Revisioni barbariche. Le regole del buon gusto
Gianni Crivello, assessore ai lavori pubblici della giunta di Marco Doria, qualche problema con lo schermo, grande o piccolo che sia, deve pur avercelo. Proprio sabato postava un messaggio sulla sua pagina facebook, giudicando positive le regole del bon ton televisivo che la direttrice di Rai Tre Daria Bignardi ex conduttrice delle Invasioni Barbariche e scrittrice si qualche successo, ha impartito, qualche giorno fa, al suo personale. Un nuovo codice di comportamento etico per conduttrici e conduttori “Più sobrietà per tutti, niente abiti sexy, tacchi alti eccetera, eccetera per le donne. Niente vestiti e cravatte pacchiane per gli uomini. Ovviamente speriamo tutti che più che all’immagine si punti alla sostanza. Se dovessi raccontare alcune esperienze vissute con Rai Tre nazionale non ne uscirebbero benissimo. Tuttavia leggendo la notizia, ho subito pensato al mio caro nonno materno, Natale. Dinnanzi alle prima trasmissioni dell’unico canale TV di Rai Uno dell’epoca rispondeva educatamente alle annunciatrici buonasera!!! Se fosse in vita in questi giorni, e con quel dubbio che dall’altra parte dell’ apparecchio TV, forse lo vedevano, non so se sarebbe a suo agio, in pigiama, davanti al telegiornale”.
Ma la riflessione del “signor no” che, ha dimostrato nell’occasione un certo buon senso, tocca il punto fondamentale del problema “Speriamo che più che all’immagine si punti alla sostanza”, visto che il mezzo televisivo, entrando nelle case, dovrebbe avere comunque una qualche funzione educativa. E non intendo qui dilungarmi sulla TV generalista e nemmeno sulle trasmissioni trash o spazzatura. Ce ne sono parecchie su ogni rete, ma a me sembra che, a priori, la battaglia della Bignardi sia, in un certo qual modo, una guerra già ampiamente persa. Perché potrà pure imporre gonne longuette o scollature castigate alle sue dipendenti, cravatte e abiti meno pacchiani ai suoi presentatori, ma a fare la differenza non sarà mai l’abbigliamento ma il pensiero ed il modo di esternarlo di fronte agli spettatori. Molti programmi Tv trasudano violenza, non solo ideologica ma anche verbale, dai talk show politici, alle gare di sopravvivenza, dalle serie ai talent. In fondo, magari, c’è anche il lieto fine ma quello che lo spettatore interiorizza e’ tanta, tanta violenza e sopraffazione. Per cui, se penso al povero nonno Natale dell’assessore Gianni Crivello, che educatamente rispondeva buonasera alle annunciatrici, credo che oggi avrebbe spento il televisore e si sarebbe infilato il pigiama per andare a dormire. Negandosi ogni rapporto con quella scatola poco educata che produceva tensione.
Violenza che ripropone violenza, nella politica ma anche nella vita in generale, vissuta il più delle volte senza contatto diretto, dove sui social si ha la sensazione di essere onnipotenti oltre che onnipresenti. E la violenza restituisce violenza, senza che ci sia spazio per il pentimento o semplicemente per una riflessione autocritica – non solo sulle parole, ma anche sui ruoli – che impedisca, in futuro, di cadere sempre negli stessi errori.
Vorrei citare, a volo d’uccello, tre casi, che oltre a creare polemiche sulle pagine social sono stati ripresi e riproposti dai quotidiani. Vado in ordine di tempo. 29 maggio, Alfredo Simone Negri, il sindaco di Cesano Boscone, comune alla periferia di Milano posta sulla sua pagina facebook, in occasione del rientro in Italia del secondo Maro’ Salvatore Girone, una battuta che forse si addice a un comico, ma per un sindaco, per giunta del Pd, appare fuori luogo. “La Fip, federazione italiana pesca, ha diramato un bollettino in cui invita gli associati alla prudenza alla luce del ritorno dei marò”. Scoppia il finimondo e, in periodo di campagna elettorale, gli oppositori chiedono a Renzi di prendere le distanze dal suo sindaco. Negri rimuove la frase è spiega meglio il suo pensiero giustificando che un battutista incallito non riesce a trattenersi e comunque contesta che i due militari vengano trattati alla stregua di eroi. Pensiero plausibilissimo, che però un sindaco avrebbe l’obbligo di esternare in maniera per lo meno dignitosa.
Il secondo episodio è quello che ho commentato su questo sito qualche giorno fa, con la foto di Matteo Salvini imbavagliato e la bandiera con tanto di scritta Brigate Rosse e stella a cinque punte alle spalle. Vicenda per la quale il commissario regionale Ligure del Pd David Ermini e’ stato costretto ad una formale lettera di scuse e ad assicurare che avrebbe preso provvedimenti contro l’autore del macabro post, un giovane dirigente del Pd di Sarzana.
L’ultimo caso riguarda la morte del parlamentare della Lega Nord Gianluca Buonanno, per il quale, e’ bene dirlo, ci sono state espressioni di cordoglio provenienti da tutti i partiti politici. Eppero Alberto Amariti, esponente del Sel a Cinisello Balsamo, il paese dove nacque il bomber del Milan Pierino Prati, forse per evocare, stupidamente, le gesta del suo illustre conterraneo calciatore, soprannominato Pierino la peste, posta sulla sua pagina Facebook un messaggio agghiacciante con riferimento all’autostrada dove l’esponente del carroccio ha perso la vita “Chi di pedemontana ferisce di pedemontana perisce”. Poi sul nascere della bagarre replica “Non ho mica detto che era un uomo di merda. Avrei potuto dirlo ma non l’ho detto”. Il consigliere leghista di Cinisello Balsamo Giacomo Ghilardi che ha postato lo screenshot di Alberto Amariti replica aggiungendo, laconico, la frase “Se questo è un uomo”. Echi della polemica dell’hinterland milanese arrivano sino a noi nella pagina social del consigliere leghista Franco Senarega che appone il suo sigillo. Una sentenza irrevocabile “Vergogna”.
Eppero’ l’occhio cade proprio sull’immagine di copertina della pagina facebook di Franco Senarega. Accanto al volto di Matteo Salvini appare lo slogan, un pelino troppo aggressivo “La difesa e’ sempre legittima. Se entri in casa mia ed esci steso e’ un problema tuo”. Abbassiamo i toni, scherzava Maurizio Crozza interpretando, nel suo modo irriverente, il presidente emerito Giorgio Napolitano. Perché per le invasioni barbariche siamo tutti in parte responsabili. E Gianni Crivello in fondo ha ragione, al di là di vestiti, scollature, tacco 12 e cravatte più sobrie, iniziamo dalla sostanza. Dipende soprattutto da noi.
Il Max Turbatore
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