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Perché Sanremo è pur sempre Sanremo

Tormentone, tormentone e ancora tormentone. In tutti i casi, però, almeno una prima nota positiva la possiamo registrare; la conclusione dell’ossessione da spot perché finalmente si comincia per davvero. C’era l’enigma che riguardava la partecipazione del valletto Garko che sara’ presente. Come ha detto Carlo Conti farà prevalere le ragioni dell’etichetta professionale su quelle legittime dei sentimenti. Un modo elegante per sottolineare l’obbligo di onorare il cachet concordato.  E l’evento, del resto vale la pena di qualche sacrificio per parteciparvi. A qualsiasi livello. Nell’epicentro o a margine. Da notare lo schieramento del presidente regionale Giovanni Toti e dei suoi fidi scudieri l’assessore al turismo Gianni Berrino e la collega alla comunicazione e politiche giovanili e culturali Ilaria Cavo. Addirittura un trio per la conferenza stampa di un unico evento. Del resto due del gruppetto hanno fatto carriera nei media e per esperienza conoscono quali sono gli appuntamenti che contano veramente. Ormai molto meglio il palco dell’Ariston che una comparsata da Vespa a Porta a porta. Così tutti e tre postano la foto, la stessa foto, su Twitter in compagnia della coppa Emanuele Luzzati, premio che verrà assegnato dalla Regione alle nuove proposte. E Berrino spiega “la Liguria torna a Sanremo dopo anni di inspiegabile assenza”, con riferimento nemmeno troppo velato a responsabilità di giunta ed assessori precedenti che con una punta di arroganza pensavano che si trattasse solo di canzonette. Punzecchiatura che arriva al destinatario perché la sora Lella Paita, capogruppo del Pd in Via Fieschi, pur nella giornata delle primarie milanesi, risponde con un tweet velenoso “Toti sul palco dell’Ariston? Sono tranquillissima, l’importante è che non canti. Gli italiani non lo meriterebbero”. Commento che raccoglie tempestivamente il cinguettio del giornalista Davide Lentini che vellica a sua volta: “Toti canta in questa edizione. Ne vale la pena!”. La querelle si conclude li’. Marginalizzata da un’altra che ha messo le ali alle dita dei militanti pentestellati e del Pd sulla questione cinese che Grillo e soci del PdL hanno nel frattempo fatto tracimare sulle urne meneghine nel tentativo di alluvionarne il risultato. Finale con cinguettii sugli strascichi, ormai avariati, in tema di primarie liguri che videro affermarsi proprio la Paita. E con dietrologie varie, perché il cinese Cofferati aveva già usato l’espediente invasione cinese contro la Sora Lella. E avanti nella citazione dei ricordi sino alla condanna della vendetta gustata fredda dall’ex sindaco di Bologna Sergio Cofferati sorpreso a sorridere al momento della vittoria di Toti. Il tutto riesumato, vivisezionato e condito da dietrologia in mezzo allo scorrere dei risultati milanesi. Con tanto di consiglio-avvertimento alla Balzani, ex genovese sconfitta sotto la madonnina, di non prendere ad esempio l’ex cinese, il Cofferati. Ancora seduto in riva al fiume ad aspettare cadaveri eccellenti. E un tweet di un militante ligure o genovese per Francesca Balzani :”speriamo che non venga a candidarsi anche qui da noi”. Tormentone, tormentone e ancora tormentone. Vecchi scheletri, vecchie storie. Come in un disco rotto vecchie canzonette, vecchia musica. Sempre la stessa. Ormai da troppo tempo arie nazionalpopolari catarsi di noi italiani
Max Turbatore

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