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Genova tenebrosa, la “casa dello studente”

Oggi passandoci davanti l’aspetto appare del tutto inoffensivo. L’idea della tortura e del dolore richamano paesaggi foschi, tetri castelli e torri sinistre. La casa dello studente di Genova non ha nulla di tutto questo. Anzi, quei quattro studenti che chiacchierano fuori appoggiati alla ringhiera e si fumano una sigaretta donano qualcosa di fresco e simpatico a quella costruzione che nei tratti, quelli sì ci riporta al tipico stile vittoriano.

Eppure c’è stato un tempo in cui la “casa dello studente”, costruita tra il 1932 e il 1935, già ai tempi con la funzionalità attuale con tanto di spazi ricreativi e culturali diventò un simbolo che parlava di paura e di morte.

 

Poco dopo la sua costruzione venne rinominata “casa del fascista” e con la guerra diventò uno dei punti nevralgici della repressione nazifascista a Genova.

A quei tempi, ovviamente, la strada intitolata oggi ad Aldo Gastaldi aveva un nome diverso, era intitolata a Giulio Cesare e lì davanti ci si passava il più velocemente possibile.

 

Il crescendo storico che la fece diventare uno dei più sinistri e famosi centri di tortura di tutto il nord Italia parte con le brigate nere che portavano avversari politici e personaggi indesiderati nelle prigioni della struttura (già predisposte nel piano di costruzione) per pestaggi umiliazioni varie come quella dell’olio di ricino.

Con l’occupazione tedesca, le barbare abitudini diventano una micidiale catena di orrori tanto che l’edificio verrà rinominato senza troppi giri di parole “La casa della tortura”.

 

In un preciso articolo di ricostruzione sul giornale online “Senza tregua” Andrea Merialdo e Edoardo Genovese spiegano precisamente come gli studenti ormai fossero un lontano ricordo e l’edificio fosse ormai diventato uno dei tasselli della macchina oppressiva insieme al carcere di Marassi, alla Questura e a Forte S. Giuliano. Sotto il comando di Otto Kaess affiancato da gerarchi fascisti e repubblichini la “casa” era strutturata in tre sezioni tre sezioni: spionaggio industriale e commerciale – lotta a comunisti, partigiani, ebrei, clero – spionaggio offensivo. La seconda sezione era ulteriormente divisa in ufficio controspionaggio – reparti antipartigiano, ebrei, comunisti, criminali – spionaggio cittadino – carcere.

 

Il carnefice era Frederich Wilhelm Konrad Siegfrid Engel meglio conosciuto come il “boia di Genova” primo esecutore delle torture e dei supplizi nonché colui che ordinò la strage della Benedicta (147 partigiani fucilati), del Turchino (52 partigiani uccisi), di Portofino (22 partigiani fatti annegare gettandoli in mare legati a grosse pietre) e di Cravasco (20 antifascisti trucidati).

 

Nella “Casa” le celle erano piccole e basse, senza letti e si doveva convivere con i propri escrementi. Chi arrivava lì era perché per particolari motivi si riteneva dovesse passare sotto la “cura” di Engel.

Gli strumenti di tortura erano come quelli di un dottore. Engel strappava le unghie con delle tenaglie, oppure applicava elettrodi per scaricare sui prigionieri potenti scariche elettriche. Si potevano spaccare le ossa delle mani e delle gambe con terrificanti martellate o scarnificare con affilatissimi bisturi. Morirono centinaia di persone così alcuni noti ma tantissimi sconosciuti che non superarono la prova del “Boia”.

 

Ci fu anche chi sopravvisse e tra questi il primo sindaco della Genova post bellica, Vannuccio Faralli.

 

Le celle vennero murate e per molti anni non si parlo più di quel posto e di quello che vi era accaduto. Solo nel 1972 vennero riabbattuti i muri e si cominciò a lavorare per restaurarle e renderle un luogo del ricordo e della memoria.

 

Una lapide ricorda quel periodo e quelle atrocità.

 

I martiri qui sofferenti per la Giustizia la ricordano Casa delle torture ove la barbarie fu vile nella ferocia. I Posteri memori delle cure e dei dolori la consacrano Tempio della Patria redenta e libera per il sacrificio dei figli. La città di Genova nel LXXIV anniversario della morte di Giuseppe Mazzini – X marzo MCMXLVI».

 

Engel, il boia di Genova morì nel 2006 ad Amburgo all’età di 94 anni. Pur condannato a sette anni di reclusione per la sua avanzata età non fece neppure un giorno di carcere.

 

 

 

 

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