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Hitchock regista per caso, una carriera cominciata a Genova

di Michela Serra

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“A young man with a master mind”. Questa frase pubblicata dal London Daily Express è l’epilogo della nostra storia. Raccontra di un film acclamato, di un maestro del cinema tornato a Londra senza una sterlina in tasca e di Genova. Correva l’anno 1925: il ventisettenne Alfred Hitchock non era altro che uno sconosciuto senza fama né gloria, e senza la minima intenzione di girare un film. Invece il destino, chiamiamolo così, decise diversamente e si presentò sottoforma di telefonata. <Le piacerebbe dirigere un film?>. Questa domanda posta dal produttore Michael Balcon, diede inizio alla sfolgorante carriera di colui che cambiò per sempre il cinema. Ma cosa centra Genova? Ecco che ci arriviamo. Il film in questione era “The pleasure garden” (il giardino del piacere, che in Italia divenne “Il labirinto delle passioni”), un’opera tratta dal romanzo di Oliver Sandys. Una produzione anglo-tedesca che prevedeva la realizzazione di alcune scene in Italia. Una troupe ridotta all’osso partì dunque da Monaco di Baviera per arrivare in Italia: Hitchock accompagnato da Alma Reville, fidanzata, aiuto regista e supporto morale, l’attore principale Miles Mander, il direttore della fotografia e il barone italiano Giovanni Ventimiglia sbarcarono a Genova.E proprio nel nostro paese ne capitarono di tutti i colori: la casa di produzione tedesca aveva imposto di far passare la cinepresa senza dichiararla per risparmiare. E poi gli avari saremmo noi! I doganieri non la scovarono, ma trovarono la pellicola – non dichiarata – e la sequestrarono. L’arrivo a Genova dunque non fu dei più fortunati dato che la troupe non aveva un solo metro di pellicola e, come se non bastasse, era pure domenica. Il gruppo prese alloggio all’Hotel Bristol. Avete presente le scale? Vi ricordano qualcosa?
Hotel_Bristol_Palace_Genova_scala_2014
Fu così che la pellicola sequestrata venne restituita, ma non senza pagare una tassa. Sfortunato con i soldi, Hitchock fu anche derubato mentre dormiva in albergo. Bottino? diecimila lire. Tra disavventure, aneddoti e la costante invariabile della sfiga, la scena venne finalmente girata. <Nel porto di Genova avremmo filmato la partenza di una nave. Questa partenza l’avremmo girata con una macchina da presa sulla banchina e un’altra sul ponte della nave. Poi la nave si sarebbe fermata per far scendere gli attori e l’operatore avrebbe dovuto riprendere le persone che salutavano> – disse nella celebre intervista a Francoise Truffaut, pubblicata in seguito con il titolo “Il cinema secondo Hitchock”.
Le peripezie non mancarono neppure durante il soggiorno sanremese, durante il quale l’attrice londinese che doveva tuffarsi in acqua non non si tuffò a causa del ciclo mestruale, la sua sostituta un po’ troppo in carne non riusciva a essere salvata dall’attore protagonista perchè non era in grado di reggerla e così via. Insomma, il giovane Hitchock non ebbe vita facile in Liguria. Alla fine della lavorazione il regista in erba tornò in patria senza un soldo in tasca, ma il film fu accolto bene dalla critica. Da quel giorno lontano sono passati molti anni, è cambiato il secolo e anche il millenio, ma Genova per i registi ha mantenuto quel fascino che nei giorni è mutato senza perdere la propria bellezza. Basti pensare alle pellicole degli anni settanta, ai poliziotteschi, ai geni della pellicola che hanno scelto i carrugi come set naturale per i loro film. Passando da Hollywood, da Bollywood fino a oggi: la prossima volta che vedremo la nostra Genova su uno schermo sarà in un film cinese. Proprio durante la settimana appena trascorsa l’estremo oriente è sbarcato in centro città dove sono state girate alcune scene d’azione per la quale Genova si presta tanto bene, anche se forse non avrà il fascino che seppe donarle quel “young man with a master mind”.

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