La movida dei chupiti

Il video e il racconto di una ordinaria notte di alcol e baccano

A11221691_721777267949654_1576379338548951760_o(Un giovane ubriaco vomita all’incrocio tra via San Bernardo, piazza Ferretto e via San Donato, epicentro della movida dei chupiti – Foto di Roberto Bobbio)

 

Monica Di Carlo
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Genova, “Rive Gauche”, esterno notte. Il protagonista è il chupito, il “colpo”, lo “shottino” che consiste in un bicchierino di superalcolico bevuto tutto d’un fiato. E magari fosse solo uno. Sono almeno due o tre. Ubriachezza garantita a 3 euro, meno di quanto si paghi un solo cocktail decente in un qualsiasi locale. Così, l’area che sta tra nel triangolo tra via San Lorenzo, piazza delle Erbe e piazza San Giorgio, denominata, appunto, la “Rive Gauche” della città, perde tutta la sua poesia e si distilla (è il caso di dirlo) in ubriachezza molesta e schiamazzi ogni maledetta notte. Insomma, chi ha le finestre che si affacciano in salita Pollaiuoli, via San Donato, piazza Ferretto o sul primo tratto di via San Bernando non dorme. Mai. Perché nell’epicentro della movida non esisteno domenica o festa comandata. La caciara è un appuntamento fisso sette giorni (anzi, sette notti) su sette. Inizia col via vai di persone di ogni età, poi, verso mezzanotte, vira bruscamente verso una fascia anagrafica che sta tra l’adolescenza e i primi anni di Università. È verso quell’ora che i ragazzi ubriachi gridano, cantano e, quando la ciucca non è “allegra”, litigano e si picchiano tra di loro. Qualcuno porta con sè uno stereo che diffonde musica “techno” senza badare ai decibel e alle esigenze di chi vive lì e, passate le 23, vorrebbe dormire perché l’indomani deve lavorare. Non può, però, perché se non è la discoteca “on the road” sono i colpi nelle serrande chiuse e se non sono questi sono le urla. Intendiamoci, nessuno vuol tornare indietro ai tempi in cui nel silenzio si udivano solo i rantolii dei tossici che morivano nei bassi e le sirene delle ambulanze che correvano per i carruggi per raggiungere in tempo chi senza una fiala di Narcan sarebbe morto. Gli spacciatori ci sono anche adesso. Non sono più italiani ma, spesso, magrebini o senegalesi. Lo spaccio 2.0, in realtà, viene effettuato da cavalli anche italiani, giovanissimi, che lavorano per gli stranieri e grazie alla loro età si confondono con i forzati della movida. Chiaro che l’offerta va dove c’è la domanda. Bei tempi, ironizza qualcuno, quelli in cui lo spacciatore agiva nel più assoluto silenzio. Il problema esiste e lo si legge senza difficoltà nelle pupille dilatate degli zombie carichi di droga e di rum “cancarone” che vagolano anche fino alle cinque del mattino cercandolo il bandolo della lucidità perduta nell’intricata matassa dei vicoli. C’è chi grida, chi piange, chi vomita. Chi cade in coma etilico e viene raccattato dal primo passante un po’ meno sbronzo che chiama i soccorsi.
Tutto questo ha una causa ben precisa, un nome: mini market. A fronte di un unico locale italiano che vende chupiti a un euro, c’è almeno una quindicina di negozi gestiti da orientali. Ora si ingegnano anche a offrie panini, diventando così artigiani alimentari. Recentemente, hanno capitolato altre due botteghe italiane una delle quali, a dir la verità, si comportava esattamente come gli stranieri, perfezionandone la tecnica: vendeva chupiti a 50 centesimi a chi ne comperava almeno due. Basta dare un’occhiata in giro per capire che le vetrine degli esercizi che non rispettano le regole si sono moltiplicate. Aprono l’una dopo l’altra. Hanno una doppia vita: di giorno rispettabili negozi di alimentari dove si comperano cipolle, piselli in scatola e riso basmati, la notte dispensatori di superalcolici a basso costo. Non si fermano nemmeno davanti ai minorenni, nè all’orario imposto (i negozi devono smettere di vendere alcol a mezzanotte), nè al divieto di effettuare mescita. Venerdì scorso una pattuglia del Reparto Commercio della polizia municipale ha pizzicato il mini market “Tequila” (che sta di fronte al locale con lo stesso nome) riuscendo ad eludere le vedette che tutti i negozi hanno per avvertire dell’arrivo dei controlli e fare in modo che la “divisa” di turno si trovi davanti a un ragazzo ubriaco che, d’improvviso, alle due di notte, ha sentito il bisogno insopprimibile di acquistare una scatoletta di tonno o un litro di latte a lunga conservazione. Ma venerdì gli agenti sono stati più veloci del sistema di allerta e hanno beccato il venditore con le mani sulla bottiglia. Il locale è stato sanzionato per la vendita fuori orario, ma la “bolletta” non deve averlo spaventato più di tanto, visto che stanotte, dopo le mezzanotte, faceva esattamente la stessa cosa. Non è stato difficile appurarlo, è bastato sistemarsi davanti alle porte e vedere decine di ragazzi entrare a mani vuote e uscire col bicchiere pieno. L’alcol (birra e liquori) scorre a fiumi e invade le vene di chi non ha i quattrini per passare una serata nei locali della riviera. D’estate, il numero dei “movidari” diminuisce, ma, di norma, restano i peggiori, quelli più disposti a ubriacarsi di alcol di bassa qualità a prezzo stracciato piuttosto che a sedersi al tavolino di un bar per degustare un buon vino o bere un cocktail ben fatto. I frequentatori “regolari” restano, appunto, confinati ai tavolini di piazza delle Erbe, mentre loro, invece, sciamano caracollanti alla ricerca di un vicolo più buio e isolato dove svuotare la vescica. Non si fanno, però, scrupolo, alla bisogna, di disporsi in batteria per pisciare contro l’inferriata della chiesa di San Donato, in vico dei Biscotti, dove rivoli di orina seguono la pendenza della strada per formare, alla fine, le pozze maleodoranti che rappresentano, dopo il rumore, il secondo incubo ad occhi aperti dei residenti insonni. Loro, gli abitanti, affacciandosi alla finestra per prendere almeno una boccata d’aria, si trovano spesso davanti allo “spettacolo” di qualcuno che si vomita sulle scarpe o vengono investiti dal tanfo di escrementi. Il livello di tolleranza è stato superato da un pezzo e così c’è ora chi non si limita più a rassegnarsi alle finestre chiuse quando ci sono 30 gradi o ai tappi per le orecchie. L’altra sera, un gruppo di ragazzotti caciaroni è stato fatto segno di secchiate d’acqua gelida, bottigliette vuote e persino di un bicchiere. Due settimane fa, da una finestra è volato un cassetto, gettato in un impeto di rabbia da chi non sapeva più come far smettere di gridare la chiassosa e brulicante folla di ubriachi sotto le proprie finestre. I residenti sono esasperati e la tensione ormai è palpabile. Si rischia lo scontro, sfiorato già in più di un’occasione. Perché i giovinastri “impetroliati” sfidano gli abitanti insonni a scendere e a farsi le proprie ragioni. Qualcuno già lo ha fatto a parole, ma non ci sarebbe da stupirsi se prima o poi i contendenti venissero alle mani. Nel frattempo, i commercianti contrattano il nuovo regolamento che dovrebbe incidere su questo spiacevole e ormai annoso fenomeno che, a dire il vero, è protagonista di mese in mese di un escalation del numero dei venditori di chupiti. Tursi lo ha esteso a tutta la città, Fepag Ascom sostiene, in soldoni, che l’amministrazione ha buttato il bambino con l’acqua sporca e cerca di convincere gli assessori a limitare le restrizioni alla “Rive Gauche” del centro storico e a Sampierdarena, dove si danno convegno i sudamericani. Agli occhi di abitanti e commercianti è evidente, comunque, che nessuna regola vecchia o nuova servirà a qualcosa se non ci saranno controlli massicci. Perché di sospensioni della licenza negozi e locali stranieri ne hanno già buscate, ma la sanzione è troppo piccola per convincerli a desistere. I residenti riesumano la vecchia formula di “colpirne uno per educarne cento”, cioè cominciare con le chiusure (che possono essere decise solo dalla Questura) sperando che gli altri si adeguino. Stasera per la zona, probabilmente a seguito di quanto è successo la notte precedente, girava una pattuglia congiunta in borghese di polizia e polizia municipale del Reparto Commercio. C’era, inoltre, una pattuglia dei carabinieri. Gli abitanti chiedono a gran voce un corposo presidio fisso in divisa per dissuadere i ragazzi. Perché questo sono: solo giovanissimi in cerca dello sballo da alcol. Non delinquenti rotti a ogni esperienza, ma soggetti verosimilmente sensibili a una ramanzina ben fatta. Studenti che nelle prime ore della mattina tornano a casa in auto o in scooter con tassi alcolici che sarebbero in grado di fulminare qualsiasi alcolimetro portandolo a fondo scala, rischiando così la vita ogni sera.

Ieri notte abbiamo partecipato anche noi alla movida realizzando un video con le interviste a titolari di locali e rappresentanti di categoria per mostrare quale è la situazione in quella zona del centro storico ogni sera.

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