Morte di Roberta Repetto, il Procuratore generale chiede la condanna a 16 anni per Bendinelli e a 14 per Oneda

In primi grado i due furono condannati a 3 anni e 4 mesi per omicidio colposo, per il procuratore generale della Corte d’Appello si tratta, invece, di omicidio volontario con dolo eventuale: «Roberta è stata vittima di manipolazione, di disinteresse, di abbandono e di indifferenza come Marco Vannini»

Oggi la seconda udienza dopo la prima che si era tenuta a luglio presso la prima sezione penale della Corte d’Assise d’Appello Imputati il medico Paolo Oneda e il “santone” del centro Anidra Paolo Bendinelli. Entrambi, in primo grado, sono stati condannati per l’omicidio colposo di Roberta Repetto, la quarantenne che faceva parte della comunità e che è morta nel 2020 a causa delle metastasi che si erano sviluppate dopo l’asportazione di un nevo nella cucina del centro, senza alcun esame istologico successivo. La donna era stata “curata” solo con tisane e meditazione e il tumore l’aveva divorata, portandola alla morte.

Il pm Gabriella Dotto, in primo grado, aveva chiesto 14 anni di reclusione per Oneda, ritenendolo responsabile di omicidio volontario in concorso con Bendinelli, per cui erano stati chiesti 16 anni di reclusione, due in più perché all’accusa in comune col medico erano state aggiunte quelle di maltrattamenti, violenza sessuale e circonvenzione di incapace. La sentenza di primo grado, invece, ha derubricato tutto in “omicidio colposo” e la Procura aveva presentato ricorso in appello.
Ora, il Procuratore generale rilancia le accuse. Durante la requisitoria ha detto che la quarantenne che ha perso la vita è stata stata «vittima di manipolazione, di disinteresse, di abbandono e di indifferenza come Marco Vannini».
Per la morte del 19enne Vannini, colpito da un proiettile partito accidentalmente dalla pistola del padre della fidanzata, erano stati condannati l’uomo che ha fatto partire accidentalmente il colpo, Antonio Ciontoli, a 14 anni di reclusione, la moglie e i figli a 9 anni e 4 mesi. L’impianto accusatorio si era basato sul fatto che il ragazzo fosse morto a causa dei ritardi nella chiamata ai soccorsi, posizione aggravata dalle omissioni della famiglia Ciontoli sul caso.
La Procura ha chiesto l’assoluzione della psicologa Paola Dora, assolta in primo grado. In merito a questo la famiglia Repetto, in una nota, ha fatto sapere che «pur accettando quanto deciso dal Tribunale, si riserva di procedere in sede civile nei confronti della stessa e spera che l’Ordine Nazionale degli Psicologi analizzi dal punto di vista deontologico il comportamento di Paola Dora come descritto nelle motivazioni della sentenza di primo grado».
«Continuiamo ad avere fiducia nelle Istituzioni – prosegue la famiglia -, sperando che Roberta ottenga la giustizia che merita e che venga riconosciuto l’omicidio volontario per i due imputati».
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