando escono, non si mettono a sbattere contro le saracinesche e a cantare o a fare pipì sulle serrande o sui portoni. Non si fanno trovare rovesciate sullo scalino di un portone. Il problema è la mancanza di rispetto da parte delle giovani generazioni nei confronti del centro storico. Ci vorrebbe una grande campagna di marketing per il centro storico, per fare capire che non è terra di nessuno, ma il cuore della città, non “il peggio”, il luogo dove tutto è permesso. Questo concetto i genovesi non lo hanno, non lo hanno le famiglie, non lo hanno le istituzioni che non investono più per la riqualificazione. Bisognerebbe investire per far riconoscere il centro storico come il luogo dove sono nati la città, la nostra tradizione e la nostra storia. Come tale va rispettata.

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