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Via Roma: chiusa e semi smantellata la storica boutique Abolaffio, opera di Frattini. Capolavoro da salvare

L’allestimento risale al 1961 ed è stato pubblicato due volte da “Domus” oltre che da diversi giornali e volumi anche stranieri. Frattini è un nome di fama: si era formato presso Gio Ponti e, come designer e architetto d’interni, aveva firmato negozi, hotel, architetture di luce, gioielli, mobili e tessuti, lavorando per Cassina, Artemide, Flou, Fontana Arte, Knoll. La boutique Abolaffio, allestita nel 1961, nel 2002 era diventata prima “Dolce e Gabbana”, poi Griffe. Ora, è vuota e in parte smantellata. Appello per la tutela di una preziosa testimonianza dell’interior design degli anni Sessanta, ultima ancora presente a Genova firmata da Frattini

La boutique Abolaffio chiuse nel 2002, col passaggio a “Dolce e Gabbana”. Ci fu un brindisi di addio a cui, oltre alle commesse storiche, da sempre al fianco di Paola Abolaffio, partecipò anche lo stesso Frattini, autore anche a Genova di molti negozi negli anni d’oro del commercio del dopoguerra a Genova di cui, ormai, resta solo quello di via Roma.

La storia di Abolaffio

La storia dell’azienda commerciale di prestigio, per svariati decenni il tempio della moda classica per signora, comincia nella seconda metà dell’Ottocento, quando la famiglia LeviLuzzato dava lavoro a 280 persone che realizzavano a mano biancheria di altissima qualità acquistata in tutto il mondo. Edgardo Abolaffio, padre di Paola e suocero dei LeviLuzzato, nel 1929, dopo la Grande Crisi, decide di rilevare l’attività e la basa già nei locali di via Roma. Vengono poi i momenti bui della guerra e delle persecuzioni razziali. Parte della famiglia viene deportata. Tra i nomi del Memoriale sotto la stazione Centrale di Milano, da cui il 6 dicembre 1943 e il 30 gennaio 1944 partirono i deportati ebrei con destinazione Auschwitz-Birkenau e non fecero più ritorno, ci sono 3 Abolaffio: Rebecca, Camelia, Simeone Edgardo. Delle 605 persone partite ne tornarono, vive, solo 22, tra cui Liliana Segre.
Paola, poco più che bambina, riesce a scampare alla deportazione e, per due anni, a nascondersi con la madre gravemente malata. Quando la guerra e il fascismo finiscono, nel 1945, quaranta ex lavoranti del padre si presentano a lei, che ha solo 15 anni. Le chiedono di riaprire. Lei, però, capisce che l’epoca del “corredo” è finita e che anche la sartoria su misura è destinata a scomparire, anche per le grandi famiglie. Va a Parigi insieme a un’amica giornalista, assiste alle sfilate e capisce che il futuro è la “moda pronta” di livello.

Paolo Odone, presidente Confcommercio, ricorda Paola Abolaffio per il suo prestigioso negozio, ma anche per l’appassionata battaglia associativa per evitare che alla Stazione Marittima, oggi terminal per le crociere, nascesse un centro commerciale che, oltre ad andare in concorrenza con i negozi genovesi, avrebbe snaturato le architetture dell’edificio.

La prestigiosa realizzazione della boutique di via Roma

Nel 1961, Abolaffio chiama Gianfranco Frattini a dare immagine al negozio di via Roma. Ne esce un capolavoro. Al piano sotterraneo, la cantina viene trasformata e nasce “la Zanzara”, boutique per ragazzine che, però, col tempo lascia spazio all’ampliamento della boutique dedicata alle mamme. La rivista di architettura Domus descrive la boutique in un titolo come «un negozio su due piani, in un vecchio palazzo». È il 1966.

Gianfranco Frattini con l’architetto Franco Bettonica, progetta, dunque, nel 1961 il negozio di abbigliamento Abolaffio. Di pianta stretta e lunga, ma con un’altezza notevole, lo spazio interno si basa sulla percezione ottica della intero volume in cui la sezione a botte dei diversi livelli e l’utilizzo di una superficie specchiante, nel soppalco, creano un interessante gioco illusionistico.

Le volte in legno e gli arredi sono in palissandro jacaranda, eseguito dalla Xilografia milanese. Le poltrone sono prodotte da “Figli di Amedeo Cassina”. Parte delle pareti e delle ante degli armadietti sono rivestite in velluto di lino verde. Il pavimento del negozio è completamente ricoperto di moquette. L’illuminazione ottenuta con una serie di plafoniere applicate a volta, prodotte dall’azienda Arteluce.

Frattini è un nome di fama, si era formato presso Gio Ponti e come designer e architetto d’interni ha firmato molte cose, lavorando per Cassina, Artemide, Flou, Fontana Arte, Knoll.

Capolavori genovesi perduti

Altri negozi firmati da Frattini a Genova sono stati la Gioielleria Parodi e Hobbymoda, oltre a Emilio Pucci a Portofino. Cliccando sui link potete vedere le immagini sul sito web di Frattini.

Il negozio compare su una recensione pubblicata da “Progressive architecture” nel 1963, su una pagina dalla recente monografia su Frattini del 2004, almeno 2 volte su “Domus” (nel febbraio 1963, e nell’agosto 1966) e viene pubblicato in almeno un altro volume straniero dell’epoca.

Sotto: ‘articolo di “Progressive Architecture del 1963 che potete scaricare o leggere qui.

Dal libro “Gianfranco Frattini: architetto d’interni e designer”
di Giuliana Gramigna e Federica Monetti

Tra i materiali che abbiamo trovato in rete, un video del 2016 mostra come anche in tempi recenti e sotto il nome di Griffe fosse ancora presente l’atmosfera del passato. Il video “Interazioni” è stato ideato e filmato dagli studenti del corso di “Progettazione architettonica” tenuto da Valter Scelsi presso l’Università degli studi di Genova.

Qui il link dove potete vedere il video.

Qui il link al sito dello studio Frattini

Gianfranco Frattini

Gianfranco Frattini (nato a Padova nel 1926 e morto a Milano il 6 aprile 2004) è stato un prestigioso architetto e designer. Fa parte della generazione che ha costituito il movimento italiano di design alla fine degli anni cinquanta e durante gli anni sessanta.

Frattini si laureò in Architettura al Politecnico di Milano nel 1953. Aprì il suo studio professionale a Milano, dopo aver lavorato nello studio del suo docente e mentore Gio Ponti. La sua collaborazione con Cesare Cassina per la sua omonima azienda iniziò nel 1954, seguita da collaborazioni con molti altri industriali, come Bernini, Arteluce, Acerbis, Fantoni, Artemide (per il quale, tra altri prodotti, disegnò con Livio Castiglioni la storica lampada Boalum), Luci, Knoll, Lema e molti altri. Nel 1956 cofondò l’Associazione per il Disegno Industriale e nel corso della sua carriera lavorò sia nel design industriale sia nell’architettura, focalizzandosi in particolare negli interni.

Fu membro del consiglio della Triennale di Milano. Grande conoscitore del legno artigianale, ha forgiato una lunga e fruttuosa collaborazione professionale con il maestro artigiano di Bovisio Masciago (Milano), Pierluigi Ghianda. Articoli in vetro disegnati da Frattini per Progetti sono nella collezione permanente del Museo di Arte Moderna e la lampada Boalum (progettata con Livio Castiglioni) prodotta da Artemide è nella collezione dello Smithsonian, al Cooper-Hewitt National Design Museum.

Ora il negozio di via Roma è vuoto

Ora il negozio, purtroppo, è vuoto, ma si vede ancora bene la bellissima copertura in legno curvato, la scala, anche se gli arredi non ci sono più. Il soppalco sembra esserci ancora. Il negozio pare in attesa di nuova gestione/inquilini e il timore è che chi arriva possa smantellare tutto per fare un altro arredo “moderno”.

Sarebbe molto bello ripristinare lo stato iniziale: ci sono tante foto che lo documentano e lo si potrebbe ricostruire con facilità.

A Palazzo Reale una mostra sulla rivoluzione artistica degli anni Sessanta, un’occasione per aprire la discussione sulla tutela della boutique Abolaffio

Dal 14 aprile al 31 luglio 2022 a Palazzo Reale (nel Teatro del Falcone) sarà aperta “Genova Sessanta”, esposizione che racconta la rivoluzione degli anni Sessanta a Genova, dall’architettura, all’arte, dal design alla fotografia. Ci sarà molto spazio dedicato ai temi dell’architettura. Sarebbe davvero importante salvaguardare la Boutique Abolaffio come testimonianza residua di un genere di “bene culturale” che raramente si riesce a conservare.

Nei prossimi giorni sentiremo la Soprintendenza per capire se per l’arredamento del negozio è possibile un’auspicabile tutela.

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