Oggi a Genova 

Movida, il Tar: «Un solo verbale di contestazione non basta a chiudere i locali». Sospeso il provvedimento comunale

Uno dei pubblici esercizi del centro storico chiusi per 30 giorni con decisione draconiana della Direzione Commercio del Comune ha ottenuto la sospensiva dell’ordinanza e la motivazione si proietta sulla decisione nel merito del Tribunale Amministrativo regionale prevista per il 28 luglio. Il sindaco Marco Bucci, interpellato in merito ci tiene a sottolineare: «Non sono né contro la movida né contro i locali, ma contro i fenomeni di degrado, ubriachezza e disturbo della quiete pubblica». Gli assessorati competenti, però, hanno avviato, dopo la rivolta degli abitanti, una “soluzione a rastrello” che rischia di naufragare e scontentare tutti: abitanti ed esercenti

Il Birrificio di Genova S.n.c. di via delle Grazie, difeso dagli avvocati Andrea Barra e Andrea Esposito, ha ottenuto la sospensiva del provvedimento di chiusura per 30 giorni, decisa con decreto cautelare della 2ª sezione del Tar. Non è stata, invece ottenuta la sospensiva per la chiusura alle 21 per 6 mesi per la necessità di «contemperare i contrapposti interessi pubblici» proprio perché si è in fase di sospensiva e non di merito. Il Comune, che pure aveva rigettato il 30 giugno la richiesta di annullamento in autotutela presentata ai propri uffici dall’interessato, non si è in questa fase costituito in giudizio.

Il Tar, nel provvedimento, ha specificato che: «Considerato altresì che la chiusura totale del locale nel periodo estivo costituisce di per sé il danno indicato dalla norma azionata, aldilà della quantificazione dello stesso, per il rischio di dispersione della clientela verso altri esercizi»; «Ritenuto altresì, da un lato che le violazioni riscontrate dall’accesso del 16 giugno e l’indicazione di quel solo verbale di contestazione appaiono insufficienti per irrogare la sanzione della chiusura per trenta giorni dell’esercizio» ha deciso di accogliere «la richiesta di sospensione dell’ordine di chiusura dell’esercizio commerciale» confermando l’orario di chiusura alle ore 21 indicato nell’ordinanza» e ha fissato la trattazione collegiale nella camera di consiglio del 28 luglio 2021.

Nel provvedimento di sospensiva è elencata una motivazione che potrebbe essere derimente anche per la decisione di merito: non si può decidere di chiudere un pubblico esercizio per una sola contestazione, anche se a seguito di rilevazione fonometrica. Che poi anche quella potrebbe essere oggetto di ricorsi al Tar.
Quel locale non ha altri locali vicinissimi. La questione diventa ancora più difficile da provare nel caso di locali che ne hanno vicini altri e non si può individuare con certezza quale sia quello che dovrebbe governare i propri clienti all’esterno. C’è poi il fatto che in centro storico ci sono molti gruppi di giovani che si vedono presso un locale (come punto di incontro), ma non sono consumatori di quel bar perché si portano l’alcol da casa dopo averlo comperato nel pomeriggio al supermercato, dove costa meno. Sono stati anche “intervistati” dalla Polizia locale anche alcuni residenti in zona e c’è chi ha dichiarato che non è possibile addossare tutta la colpa del chiasso al locale perché ci sono crocchi di ragazzi con la birra nei sacchetti o negli zaini che si radunano in zona, in piazzetta Barisone.

Gli assessorati comunali competenti a Commercio, Centro storico e Sicurezza, che si sono fatti trovare impreparati al riavvio della movida al termine del coprifuoco (non avendo allestito alcuna forma di prevenzione, alcun piano nei 16 mesi di Covid, quando ce n’era tutto il tempo) sono stati travolti dalle proteste dei residenti. Hanno tentato di allestire così una “procedura d’emergenza” per dare una risposta alle critiche degli abitanti, indirizzate in seconda istanza al Sindaco proprio perché, hanno scritto i cittadini in una lettera aperta, non hanno ottenuto risposte dagli assessori stessi.

Il “piano”, probabilmente assemblato in modo da dare anche una risposta veloce al sindaco Marco Bucci che ha indicato di mettere in atto soluzioni al problema, consiste in rilevazioni fonometriche dalle case dei cittadini reclamanti, interviste ai residenti, controlli della polizia locale ed eventuali sanzioni conseguenti.

Mentre alcuni locali avevano anche pregressi pre covid di vendita di alcol ai minori e sono stati pizzicati a vendere di nuovo alcolici e superalcolici a minorenni, condizioni necessarie e sufficienti per provvedimenti decisi (anche se chiusure così prolungate non sono previste nemmeno dal Tulps, tantomeno in prima battuta nell’anno solare e potrebbero trovare l’accoglimento del Tar), altri sono stati chiusi per 30 giorni solo per una inosservanza amministrativa di lieve entità, ad esempio la mancanza della domanda per l’insegna nel primo giorno di riapertura dopo che l’attività era stata rilevata. Nel caso specifico, il locale di via San Donato (epicentro della mala movida) ha ottenuto dalla Direzione commercio (dopo due settimane di chiusura e una decisa protesta della Fipe Confcommercio e del Civ) la riapertura fino all’una. Ha accettato il danno inferto per evitare contrasti, ma va da sé che un metodo come questo non sta in alcuna regola. Ci sono foto scattate dall’alto che provano che, nell’unica serata di apertura, il locale aveva una guardia pagata alla porta proprio per evitare episodi spiacevoli e che nella strada l’unica area senza assembramenti era proprio quella di quel bar.

Ne è uscita una non soluzione che rischia di non risolvere il problema, non accontentare i cittadini, scontentare sia gli esercenti sia le associazioni di categoria che sono favorevoli alla chiusura dei locali irrispettosi delle regole (perché danneggiano anche i colleghi “sani”), ma certo non accettano chiusure “a rastrello” che colpiscano anche colleghi incolpevoli di azioni contro la vivibilità e la sicurezza urbana.

Il sindaco Marco Bucci, interpellato in merito ci tiene a sottolineare: «Non sono né contro la movida né contro i locali, ma contro i fenomeni di degrado e disturbo della quiete pubblica». Insomma, per esser chiari non è vera quella voce fatta circolare presso i pubblici esercizi e le associazioni di categoria che ascriverebbe a Bucci la responsabilità di aver ordinato di chiudere tutto sempre e comunque. La sua è, invece, una posizione condivisibile che però non sembra trovare efficace riscontro nell’operato degli assessorati. Insomma, la risposta non può essere chiudere locali solo per una sanzione amministrativa per l’insegna o comunque con una sola sanzione come spiega il Tar, ma serve intervenire con decisione sia su quei locali che davvero creano disturbo alla quiete pubblica sia sui fenomeni di ubriachezza indipendenti da essi: i famosi gruppi di ragazzi che arrivano con le bottiglie. Un fenomeno per cui lo stesso Sindaco, che lo ha compreso, ha emanato il provvedimento di divieto di consumo di alcol per strada e di porto di bottiglie e lattine sulla pubblica via. Purtroppo la decisione dell’assessore al Commercio e al Centro storico Paola Bordilli di dichiarare a un quotidiano che in sua presenza si esentavano dalla sanzione (di 500 euro) i ragazzi che “non sapevano” dell’ordinanza ha danneggiato lo stesso messaggio che con il provvedimento il Sindaco aveva stato lanciato.

La linea di Bucci, lo ripetiamo, è «né contro la movida né contro i locali, ma contro i fenomeni di degrado e disturbo della quiete pubblica» ma in questo senso, purtroppo, non risultano messe in atto dagli assessorati competenti, che hanno allestito in fretta e furia una reazione muscolare come abbiamo visto non esattamente “chirurgica” ed efficace, quelle azioni di prevenzione positiva attraverso educativa di strada (e, speriamo, a settembre anche scolastica) e iniziative positive di contenimento dei disagi, progetti di vivibilità e di delocalizzazione della mala movida in zone dove non danneggerebbe la quiete pubblica.

Resta da dire che nel caso di vittoria al Tar dei locali ricorrenti i danni li pagano tutti i cittadini genovesi. Senza contare che se le ordinanze si infrangessero contro le decisioni del tribunale amministrativo dovremmo aggiungere altro tempo perso al già tanto tempo perso sotto Covid, quando c’era tutto il tempo, per gli assessorati competenti, di pensare soluzioni efficaci.

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