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Fratelli Cervi, Salis a Reggio Emilia: “Il fascismo non può fucilare un’idea”. Genova verso l’adesione all’Istituto Cervi e una grande pastasciutta il 25 aprile

Alla Sala del Tricolore, per l’82° anniversario dell’eccidio dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri, la sindaca di Genova Silvia Salis ha richiamato il valore pubblico di quella storia e l’attualità dell’antifascismo come “vigilanza” e responsabilità civile. Annunciata l’imminente adesione del Comune di Genova all’Istituto Alcide Cervi e l’idea di organizzare in città, con l’Anpi, una grande pastasciutta antifascista per il prossimo 25 aprile

Una storia che non si limita a chiedere memoria, ma pretende racconto. E, soprattutto, scelta. È attorno a questa idea che la sindaca di Genova Silvia Salis ha costruito il suo intervento a Reggio Emilia, dove questa mattina ha partecipato nella Sala del Tricolore, a Palazzo del Comune, alla commemorazione per l’82esimo anniversario dell’eccidio dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri, uccisi all’alba del 28 dicembre 1943 dai repubblichini.

Salis ha definito quel massacro “non una tragedia privata”, ma “una domanda pubblica” che attraversa il tempo e ritorna ogni volta che una comunità è chiamata a decidere “da che parte stare”. La sindaca ha ricordato la dimensione concreta e quotidiana dell’impegno della famiglia Cervi, descrivendo Casa Cervi come un luogo che, negli anni della violenza e della guerra, aveva scelto di essere rifugio: “una casa aperta ai fuggiaschi, agli stranieri, ai disertori”, a chi scappava “dalla guerra e dalla violenza”, insieme a Quarto Camurri, morto con loro. Non un gesto episodico, ma un modo di immaginare il Paese: “Quando il fascismo chiedeva silenzio, loro offrivano rifugio. Quando chiedeva obbedienza, loro sceglievano la libertà”.

Nel passaggio più duro del discorso, Salis ha parlato della fucilazione come di un atto “vile e codardo”, consumato “in fretta e furia, di nascosto”, quasi con la consapevolezza, da parte di chi lo compì, della propria infamia. Da qui il cuore del messaggio: l’ossessione del fascismo, ha detto, è sempre stata quella di non eliminare soltanto le persone, ma “spezzare l’idea che portano”. Eppure c’è un limite che la violenza non può superare: “Si possono fucilare sette uomini. Non si può fucilare un’idea”. È in questa frase che Salis ha condensato il senso dell’antifascismo come continuità, come ciclo che si rigenera: “La libertà è un ciclo. Ogni volta che qualcuno prova a spezzarla con la forza, qualcun altro la risemina”.

L’antifascismo, nelle parole della sindaca, non è un’etichetta del passato e non coincide con una nostalgia rituale. È una postura morale e civile, fatta di attenzione quotidiana: oggi non siamo chiamati a “imbracciare fucili”, ma a “non disarmare la coscienza”. Perché il fascismo, ha avvertito, “non torna mai uguale” e si ripresenta quando smettiamo di riconoscerlo: nessuna società è immune, nessuna democrazia è “garantita per sempre sulla carta”. Da qui la risposta a una domanda che, a suo dire, le viene rivolta spesso: ha ancora senso dirsi antifascisti? “Non solo ha senso, ma è necessario”. E lo è con la stessa naturalezza con cui ci si chiama per nome: antifascismo come nome della Costituzione, del popolo italiano, del sangue versato sulle colline e sui monti, anche “alle spalle della mia Genova”.

Nel discorso, Salis ha richiamato anche il ruolo delle donne nella Resistenza e il dolore di Genoeffa Cocconi, madre dei Cervi, evocandone la tragedia: aver visto morire i figli, non aver potuto seppellirli e poi essere colpita anche nella dignità e nei beni, quando la persecuzione provò a sottrarle “anche la casa e tutto il poco che le rimaneva”. Un passaggio che sposta l’attenzione dall’eroismo astratto alla carne viva della storia: la Resistenza come scelta collettiva, ma anche come ferita domestica, familiare, impossibile da addomesticare.

Il richiamo più attuale è stato quello alla “vigilanza”, indicata come condizione necessaria dell’antifascismo contemporaneo. Salis ha sottolineato che il fascismo “prospera nell’apatia, non nel conflitto” e non ha bisogno di folle fanatiche: gli bastano cittadini stanchi, disillusi, che delegano tutto e pensano che “tanto vale non toccare” la politica. Per la sindaca, essere antifascisti oggi significa difendere chi è più fragile anche quando non conviene; controllare sempre il potere, “soprattutto quando ci piace”; ricordare che la libertà di parola vale soprattutto per chi dice cose che non ci piacciono. Eppure, ha osservato, nonostante il fascismo sia diventato sinonimo di “male assoluto”, “ancora qualcuno fatica a definirsi antifascista”.

Accanto al discorso, la giornata reggiana ha portato anche annunci concreti. Salis ha comunicato che il Comune di Genova aderirà formalmente all’Istituto Alcide Cervi, spiegando che il tema è già stato affrontato in giunta e che presto verranno approvati i documenti necessari. Un passaggio istituzionale, ma anche simbolico: legare la città di Genova a un luogo che custodisce memoria e ricerca, trasformando il ricordo in relazione stabile, non in semplice celebrazione.

E poi l’idea che guarda al futuro, con un’immagine che parla a tutti più di molte parole: una grande pastasciutta antifascista a Genova il prossimo 25 aprile, con la collaborazione dell’Anpi, “a cui far partecipare tutta la città”, immaginata come “un’unica grande famiglia unita a Casa Cervi”. È un richiamo diretto a una delle tradizioni più note legate alla famiglia Cervi: la pastasciutta come gesto popolare, comunitario, immediato, capace di unire memoria e convivialità, politica e vita quotidiana.

Nel finale, Salis ha citato Alcide Cervi, padre dei sette fratelli, definendolo “una quercia” che ha cresciuto sette rami, falciati dalla violenza, ma senza che l’albero smettesse di generare senso. E ha fatto proprio il suo invito a “guardare il seme”: perché la quercia, prima o poi, muore, ma ciò che conta è l’ideale che resta “nella testa dell’uomo”. “Dopo un raccolto ne viene un altro”, ha ricordato, come promessa e responsabilità.

La commemorazione è proseguita al Poligono di Tiro, luogo della fucilazione, per un omaggio alla lapide. Nel pomeriggio la sindaca visiterà anche Casa Cervi e il museo a Gattatico, completando un viaggio che non è soltanto istituzionale, ma anche civile: un modo per legare il presente a una storia che continua a chiedere, oggi come allora, da che parte stare.


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