Oggi a Genova 

Mahomoud ucciso perché chiedeva gli stipendi arretrati e aveva deciso di licenziarsi per andare a lavorare altrove

Il ragazzo ucciso il 23 luglio scorso, quindi mutilato dai suoi datori di lavoro e gettato in mare, aveva confidato all’ex principale che aveva trovato un altro posto, sempre come parrucchiere, a Pegli, e che si sarebbe licenziato, chiedendo il saldo degli emolumenti non pagati

Mahomoud Abdalla era molto amato dai clienti. Avrebbe confidato al suo vecchio datore di lavoro (con negozio in via del Campo, dove il diciannovenne aveva lavorato fino alla fine dello scorso anno) che si sarebbe licenziato perché aveva trovato un nuovo lavoro presso un negozio del quartiere di Pegli. Secondo il testimone, anche lui egiziano come la vittima e i presunti assassini, i due oggi accusati dell’omicidio, che gestivano un negozio a Sestri Ponente, via Merano, e uno a Chiavari, in via Dante temevano che quel ragazzo così benvoluto si portasse via i clienti e che questi lo avrebbero seguito nella barberia che lo avrebbe assunto, non lontano dal negozio genovese di Ahmed Gamal Kamel Abdelwahab, detto Tito, e Mohamed Ali Abdelghani, detto Bob.

I carabinieri del comando provinciale, agli ordini del colonnello Michele Lastella e del maggiore Francesco Filippo, coordinati dal sostituto procuratore Daniela Pischetola, hanno accertato che Tito e Bob hanno attirato il giovane Mahomoud in un appartamento di via Vado, a Sestri, forse con la scusa di saldare il conto degli stipendi non pagati. Il diciannovenne, il 19 giugno scorso, in occasione di un accertamento di routine della Guardia di Finanza nel negozio dei due egiziani, avrebbe dichiarato di lavorare in nero. L’appartamento sarebbe una casa dormitorio per i dipendenti, chiamati a pagare una somma per l’alloggio. Altri ragazzi vivevano, come Mahomoud Abdalla, nella casa. «L’intera vicenda adombra la volontà dei due di imporre sui ragazzini appena usciti di comunità e assunti nelle loro barberie, il controllo così da dimostrare a tutti l’impossibilità di discostarsi dai loro voleri – ha scritto il gip nell’ordinanza di custodia cautelare che conferma il carcere per Tito e Bob -. Le mutilazioni sono segnali per intimidire. Entrambi sono soggetti callidi, dotati di una non comune capacità organizzativa poiché nel giro di qualche ora, con estrema freddezza, sono riusciti a trasportare il cadavere, ripulire la scena del crimine, nascondere gli effetti personali della vittima, trovare un mezzo di trasporto e decidere come e dove disfarsi di tutto». Possibile che nessuno dei ragazzi si sia accorto di niente? Che non abbia visto né sentito, che non abbia trovato le tracce dell’omicidio? Il giudice definisce la circostanza «Singolare» e ipotizza che «gli stessi ragazzi possano essere stati sottoposti a pressione». Si profilerebbe una sorta di racket dei giovani appena usciti dallo status di minori non accompagnati, bisognosi di un tetto e di un lavoro.

È lì, nella casa di via Vado, che i datori di lavoro del 19enne hanno ucciso il giovane con una mannaia e un coltello in un negozio gestito da cinesi appena due ore prima del delitto, motivo per cui i due egiziani rischiano ora l’aggravante di premeditazione, che significa condanna all’ergastolo in caso di riconosciuta colpevolezza. Avrebbero chiuso, poi, il corpo in una valigia, e avrebbero chiamato un taxi che li portasse fino a Chiavari, dove, alla foce dell’Entella, con freddezza, hanno tagliato la testa e le mani, una ritrovata all’incirca sul posto, l’altra restituita dalle onde sulla spiaggia di Santa Margherita Il corpo è stato trovato a galleggiare nelle acque al largo di Santa Margherita mente della testa non è stata più trovata alcuna traccia. Le mutilazioni sarebbero state messe in atto sia per rallentare l’identificazione del cadavere, sia per lanciare un messaggio agli altri giovani lavoratori.

Poi, secondo quanto scrive il giudice per le indagini preliminari, i due «Sono usciti nella notte per motivi di svago, elemento che smentisce in modo certo che uno dei due avesse agito sotto minaccia o in preda al panico» con «un atteggiamento leggero e privo di pensieri». Sempre il gip sottolinea anche come i due si siano «spartiti in modo quasi scientifico i compiti» dopo aver legato Mahomoud Abdalla e averlo colpito al cuore, all’addome e al fegato, uccidendolo. Avevano pronta la valigia (che al loro ritorno hanno riempito di calce per cancellare ogni traccia) e lì hanno inserito il povero corpo della vittima. Hanno chiamato un taxi come se nulla fosse e si sono fatti accompagnare a Chiavari. Quindi hanno mutilato il cadavere e hanno buttato i pezzi a ponente della foce dell’Entella. Quindi sono andati a divertirsi.

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