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Notte prima degli esami

notte

E siamo arrivati a destinazione. Cioè, dopo l’abbuffata del primo turno, con tanto di mal di pancia. Seguita da due settimane di fibrillazioni in cui si è letto e dichiarato tutto e il contrario di tutto, con alleanze impossibili, poi improbabili, poi possibili, e infine plausibili. Con antichi soloni, mai rottamati, che in campo ci sanno ancora stare eccome e, perso per perso, hanno deciso di rottamare il rottamatore. O almeno ci stanno a prova’. Con l’incubo prima solo pensato, poi scacciato, con un gesto delle mani. E adesso che il brutto sogno è realtà, con la pancia che parla, che gorgoglia e il cervello messo temporaneamente in stand by. Perché ha vinto l’incazzatura, l’antipartitismo, lo sberleffo alla casta, giovine, vecchia, di mezzo. Ma mai in pensione. A Savona ha vinto Toti, cioè ha vinto la Caprioglio raccogliendo l’effetto Toti, quel delfino del patron acciaccato e temporaneamente fuori gioco, checche’ proclamino i figli. Ha avuto ragione il nostro governatore, con la sua politica fatta di annunci, di comparsate in ogni spazio e angolo TV disponibile, di comunicazione a tambur battente via social, di presenzialismo e prezzemolismo fine a se stesso – in quanto a contributi razionali – di slogan triti e ritriti, di “il vento è cambiato” nonostante la maccaia estiva, di sbilanciamento verso la lega antieuropeista e xenofoba. Un venditore di tappeti e suppellettili appena un po’ più evoluto, che conosce i meccanismi dell’informazione e li utilizza a proprio beneficio. Ha vinto la Caprioglio evocando vecchi fantasmi di appena un anno fa, con un centrosinistra già allora sfilacciato dalle lotte intestine, con il capro espiatorio individuato in Sergio Cofferati, una specie di foglia di fico, per evitare di elaborare il lutto e gridare al re nudo.

Quindi notte prima degli esami. Quando gli incubi si materializzano, talmente reali che arriva, non contrastabile, la fifa nera che immobilizza e il terrore che la realtà sia perfino peggiore dei nostri incubi peggiori. Con mostri-professori che sguazzano sulle nostre defaillances, frutto di una preparazione modesta, di scarsa propensione all’analisi e all’approfondimento e di una coazione a ripetere, sempre, i medesimi errori. Con la mente intorpidita da un sonno che ci impedisce di cambiare registro, tattica, strategia, consumando un’attesa infinita, aspettando che quasi per incanto, miracolosamente tutti i meccanismi coincidano, che i riti si ripetano. Scettici, faziosi, anche un pelino arroganti. Ma fermi nel negare il nuovo che avanza, attenti a rifiutarlo e chiudere tutte le porte.
Torino, che fa rima con Appendino e pure con Fassino costituisce il tormento dell’incubo ricorrente. Un sogno orrendo che qualcuno aveva già provato, con ampio, anticipo ad interpretare. Mario Paternostro e’ giornalista di vaglio, un maestro. Leggete un po’ che cosa aveva detto, con qualche giorno di vantaggio sui risultati, in un suo articolo dal titolo “I gianduiotti di Fassino e i loassi di Doria”. “Avevo deciso, in un primo tempo, di dedicare i miei Spicchi d’aglio domenicali a Piero Fassino, bravo sindaco dell’ex Pci sabaudo, serio fin troppo, tanto da apparire triste come uno stoccafisso con patate bollite. Fassino si gioca la guida di Torino con la frizzante grillina Appendino. Una buona candidata che ha puntato la sua campagna elettorale sul recupero delle periferie. Fassino, Torino e Genova. Ecco, volevo scrivere di questo collegamento: la capitale sabauda e il vecchio comunista diventato renziano, la ex capitale del mare, che i sabaudi li ha sempre detestati, dove il Pd ex Pci è certamente più vicino ai sentimenti di Fassino che non a quelli di Beppe Sala, ma dove i renziani sono pochi, fatta eccezione per Regazzoni che si è messo a sfidare da solo l’arrugginito apparato dei reduci”. Si, perché la trombatura di Fassino, che comunque a Torino ha amministrato in maniera meno contraddittoria dell’arancione Marco Doria a Genova, introduce direttamente sul rettifilo del prossimo appuntamento delle amministrative nella nostra città. Anche Donatella Alfonso, giornalista di La Repubblica evoca di nuovo il brutto risveglio “E visto che era già tutto previsto (mi spiace solo per Fassino, io Torino la vedo come una città viva e ben amministrata, ma non sono torinese) , una preghierina: vedete di non inventarvi un candidato calato dal cielo per Genova e di pensare che si vince al centro. ‪#‎memento‬ ‪#‎buonanotte‬”. Con tanto di risposte di supporter via social che arrivano perfino all’endorsement, inaspettato. Ma la Donatella e’ donna, condizione che pare primaria per ipotecare il successo. E, comunque, speriamo che non si faccia tentare, perché perderemmo una straordinaria collega. E poi qualcuno spera in una apertura a sinistra, che viri verso l’arancione “E se il PD avesse quel briciolo di umiltà per saper stare in una coalizione senza fare sgambetti, come per Doria….”. Oppure c’è’ chi ribatte, in odio a Renzi ” il mito fasullo del “vincere al centro” è proprio l’essenza della politica del PD renziano. Ed è proprio la ragione che ha indotto molti elettori a scegliere altro. Evidentemente la lezione della Paita non è servita”. Finalmente uno che è riuscito a guardare oltre al mito e fiaba rassicurante del complotto di Cofferati. C’è’ poi chi tra il cattivo governo e la cattiva amministrazione prevede un ciclo terminato “secondo me a Genova non vincerà la sinistra o il centro sinistra anche se candidi un mago!!!”. E chi pensa di ripartire dalla base “per Genova ci vorrebbe un candidato, non calato dall’alto ma fiorito dal basso, qualcuno che la città la sappia camminare, che sappia ascoltarla, tenerla a mente, averla a cuore. Qualcuno che ne conosca la storia o, meglio, le storie, qualcuno che riesca ad immaginarla per come sarà domani. Qualcuno, infine, che il 25 aprile sappia indossare la fascia tricolore (su un bel tailleur color saponetta) con sincero orgoglio. Io Donatella Alfonso la voterei”. Con la segnalazione che non t’aspetti… Fascia tricolore su un bel tailleur color saponetta. Fiore tra i fiori una sorta di thatcheriana margaret-ladydiferro? Boh? I misteri della rete.
E c’è chi al di là delle investiture in rete ha bruciato le tappe e si è candidato per davvero alla sfida delle primarie, con una lievitazione del personaggio e dell’ego esponenziale. Dadocente di Filosofia, da scrittore di trattati filosofici e gialli, da spin doctor della Paita, a sfidante dei vecchi sistemi. Magari antidoto ai brutti sogni. Perché magari lui non arriverà in fondo, ma almeno avrà la coscienza a posto di aver cercato di tirare il partito fuori dalle sabbie mobili dell’attendismo. Simone Regazzoni, lo scardinatore, da qualche giorno ripete la sua ricetta, giocando come il gatto con il topo, in attesa che qualcuno dei suoi anonimi e nascosti interlocutori si palesi finalmente e risponda. Magari anche ufficialmente. Intanto ripete la sua personale ricetta”Vince chi sa interpretare al meglio il desiderio di innovazione: con nuovi volti e nuove idee. Se qualcuno, nel Pd, pensa di tornare al passato non ha capito nulla. La lezione per Genova è una sola: con vecchie ricette e minestre riscaldate saremo sconfitti Alessandro Terrile. Si metta da parte Doria e si cominci subito a lavorare per una candidatura che sappia davvero sfidare il modello Toti, che si dimostra modello vincente. Altrimenti o la destra o i 5Stelle si prenderanno Genova in scioltezza”. E poi, a un’ora di distanza si riprende la platea “Questa sera sarò ospite, in collegamento, a Primocanale, della trasmissione di Mario Paternostro. E dirò una cosa molto chiara, diretta e semplice al mio partito, il Pd. Se vogliamo provare a tornare a vincere, se non vogliamo lasciare l’innovazione a Toti e ai 5Stelle dobbiamo rottamare davvero una vecchia classe dirigente che sul territorio fa più danni della grandine (a Savona ne ha pagato le conseguenze la brava Cristina Battaglia). A partire da Genova. Ci sono forze giovani pronte a impegnarsi. È tempo di rompere con le vecchie oligarchie. Altrimenti i cittadini non ci voteranno più”. Con tanto di investitura di qualche interlocutore social “Esattamente i tempi dei dinosauri sono finiti da milioni di anni. Avanti il nuovo” “E’ tempo di rinnovarsi davvero o sparire”. Per il segretario provinciale Alessandro Terrile pero’ e’ sempre andamento lento, e abuso del procrastinare. “Risultati del secondo turno molto negativi per il PD. Il M5S vince tutti i ballottaggi, che siano con il PD o con la destra. Nei ballottaggi con la destra il PD vince in circa la metà (23 su 49 dal sito del viminale, al netto di liste civiche e delle regioni a statuto speciale). L’elettorato del centrodestra converge senza difficoltà sul M5S. E anche l’elettorato del M5S risponde quasi dappertutto alla chiamata anti PD per votare centrodestra. Vinciamo a Milano, con un grande candidato, una coalizione vasta, e il sindaco uscente (arancione) che fa campagna per noi pancia a terra. A Roma è una disfatta. Ci fermiamo al 32%. Perdiamo 12 municipi su 14. E non è solo colpa di Marino. Perdiamo Torino, e non venitemi a raccontare che c’entra l’età di Fassino. Torino è lo specchio di come può finire il ballottaggio dell’Italicum. Perdiamo a Savona, con la migliore candidata possibile, giovane, competente, capace, innovativa. Perdiamo con un centrosinistra diviso contro un centrodestra unito. E’ la seconda volta che succede in due anni. Perseverare sarebbe diabolico. Ci sarà tempo per analisi più approfondite. Mi fermo a due considerazioni: dobbiamo unire il centrosinistra e modificare l’italicum. Ed entrambe le cose farle con Renzi”. Ma almeno c’è la constatazione della disfatta.
Mario Tullo, parlamentare Pd e’ stringatissimo. Chiamato in causa da chi gli chiede ragione della sconfitta a Savona chiarisce ” Centro sinistra diviso, centro destra unito. Era già difficile nel passato vincere, ma ora con un’Italia tripolare e’ quasi sicuro perdere”. Mentre qualcuno infierisce “Ben tornato con i piedi per terra. Torino docet”.
E ricominciamo con il problema. Regazzoni scalpita. “Si metta da parte Doria”. Già perché l’incubo nasce tutta da lì. Da un sindaco, talmente irrigidito e snob che non vuol dire, di fronte ad una amministrazione fallimentare, che cosa intende fare del suo futuro. Utilizzando la vacuità di un partito di maggioranza che ancora non ha deciso di metterlo in soffitta. O meglio, ha già deciso, ma non ha ancora studiato il modo per farlo senza creare sommovimenti eccessivi. Andamento lento. Dicevo. Dormi bene… E fai bei sogni.

Il Max Turbatore

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