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Albanesi contro Rom a San Teodoro, maxi rissa in via Bologna

Intervenute cinque volanti. Abitanti esasperati per i continui scontri

rissa albanesi rom 1

Una rissa tra stranieri, albanesi e rom, ha scosso la tranquilla pigrizia domenicale di San Teodoro. Cinque auto della polizia e un’ambulanza hanno fatto balenare per ore lampi blu nella seconda curva dopo la chiesa di San Marcellino, davanti a una delle poche saracinesche aperte la domenica nel quartiere, quella di un bar. È lì che è avvenuto lo scontro tra i due gruppi e si dice che addirittura a un certo punto siano uscite anche le lame dei coltelli. Sicuramente c’è scappato qualche spintone. Certo, deve essere stata una situazione piuttosto pericolosa per smuovere un tale spiegamento di forze che hanno stazionato lì anche in serata. La lite, secondo la versione ufficiale, è stata in due round. Il primo verso le 19, quando solo per l’intervento di una donna, moglie di uno dei due, i contendenti sono passati alle mani. Ma un’ora e mezza dopo i due si sono affrontati di nuovo e il rom bosniaco ha portato in sua difesa i due figli minori, di 14 e 17 anni, armati di spranghe. Il confronto è stato evitato da un nuovo intervento della polizia. Proprio in quell’angolo di quartiere stazionano costantemente i due gruppi e non è la prima volta che le due bande si confrontano.

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È una convivenza difficile quella tra i due gruppi di stranieri nel quartiere della tolleranza, quello che ospitò le prime immigrazioni dal sud, quello che seppe integrare immigrati “benestanti” (per lo più gente salita anni prima dalla Calabria e dalla Sicilia perché da qui partivano le navi su cui si imbarcavano per lavorare come bassa forza, al massimo nostromi o cuochi) e immigrati poveri, arrivati questa volta anche dalla Sardegna, che occupavano i casermoni di via Venezia e lavoravano quando e come potevano. È qui che abitava Franco dei Ricchi e Poveri, il gruppo che prese questo nome proprio perché gli altri provenivano da quartieri-bene. Negli anni Settanta, alla scuola elementare Garibaldi chi entrava “da sopra”, da via Bologna all’altezza della curva del benzinaio, si presentava col grembiulino in ordine e il fiocchetto mentre chi entrava “da sotto” era già un miracolo che il grembiule lo avesse, anche se ormai troppo piccolo oppure troppo grande, perché ereditato dai numerosi fratelli. Le maestre e i maestri pensavano ad equilibrare una volta varcati i cancelli, ad esempio impedendo di parlare in dialetto, perché l’immigrato non si sentisse diverso dal genovese, a volte figlio di seconda o terza generazione di chi a sua volta era arrivato anni addietro con le valigie di cartone. Ultimi arrivarono quello dello “Smistamento”, un nome che la dice lunga sul perché fosse stato costruito il nuovo insediamento. Gente con la fedina penale compromessa e complicata, quelli che le famiglie dicevano ai bambini di non frequentare e se una donna della zona sposava uno che abitava lì, immediatamente al suo nome si affiancava l’aggettivo “povera”, quasi come se fosse morta. Eppure anche tutto questo è stato superato e ora via Lugo è una zona come tante.
È sempre qui, a San Teodoro, che tra gli anni Settanta e Ottanta nacque la prima moschea, un appartamento sopra via Venezia. Nessuno storse il naso, nessuno urlò “all’invasione”. Nella zona arrivarono ad abitare tante famiglie straniere che hanno cresciuto i loro figli tra Granarolo e San Francesco da Paola, tra piazza Pestarino e Dinegro.
Ora, però, l’intolleranza è tra due gruppi di stranieri, Rom e Albanesi, appunto. Forse questione di “affari”, forse uno sgarbo. Gli effetti dello scontro tra le due fazioni, a sua volta, genera altra intolleranza, questa volta da parte dei residenti italiani, per entrambi. Ieri i commenti degli abitanti del quartiere riguardanti l’ennesima rissa era unanime: <Stanno rendendo invivibile il nostro quartiere che era così tranquillo>. La protesta, ora, corre sui social e punta dritta all’allontanamento degli scomodi vicini di casa, molti dei quali alloggiati nelle case del Comune.
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