Alessandro Gandolfi a “La Settimanale di fotografia”

Alessandro Gandolfi, fotoreporter di National Geographic, è il protagonista del secondo appuntamento de “La Settimanale di fotografia”.
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L’appuntamento è domani, mercoledì 13 maggio, nella Sala Munizioniere di Palazzo Ducale, a Genova, a partire dalle 19.

Dopo il grande successo della prima serata, in cui il fotografo di moda Settimio Benedusi ha riempito la Sala Munizioniere, mercoledì prossimo sarà la volta di Alessandro Gandolfi, fotoreporter freelance, noto per le sue collaborazioni con uno dei magazine più importanti del mondo: National Geographic.

Nasce come giornalista di Repubblica, ma passa presto dal raccontare storie con la penna a raccontarle con la macchina fotografica.

Vincitore per due volte del National Geographic’s Best Edit Award, Gandolfi fonda, nel 2007, insieme ad alcuni colleghi l’Agenzia fotografica Parallelozero con l’intento di condividere e far conoscere attraverso la fotografia storie da tutto il mondo, convinto che solo così si possano smantellare gli stereotipi e dare a tutti la possibilità di cambiare la loro prospettiva sulle cose.

Con Parallelozero, Gandolfi ed altri grandi fotogiornalisti organizzano viaggi fotografici e workshop di alto livello. Abbiamo fatto ad Alessandro alcune domande nell’attesa di sentirlo parlare a La Settimanale mercoledì prossimo.

C’è qualcosa nei tuoi ricordi ( un’immagine, un episodio, una persona ) che vede legate Genova e la fotografia?
Ero venuto a Marassi in trasferta seguendo il Parma, da ragazzo (sono nato a Parma e tifo Parma). Ma fotograficamente Genova mi rimanda all’Acquario, che visitai poco dopo l’inaugurazione nel ’92, e successivamente
– credo fosse il 2002 – fotografai per la rivista delle Ferrovie dello Stato. Scoprii, tardi, una città densa e mediterranea che non conoscevo, ma che ho visitato più volte negli anni successivi. Ma quando penso a Genova, non so perchè, mi viene sempre in mente la foto di palazzo San Giorgio che fece Mike Yamashita per il National Geographic raccontando in più puntate l’epopea di Marco Polo. Ecco, per me Genova è una specie di Venezia sul Tirreno, meno bella (forse) ma più concreta… In fondo Marco Polo partì da Venezia ma dettò il Milione a Genova.

Tu nasci come giornalista, poi sei passato al fotogiornalismo: perché questa scelta?
La prospettiva era di vivere in una redazione, perlopiù di fronte a un computer, a titolare articoli o scrivere pezzi al telefono. Poca speranza di uscire, di viaggiare, di vedere il mondo con i miei occhi. Così ho preso la decisione di mollare il giornalismo solo scritto e di provare a raccontare storie anche con le immagini…

Lavorare per National Geographic è il sogno di tutti i fotografi, raccontare storie da tutto il mondo. Quali pensi siano le caratteristiche che deve avere un fotografo per poter lavorare per un a rivista così importante?
Inventiva, determinazione, pazienza, oltre a qualità di fotografia che si sposano con lo stile della rivista.

-Con cosa scatti le foto di famiglia?
Con ciò che capita, ma raramente la macchina che uso per lavoro. Banalmente, l’iPhone…

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