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Guerra del latte, Cisl chiede soluzioni concrete: “Col boicottaggio si rischiano 80 posti di lavoro”

Maestripieri: <Subito l’impianto di pastorizzazione per fare del nostro latte una bandiera di alta qualità creando al contempo nuovi posti di lavoro e tutelando e valorizzando un prodotto del territorio che merita di essere qualcosa di più di una merce pagata con pochi spiccioli da una multinazionale straniera>
latte fresco

Boicottaggio Parmalat-Lactalis: 80 posti di lavoro potenzialmente a rischio se calano troppo le vendite. <Tre anni e mezzo fa, quando Lactalis chiuse la Centrale del latte dicemmo che a rischio prima o poi ci sarebbero stati anche i produttori – dice Luca Maestripieri, segretario Cisl Genova -.  Avevamo detto che a essere a rischio, anche se l’azienda all’epoca forniva ampie rassicurazioni circa la continuità dei contratti di fornitura del prodotto, non erano solo i dipendenti della centrale, ma anche gli allevatori e le cooperative dell’entroterra genovese. Ora, in tutta Italia, Lactalis non rinnova i contratti e sulla stampa francese si legge che lo fa perché altrove, in Europa, il costo di acquisto dai produttori è inferiore del 20/30%. È chiaro che, a fronte di questo, la nostra preoccupazione corre anche ai lavoratori genovesi di Lactalis e quelli dell’indotto: coloro che consegnano il latte alle latterie e ai supermercati, ad esempio. Il boicottaggio lanciato sui social in questi giorni va a colpire anche loro e questo i consumatori devono tenerlo presente: c’è in ballo la sopravvivenza di 80 famiglie genovesi. Non siamo così sciocchi da credere alla favola del latte cinese – la Cina, casomai, non copre il proprio fabbisogno e ne importa – e per ora l’azienda utilizza comunque latte italiano che copre il 100% della produzione di latte fresco che non può viaggiare molto e deve essere confezionato entro 48 ore. Noi crediamo che un boicottaggio sull’onda emotiva aggiungerebbe danno al danno: nuovi disoccupati i cui problemi si sommerebbero a quelli degli agricoltori sul territorio. Presso la piattaforma Parmalat di Bolzaneto lavorano infatti 50 agenti con contratti atipici del terziario e 27 dipendenti diretti>.
<Occorre ragionare a mente fredda – prosegue il segretario Cisl -, non farsi travolgere dall’emotività e creare un piano che ci consenta in tempi medio-brevi di uscire dall’empasse e, se lo desideriamo, affrancarci dalla multinazionale francese perché così rischiamo solo di creare nuova disoccupazione. La vera misura che bisogna prendere è quella di creare una filiera genovese del latte che possa assorbire prodotto e occupati e per questo è necessario il pastorizzatore. Bisogna creare le condizioni per creare sul territorio un impianto di pastorizzazione che possa allungare la vita del latte prodotto dalle stalle genovesi. I produttori non sono attrezzati per trasporto e pastorizzazione ed è anche per questo che si sono trovati a dover gettare il latte nelle porcilaie: non sarebbe durato un giorno. Dobbiamo fare del nostro latte una bandiera di alta qualità creando al contempo nuovi posti di lavoro e tutelando e valorizzando un prodotto del territorio che merita di essere qualcosa di più di una merce pagata con pochi spiccioli da una multinazionale straniera. Per questo, lanciamo un appello alle istituzioni: a differenza di tre anni fa non dobbiamo stare fermi in attesa che passi l’onda del clamore mediatico senza fare niente. Occorre creare le condizioni perché parta al più presto l’impianto di pastorizzazione>.

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