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Battina, la monaca di nobile famiglia genovese che alla fine del Settecento sfuggì alla clausura e diventò pittrice

La sua “fuga” durò solo due anni, in cui frequentò un circolo romano che discendeva dall’Arcadia. Lì, prima di rientrare nel convento delle Turchine, ebbe modo di ammirare gli ambienti fatti di rovine e paesaggi naturali in cui dipingeva le sue minuscole figure, ospite del prozio Ferdinando il cui testamento è attualmente in vendita su Ebay a 26 euro.
Per tre secoli le tempere di Battina furono attribuite a uno sconosciuto pittore fino a quando non si trovarono in archivi genovesi le tracce della sua vita, durata ben 81 anni

Raggi pittrice genovese

di Monica Di Carlo

Le hanno imposto il velo che aveva 18 anni, il 2 settembre 1760, ma nel convento dell’Incarnazione c’era finita quasi nove anni prima, che era solo una bambina. Battina Maria Ignazia Raggi, figlia del marchese Giovan Antonio e di Maria Brignole Sale e nipote di quel Gian Francesco Maria Brignole Sale che era stato doge tra il 1746 e il 1748, segue il destino della sorella maggiore Isabella Marianna Battina, più grande di lei di meno di due anni essendo nata il 18 ottobre 1740.

Giovanni_Francesco_II_Brignole-Sale_(Gènes)(Il doge Gian Francesco Brignole Sale, zio di Battina)

L’atto di nascita di Battina Maria Ignazia risulta registrato il 15 febbraio 1742. È proprio quell’atto di nascita, ritrovato di recente insieme ad alcuni pagamenti a suo favore, alla professione di fede nel monastero dell’Incarnazione, al testamento della madre e alla data di morte, hanno permesso di ricostruire la sua storia, che a prima vista può sembrare come quella di tante figlie femmine delle nobili famiglie genovesi dell’epoca, tutte condannate alla galera del convento senza colpa né vocazione, ma in realtà non lo è affatto. Maria Battina, che a 18 anni dismette ufficialmente il suo nome per diventare suor Maria Luigia Domenica Vittoria, da quel convento di clausura a poca distanza dalla casa paterna ci esce eccome, almeno per un periodo, per metter su una bottega d’artista a Roma e frequentare un cenacolo culturale di una certa importanza, legato all’Accademia dell’Arcadia. Lì resta per due anni, dal 1781 al 1783 per fare poi ritorno al convento delle “monache turchine” (così vengono chiamate per via dello scapolare azzurro) e rimanere sepolta viva come le sue consorelle monacate a forza nel convento di clausura del Castelletto (uno degli oltre trenta monasteri esistenti a quel tempo a Genova, uno dei tre dell’Ordine della Santissima Annunciazione) per altri 40 anni, fino alla morte, registrata (chissà quanti giorni o mesi dopo il decesso) il 25 marzo 1823, cioè quando aveva la veneranda età di 81 anni. Per quell’epoca, davvero un bel record.

Il ritrovamento di quei documenti ha permesso di appurare che Battina è l’artista che ha dipinto i quadri attribuiti a lungo a un fantomatico pittore genericamente indicato come “Maestro dei capricci di Prato”, “Paesista settecentesco di rovine romane” o “Pseudo-Anesi” che oggi si trovano nei Musei Capitolini di Roma, nell’Accademia di San Luca sempre nella capitale, nel Museo Civico di Prato, nel Museo Nelson-Atkins di Kansas City, negli Stati Uniti e in moltissime collezioni private europee e americane.

quadro battina raggi
Ma andiamo con ordine. La famiglia Raggi discende dai conti Rossi di Parma, che si stabilirono a Chiavari e a Levanto nel XII secolo. Poco prima della metà del XIII secolo arrivano in Valle Sturla, a Voltaggio e Genova, dove li troviamo dal 1239. Nella nostra città, in quel periodo, tal Battista esercita l’arte di confettiere. Fra il Tre e il Quattrocento la famiglia fornisce membri attivi delle istituzioni politiche e funzionari dello Stato genovese. Troviamo i loro nomi tra gli Anziani, tra i Collettori delle gabelle e tra i membri del Gran Consiglio. Nel 1528 la famiglia è iscritta all’Albergo della famiglia Fieschi (chi lo era prendeva il cognome del titolare dell’Albergo), conservandone il cognome per lo meno fino al 1605. Membri illustri della famiglia vengono ritratti dai pittori fiamminghi. Ai tempi di Battina, la famiglia era ricca e potente. Quanto alla famiglia Brignole Sale, nella sua storia dà 4 dogi alla Repubblica, possiede diversi prestigiosi palazzi, tra i quali Palazzo Rosso e Palazzo Bianco, in via Garibaldi (oggi musei del Comune di Genova) e termina nel 1888 con la morte senza eredi di Maria Brignole Sale De Ferrari, duchessa di Galliera che lascia una fortuna alla Chiesa e alla città.

Ma torniamo alla monaca pittrice. Dopo nove anni e otto mesi di educandato, Battina Maria Ignazia Raggi veste gli abiti di novizia dell’ordine delle Annunziate Celesti. Come molte sue coetanee di buona famiglia è costretta a una monacazione forzata perché l’eredità finisca tutta al figlio maschio, proprio come la Monaca di Monza dei Promessi Sposi. In realtà l’obbligo scatta solo in caso di mancato matrimonio e in quei tempi i matrimoni venivano decisi dalla famiglia. La famiglia raggi, quindi, sceglie per le figlie femmine la clausura. Giovan Antonio e di Maria Brignole Sale si sposano in pompa magna, come consigliato dai roboanti nomi delle famiglie d’origine, nella parrocchia di San Marcellino, che c’era e c’è ancora, in fondo a via della Maddalena. Prima di Isabella e Battina nascono altri figli, che però muoiono in giovane età (all’epoca non bastava essere ricchi per sopravvivere a certe malattie), ma nasce anche, nel 1736, Anton Giulio a cui spettano, oltre alla primogenitura, i diritti fideiussori degli sconfinati beni mobili e immobili della famiglia. Così, non appena le due bimbe hanno più o meno l’età di non dover dipendere da altri per lavarsi e vestirsi vengono spedite in convento a studiare. Non potranno mai scegliere il proprio futuro e questo a un genitore di oggi potrà sembrare inconcepibile, un atto di pura violenza. Allora era la normalità. Non si sa perché, ma è certo che Battina viene affidata al convento prima della sorella maggiore. Isabella diventa monaca col nome di suor Maria Elena Saveria a 19 anni nel 1759 dopo essere stata educanda per 6 anni e 7 mesi. Entra, quindi, nel 1752, quando ha 12 anni. La professione di Battina avviene l’anno successivo, dopo un educandato di 9 anni e 8 giorni ed entra quindi un anno prima della sorella, quando di anni ne ha appena 9. Il perché, probabilmente, non lo sapremo mai.

Le “vacanze romane” della monaca pittrice

I genitori delle due bimbette scelgono proprio il regime più stretto, quello di clausura, e l’ordine più severo, quello delle “Turchine”, anche se poi, visto che erano le famiglie nobili a finanziare i lavori di ampliamento, ammodernamento e abbellimento nei conventi (e le Annunziate Celesti, come si diceva, a Genova ne avevano ben tre da mantenere) gli strappi alla regola concessi alle monache di buona famiglia erano la regola. Teoricamente, nessuno poteva entrare in convento, se non per necessità (ad esempio il medico) e dietro permesso dell’Ordinario, non era permesso tenere animali da compagnia nè strumenti musicali. Persino le visite dei parenti erano contingentate: erano sei, tre a grate aperte e altrettante a grate chiuse. Chi prendeva i voti poteva portare con sè la biblioteca posseduta che veniva integrata da testi sacri e libri in Latino. Di fatto, le famiglie affidavano al convento l’educazione delle figlie, anche se a queste non sarebbe servita un granché dentro al monastero. Le ragazze nobili portavano con sè delle educatrici che, essendo povere, potevano farsi monache solo su raccomandazione delle famiglie ricche, alle cui figlie dovevano fare da “assistenti”, cioè da cameriere. Chissà se almeno queste avevano una vera vocazione o se piuttosto non fosse la fame a spingerle. Fatto sta che a badare alle due Raggi è una “consorella” la cui “vocazione” viene sponsorizzata dalla prestigiosa famiglia. Suor Maria Luigia Domenica Vittoria, per la sua posizione sociale, gode di una certa libertà, che doveva proprio essere tanta se a un certo punto le viene concesso di viaggiare fino a Roma e di rimanerci due anni, ospite di un prozio romano, Ferdinando. È il 1781 e la suora turchina ha 39 anni. Nella capitale, suor Maria Luigia torna Battina. Una “Battina ge…..ese” è documentata negli Stati delle Anime (una sorta di registro dei residenti) della parrocchia di Santa Maria in Via a Roma, a cui faceva riferimento palazzo Raggi. Ferdinando morì celibe e senza figli e lasciò tutto al padre della ragazza, Giovan Antonio. Tra i beni, anche il palazzo di via del Corso (nella foto sotto) dove Battina-Suor Maria Luigia vive nei suoi due anni romani. Probabilmente la considera sua nipote diretta, figlia dell’uomo a cui lascerà la primogenitura.

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Ferdinando Raggi è architetto e conduce una vita da gentiluomo intellettuale e artista aristocratico. È accademico d’onore e gli viene attribuito il titolo di Principe dell’Accademia di San Luca. Viene ricordato anche come protettore dell’archeologo (in realtà scavava per vendere le opere d’arte trovate mantenendosi così come i suoi colleghi del tempo) e pittore scozzese Gavin Hamilton con il quale condivide la «sublimità dell’invenzione colla proprietà de’ caratteri, e degli abbigliamenti». Secondo il Missirini molti «valorosi giovani del suo tempo» furono indirizzati da Hamilton alla pittura “giungendo all’ultima eccellenza” dell’arte di fine secolo.
Secondo Consuelo Lollobrigida, che su Battina ha scritto un libro (“Maria Luigia Raggi. Il Capriccio paesaggistico tra Arcadia e Grand Tour”, Andreina&Valneo Budai editori, Foligno 2012), nell’area di Palazzo Raggi insisteva a quel tempo un sistema viario e urbanistico oggi non più esistente popolato da botteghe di artigiani e di artisti. <Nello scomparso vicolo Cacciabove – racconta Lollobrigida – si trovava probabilmente il piccolo studio che Maria Luigia aveva allestito per dedicarsi alla pittura. La stessa famiglia Castellani, che più tardi avrebbe donato ai Musei Capitolini quattro tempere che oggi attribuiamo a Maria Luigia, aveva stabilito la propria attività di oreficeria in una delle botteghe al piano terreno di palazzo Raggi, e potrebbe quindi aver acquisito le opere dell’artista in tale circostanza. Fortunato Pio Castellani – 1794-1865 – era infatti noto per la sua bramosia collezionistica per i reperti etruschi, di cui fu grande amatore ed esperto, e anche per l’arte contemporanea, di cui apprezzava ogni genere>.
Sempre secondo Consuelo Lollobrigida <Nell’archivio degli Stati delle Anime di Santa Maria in Via nell’anno 1781 è annotata la presenza di un non meglio specificato Circolo del Serafino, attivo in palazzo Raggi per circa un paio di anni. (…) Nel 1763 Ferdinando aveva realizzato per Santa Maria in Via una statua lignea raffigurante l’Addolorata e sembra essere come uno dei parrocchiani più attivi sia per devozione che per caritatevole generosità. La frequenza della parrocchia era pressoché quotidiana e, a giudicare dai documenti, il suo ruolo attivo e partecipe alla vita della locale comunità cristiana. Questa vicinanza elettiva favorì probabilmente anche una sorta di complicità tra Ferdinando e il parroco della chiesa, complicità che rese possibile “nascondere” Maria Luigia durante l’annuale censimento delle anime della parrocchia. Non solo quindi la “Battina genovese” godette di una certa omertà da parte dell’ambiente romano, cosa che le permise una esistenza normale per un breve periodo, ma riuscì in questo modo a partecipare alla ricca vita culturale che la circondava. Il Circolo del Serafino rientra, a mio avviso, in questo clima. L’unica spiegazione è che possa trattarsi di una sorta di rinnovata Arcadia, nel ricordo di Serafino Aquilano, celebre poeta e musicista degli inizi del XVI secolo. All’Aquilano si poteva ricondurre una poetica arcadica purista, soprattutto in un momento, la fine del XVIII secolo, in cui l’Arcadia versava in grandi difficoltà politiche e gestionali. I prati fioriti, le dolci frescure dei boschi, le greggi sparse e pascolanti al suono delle zampogne, il riposo degli spiriti, non disturbati da nessun frastuono di guerra, né dalle ambizioni, dall’invidia o dai raggiri delle corti sono i temi prediletti della letteratura arcadica. Sono anche i soggetti preferiti da Maria Luigia Raggi, evocazioni di un tempo passato, quasi una fuga da una realtà>.
Sappiamo che nel 1784 Battina-Maria Luigia era già tornata a Genova perché Ferdinando Raggi invia dei denari “alla sua cugina monaca di Genova”, probabilmente perché possa acquistare il materiale necessario per continuare a dipingere. È anche possibile che l’invio sia conseguente alla morte di Ferdinando e che quel denaro rappresenti l’eredità lasciata alla monaca dal suo prozio, morto proprio in quell’anno e che, quindi, lei sia dovuta tornare proprio perché il suo “tutore” era scomparso.
Non pare un caso che i quadri della monaca pittrice siano di piccole dimensioni, forse quelle massime che le consentiva la sua cella. Di lei, a parte i documenti già citati, ci resta un’ottantina di opera assegnatele nel recente catalogo ragionato. Solo una reca una data: 1796. Certamente suor Maria Luigia continua a Genova a coltivare la sua passione. Fino a quando non possiamo saperlo. I dipinti, tutte tempere su carta, sono caratterizzati da una tavolozza chiara e lucente, che dà vita a piccole scenette bucoliche tipiche della cultura tardo rococò. Insomma, non esattamente quello che poteva vedere e aver voglia di raccontare una qualsiasi monaca di clausura dei conventi genovesi di fine ‘700. Quando, ultraottantenne, muore, viene sepolta nel cimitero del monastero. La sua tomba va persa con la distruzione del convento, sorte toccata a molti edifici religiosi a seguito dell’invasione napoleonica. Tutte le chiese, le case signorili e i municipi incontrati dai soldati francesi furono spogliati di tutti gli averi e le argenterie furono mandate alla zecca di Parigi per essere fuse in lingotti e coniare franchi francesi. Gli ordini religiosi furono sciolti, le proprietà depredate. Quello che era rimasto in piedi finì per crollare a causa delle bombe della Seconda Guerra Mondiale. Molte bellezze di Genova finirono così, devastate. Scomparve anche la memoria di tante sepolture che oggi potrebbero raccontarci la storia di tanti illustri genovesi e forse anche la tomba di Battina-Maria Luigia avrebbe pututo dirci qualcosa di più di lei, pittrice arcadica e monaca di clausura nella Genova tra Settecento e Ottocento.

Il testamento di Ferdinando Raggio, prozio di Battina, all’asta su Ebay

Una curiosità: su Ebay sono in vendita fino al 4 maggio documenti e alberi genealogici della famiglia Raggio. Questo che vedete nella foto sottostante è un l’albero genealogico originale manoscritto databile attorno al 1.700.
Rappresenta i rami della famiglia a partire da Giovanni Battista, nato nel 1588. <Molti membri si trasferirono a Roma, tra di essi numerose suore, cardinali e il Tesoriere della reverenda Camera Apostolica> si legge nell’inserzione. Viene unito anche il documento manoscritto della fine del 1700 riguardante proprio una parte dell’eredità del prozio di Battina, Ferdinando Raggi, morto nel 1784.

raggio

Il vendita anche questa acquaforte seicentesca che ritrae il marchese e patrizio genovese Giò Batta Raggi ed è tratta dal libro “Scena d’Huomini Illustri d’Italia del Co: Galeazzo Gualdo Priorato, Conosciuti da lui singolari per Nascita, per Virtù, e per Fortuna. Al Serenissimo Prencipe Giovanni Pesari Doge di Venezia, & c.”

Gio Battista raggio

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