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La “cortina di nebbia” sul delitto di Nada Cella

Ricostruire il delitto di Nada Cella è un atto dovuto alla memoria di una vittima che non ha ancora avuto giustizia. A 19 anni di distanza l’omicidio avvenuto il 6 maggio 1996 a Chiavari in via Marsala 14 resta un rebus insolubile come la trama di un film di Alfred Hitchcock, un “delitto perfetto” scaturito dalla mente di un genio criminale oppure dall’assolutamente casual concatenarsi dei fatti. Nada Cella il giorno del suo omicidio ha 24 anni e lavora da 5 anni come segretaria nell’ufficio del commercialista Marco Soracco, 34enne, cattolico praticante e scapolo. Soracco abita nello stesso palazzo al terzo piano sopra il suo ufficio con la madre Marisa Bacchioni e la zia Fausta che è dirimpettaia. Quella mattina Soracco, alle 9.10, leggermente in ritardo rispetto al consueto orario apre la porta dello studio e sente suonare il telefono. Alza la cornetta ma dall’altra parte del cavo hanno già riattaccato.

A una seconda telefonata risponde e si libera del cliente in pochi minuti. Nel frattempo, si era già posto una domanda che lo lasciava perplesso: “Perché non risponde Nada?” Messo giù il telefono il commercialista esce dal suo ufficio e va verso quello della segretaria e qui si apre davanti a lui la sconvolgente scena del delitto: sangue ovunque, Nada a terra rantolante, le braccia le gambe gli tremano, un quadro in cui il primo pensiero che passa per la testa di Soracco è che la sua segretaria sia stata colpita da un ictus. Alza il telefono e chiama la madre quindi immediatamente dopo la Croce Verde chiavarese. Nessuno ha dei dubbi sulle cause di quelle ferite e del sangue, che imbratta tutto l’ufficio di Soracco e anche il vano delle scale quando gli operatori dell’ambulanza la portano via verso l’ospedale di Lavagna, tanto che la madre del commercialista si preoccuperà di pulire tutto compromettendo così tutte le tracce potenzialmente presenti sulla scena del crimine.

Nada muore all’ospedale S. Martino alle 15 di quel pomeriggio dopo che tutti i tentativi di salvarla (gli vengono tagliati i capelli, la liberano da camicetta e fuseaux) compromettono altri elementi dove potevano essere celate delle tracce. La ricostruzione della Polizia, ascoltati diversi testimoni, è questa: la ragazza quella mattina arriva presto in ufficio, alle 8.35, l’ultima persona che la vede viva prima dell’assassino è Luciana Signorini, 36 anni, con gravi problemi psichici abitante nello stesso palazzo che ricorda perfettamente l’orario perché è lei stessa a chiederlo a Nada. Le analisi della Scientifica stabiliscono che qualche minuto prima delle 9.00 la segretaria accende e usa la stampante. Restano 10 minuti dal momento in cui Soracco entra nello studio perché l’omicida compia il delitto e riesca a fuggire senza essere notato.

E’ un caso complesso, le tracce cancellate concedono tempo prezioso all’assassino, gli inquirenti si aggrappano a tutto, un asciugamano sporco nella casa di Luciana Signorini fanno convergere per qualche ora i sospetti sull’uomo ma la pista si rivela fasulla, un bottone trovato nell’ufficio che non appartiene né ai vestiti di Nada né a quelli del suo datore di lavoro appare una pista percorribile ma per poco. Un piccolo anello trovato sempre nell’ufficio fa pensare a un omicidio al femminile per questioni di gelosia ma anche questa pista dura poco.

Neppure l’arma del delitto si trova. Un tubo o un bastone con all’estremità una piccola protuberanza, le 15 ferite subite dalla ragazza, in particolare una profonda al pube è provocata “dalla punta” di qualcosa. Se l’assassino è riuscito a fuggire dal palazzo e ha buttato l’oggetto nel bidone della spazzatura la ricerca è ormai vana perché il camion della raccolta dei rifiuti è passato pochi minuti dopo il fatto di sangue. Alla fine, il grande indagato è il commercialista Marco Soracco, sottoposto a estenuanti interrogatori e raggiunto dopo qualche giorno dal delitto dall’avviso di garanzia. L’opinione pubblica si divide in “innocentisti” e “colpevolisti”, i primi, soprattutto chi lo conosce di persona, escludono che nella tempra e nella cultura di

Soracco ci sia un istinto capace di fargli commettere un simile gesto, chi opta per la colpevolezza è particolarmente irritato dalla calma e dallo stile compassato con cui Soracco racconta la sua versione, considerato sospetto. Il fatto è che dopo giorni di verifiche e interrogatori la sua versione tiene e più passa il tempo più gli inquirenti si convincono della sua estraneità al delitto. Anche il giornalismo d’inchiesta si occupa del delitto: emerge che Soracco avrebbe detto a un amico qualche giorno prima del delitto “Che sarebbe scoppiata una bella botta e che Nada se ne sarebbe andata” così come emerge che Nada il sabato precedente quel tragico lunedì si sarebbe recata in ufficio nonostante fosse chiuso.

Come racconta la madre di Soracco che la incontrò Nada si fece scivolare nella borsa un misterioso floppy disk che non è mai più stato ritrovato e rispondendo alla Bacchioni che le chiedeva perché era lì risponde che voleva sentire il commercialista per delle informazioni date a un cliente. Nada telefonò sotto gli occhi della donna a Soracco ma quest’ultimo ricordò dopo che la stessa informazione la segretaria gliela aveva chiesta qualche giorno prima. Cosa conteneva quel dischetto?

Misteri e tracce che in questa storia non riescono ad acquisire il peso di una prova o anche di un semplice indizio. Le storie di Nada, la vittima, e di Marco, il principale sospettato, sembrano uscire da un romanzo crepuscolare. Due persone tranquille, equilibrate, senza grilli per la testa, connotati anche psicologicamente nella dimensione di quella provincia “mancata” fatta di buone maniere e riservatezza. Lei, ragazza semplice e schietta, di “quelle di una volta”, carina ma nessun fidanzato, una vecchia storia con un uomo di 10 anni più vecchio di lei ma lontana negli anni (comunque lui aveva un alibi di ferro per il giorno del delitto); lui, pacato, calmo, una militanza politica nella DC e un corso di ballo liscio come svago.

Secondo le amiche di lei tra loro intercorreva rispetto ma non amicizia, Nada pensava a un futuro fuori da quell’ufficio ma anche questo stava nella normalità per una ragazza di 24 anni. Nel 1997 la Procura di Chiavari archivia definitivamente la posizione di Soracco. Si riparlerà di quel delitto diverse volte: quando viene arrestato nel 1999 Sergio Truglio che assassinò nelle colline di Uscio la prostituta Giordana Matic. Si scoprirà che l’omicida conosceva Nada che frequentava con altri amici ad Alpepiana, il paese originario della famiglia di lei. Le ricerche condotte porteranno ad un nulla di fatto così come quando nell’ambito dell’inchiesta “Kanun” per associazione e sfruttamento della prostituzione nel 2004 vengono indagati due albanesi che all’epoca dei fatti abitavano nella palazzina di via Piacenza dove vivevano a Chiavari Nada e la madre.

Nel 1999 mentre veniva via dal cimitero dove è seppellita la ragazza morì il padre Bruno in un incidente stradale seguito dall’infarto che lo aveva colto mentre era alla guida dell’automobile.

Restano a mantenere la memoria di questo terribile fatto la sorella e la madre di Nada che rimangono l’ultima finestra di luce aperta su un omicidio che negli anni diventa sempre più remoto e lontano e l’assassino libero dalla terribile colpa di quel tragico giorno che inghiottì la piccola e imprendibile verità del mistero di quel delitto.

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