Genova calibro 9, le regine del “noir”
I film polizieschi italiani arrivano in un periodo critico nella storia del nostro paese. Da una parte il terrorismo e le vicende politiche di un paese che resta suo malgrado una pedina fondamentale dell’assetto “atlantico” dall’altra la vorticosa accelerazione dei consumi che porta a un profondo mutamento dei costumi.
La spinta consumistica e commerciale va di pari passo a una progressiva emancipazione dei costumi. Nel mondo del lavoro vengono riconosciuti diritti sino ad allora impensabili mentre si affaccia nella cronaca culturale italiana la “questione femminile”.
Se da una parte il femminismo militante pone sul tavolo argomenti scottanti se non addirittura tabù per l’Italia tradizionalista e cattolica come la contraccezione e l’aborto, sul fronte della rappresentazione femminile si accelera verso l’immagine di una donna disinibita, emancipata e sessualmente protagonista.
I polizieschi non possono non cogliere al volo l’occasione di rappresentare finalmente donne desiderabili e sexy ma capaci di sostenere la personalità dell’uomo che si trovano di fronte, all’immagine della donna attraente ma pronta a rientrare nei ranghi e nelle forme accettabili della madre di famiglia, ecco la sexy e maledetta Barbara Bouchet che in “Milano calibro 9” si scatena in una danza sensualissima aprendo di fatto la porta a una schiera di sue epigoni negli anni successivi.
L’uomo è alla pari se non succube di questa semidea non un “miraggio” come la Ekberg de “La dolce vita” ma una persona reale e consapevole, disposta a rischiare e a morire per le proprie ambizioni. Sono donne disposte a tutto, il sesso non è qualcosa da riservare al marito nel talamo nuziale ma è merce di scambio e se proprio bisogna una pistola queste nuove bellezze “maledette” la sanno impugnare e la usano pure.
Gli italiani le imparano a conoscere al cinema, hanno i volti di Barbara Bouchet, come si diceva, ma anche di di Ely Galleani, Lilli Carati ed Eleonora Giorgi. Sarà una vita non lunga quella di questi personaggi.
L’evoluzione (o l’involuzione) del costume italiano le porterà sempre di più a scoprirsi nel soft core della commedia sexy all’italiana e a perdere sempre di più peso specifico nei ruoli drammatici. Finito il poliziesco dopo il periodo esplosivo del cinema italiano tra i ’60 e i ’70 rimarrà ben poco da guardare. Resta la sensazione piacevole che “Black Mamba” il personaggio interpretato da Uma Thurman in Kill Bill, sia una discendente di questi personaggi.
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