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Statua di Parodi, la famiglia: «Stampa strumentale». Ma perché ha scelto di raccontarlo militare e non imprenditore?

Ancora oggi, dopo 7 mesi, in tanti non capiscono per quale motivo la famiglia abbia voluto rappresentare il militare e non l’imprenditore che nessuno avrebbe contestato. Riportando all’interno dell’articolo, testualmente, il comunicato che ci è pervenuto dalla famiglia di Giorgio Parodi in merito alle polemiche, vogliamo ricordare che la scultura l’ha scelta, appunto, la famiglia. Che non ha voluto rappresentare il proprio avo come imprenditore, ma come aviatore, quello che ha partecipato a due guerre mondiali e a una guerra coloniale fascista. Ai tempi delle guerre d’invasione coloniale, la Regia Aviazione era forza armata agli ordini del governo e il governo era fascista. Durante le Guerre d’Africa, decise da Mussolini per appropriarsi di quelle terre, morirono diverse centinaia di migliaia di africani e qualche migliaio di italiani, anche tra gli aviatori. La famiglia sostiene che Giorgio partecipò solo a ricognizioni del territorio e non al lancio di bombe o di gas nervini. Certamente ottenne una delle molte medaglie al valor militare per un attacco a volo radente effettuato sull’aeroporto di Addis Abeba

«Mi dicono si tratti di Giorgio Parodi, co-fondatore dell’azienda motociclistica Guzzi. E io ci credo… Wikipedia non sbaglia… Però Wikipedia mi dice anche che il sig. Parodi fu soprattutto aviatore e militare e con la divisa di capitano della regia aviazione è stato ritratto – aveva scritto, il giorno dell’inaugurazione del monumento, Pietro Millefiore, storico dell’architettura e professore all’Accademia Ligustica di Belle Arti -. Se per il brutto monumento a lui dedicato si è scelta una rappresentazione retorica e obsoleta (quella della statua-ritratto a figura intera appoggiata a non si sa cosa, né si sa perché) si deve poi anche fare i conti con i simboli scelti. E questi sono inequivocabili: non è l’imprenditore coraggioso e lungimirante delle mitiche Moto Guzzi che si è voluto ritrarre, ma il militare sempre volontario in due guerre mondiali e in una guerra coloniale fascista. Perché?».

«È una di quelle modalità, sempre più diffusa, per fare un po’ di revisionismo storico: quello era un militare non solo di leva e chiamato in guerra, ma partito volontario per andare a bombardare donne e bambini inermi – aveva scritto, sempre nel maggio scorso, Massimo Bisca, presidente dell’Anpi Genova, ed era stato riportato da tutti i media-. Il fatto che sia stato scelto di rappresentare il soggetto in divisa è uno dei tanti graffi che si fanno sulla pelle della città. Che gli amministratori si rechino al Ponte Monumentale, tutti i 25 aprile, e poi realizzino monumenti del genere o si decida di intitolare, come a Nervi, un porticciolo a un membro della XMas dimostra che va loro ricordato che i valori del 25 aprile vanno declinati su tutti i giorni. Ricordo agli amministratori l’articolo 54 della Costituzione: chi ha incarichi pubblici li deve svolgere con dignità e onore, e in questo onore sono inclusi i valori dell’antifascismo contenuti nella Costituzione. Più di una volta Aldo Moro, che non era un pericoloso sovversivo, ha detto che la Costituzione non è a-fascista, ma è antifascista e se non si onora questo, non se ne capisce lo spirito e il valore».

Questi due degli interventi più rilevanti risalenti al . Ora la famiglia minaccia querele alla stampa che, alla luce del fatto di cronaca accaduto durante la notte (quando la statua è stata imbrattata con scritte e simboli anarchici), rilancia sia una polemica che ha dilaniato la città e ancora la divide sia la domanda a cui mai è stata data risposta: perché è stato scelto di rappresentare Parodi con la divisa della Regia Aviazione? Perché non lo si è rappresentato come imprenditore visto che le cerimonie organizzate dal Comune si concentravano proprio sulla figura del Parodi fondatore della Moto Guzzi? La famiglia invia ai media anche due lettere, una del Partito Comunista Italiano e una del Comitato di Liberazione Alta Italia, risalenti al giugno del 1945 che raccontano come Giorgio ed Enrico Parodi, abbiano collaborato alla causa partigiana (le pubblichiamo sotto perché possiate leggerle in originale).

A maggior ragione, alla luce di queste lettere, risulta incomprensibile la scelta di rappresentarlo in divisa, tra l’altro in maniera un po’ scomposta e asincrona, perché il simbolo sul berretto scolpito è quella dell’Aviazione repubblicana, in cui Parodi non ha mai militato perché non più idoneo al volo avendo perso un occhio in una missione di guerra nel 1942.

La soluzione alle polemiche sarebbe quella di sostituire la statua divisiva con l’uniforme, che tante polemiche ha suscitato e continua a suscitare (lo ripetiamo, forse per la quinta volta oggi, al netto del vandalismo che va sempre condannato), con un’altra opera che ricordi il Giorgio Parodi imprenditore vanto e orgoglio della città, magari anche il Giorgio Parodi che collaborò con i partigiani secondo quanto scritto nelle due lettere, e quindi vanto di una nazione antifascista per Costituzione, e non il Giorgio Parodi partito volontario, come fu sempre, per la campagna di colonizzazione dell’Africa decisa da Mussolini, fatto storico incontestabile in una delle tante brutte pagine della storia del nostro Paese in quel periodo. La famiglia sostiene che la divisa dell’aviazione è rimasta più o meno la stessa prima, durante e dopo il fascismo e fino agli anni Novanta, ma le campagne di colonizzazione dell’Africa a cui Parodi partecipò sono collocate proprio in quel tragico contesto storico.

Riportiamo sotto la lettera della famiglia

Spettabile Redazione,

in relazione agli articoli di stampa apparsi sull’imbrattamento della statua dedicata a Giorgio Parodi, genovese, fondatore della Moto Guzzi e a seguito di affermazioni di revisionismo storico circa una presunta “narrazione deformata della storia”, la famiglia, profondamente colpita dalla strumentalizzazione di una figura ancora oggi ricordata per l’operosità a beneficio della comunità e amareggiata dalle diffamanti accuse espresse, intende specificare con chiarezza quanto segue:

  •   L’uniforme indossata da Giorgio è della Regia Aeronautica, identica a quella ancora in uso sino agli anni ‘90, con stellette sul bavero e aquila sul petto. Non si tratta di una “divisa fascista”, come è stato affermato ma di una divisa delle Forze Armate. Se fosse stata una divisa fascista avrebbe avuto, appunto, i fasci littori al posto delle stellette.[Sul berretto della statua c’è addirittura la torre del fregio dell’Aviazione della Repubblica Italiana, in cui Parodi non ha mai militato perché perse un occhio in Africa nel 1942, cioè nel periodo delle guerre coloniali del regime fascista. Una scelta incomprensibile n. d. r.]
  •   Non ci risulta che indossare un’uniforme delle Forze Armate sia o sia mai stato riprovevole. Nessuno dovrebbe essere considerato un criminale di guerra senza alcuna cognizione di causa. Le guerre, per quanto da evitarsi, non sono decise dai militari e Giorgio, insieme a molti giovani di quella sfortunata generazione, compi semplicemente il proprio dovere. Le numerose attività svolte dall’Aeronautica Militare e il suo costante impegno insieme alle altre Forze Armate, come anche recentemente dimostrato nel contrasto alla pandemia, non meritano di essere inficiate da giudizi frettolosi.
  •   Giorgio Parodi fu inquadrato nelle Forze Armate fin dal 1916 dapprima nelle file della Regia Marina, dove conobbe l’amico Giovanni Ravelli con cui condivise la passione per il volo e le motociclette e successivamente, dal 1929, nella Regia Aeronautica, ininterrottamente fino al 1943, come risulta chiaramente dal suo stato di servizio; quale ufficiale pilota in congedo, fu più volte richiamato.
  •   L’uniforme con la quale è rappresentato testimonia quindi la passione per il volo che Giorgio ebbe nella sua vita e il forte legame con quel mondo che caratterizza la ‘Moto dell’Aquila’. Fu Giorgio a scegliere l’aquila proprio in ricordo del Sottotenente Ravelli, morto nel 1919 in un volo di collaudo, quando nel 1921 insieme a Carlo Guzzi fondò a Genova la società.
  •   Fu pilota sportivo di grande valore come testimoniano le numerose affermazioni in gare internazionali e i primati di velocità conquistati; fondò l’Aeroclub di Genova e ne divenne presidente e istruttore di volo.
  •   Come risulta dallo stato di servizio, richiamato, fu inviato a novembre del 1935 in Africa Orientale con la 105 Squadriglia e rientrò in Italia il 7 giugno 1936; dal Diario storico della stessa squadriglia risulta che egli partecipò su monomotori Romeo 37 esclusivamente a ricognizioni e azioni di supporto alle truppe impegnate sul terreno. Rientrato in Italia, non prese parte alle fasi più cruente di quel conflitto nell’anno 1937; escludiamo con forza qualsiasi tipo di azione su popolazioni civili nel corso di tutta la sua attività militare.
  •   Ottenne la sua quinta medaglia d’argento al Valore nel 1942, andando a cercare un compagno disperso, nel corso dell’operazione fu ferito gravemente ad un occhio; nonostante ciò, riuscì a riportare velivolo ed equipaggio alla base, ma dovette rinunciare a volare, venne infatti congedato nel 1943 come ‘mutilato di guerra’.
  •   Si dedicò quindi all’azienda di Mandello. Sotto la sua direzione sostenne il CLN e aiutò molte famiglie negli anni bui della guerra; molti dipendenti furono salvati dalla deportazione in Germania e dall’arruolamento perché dichiarati indispensabili all’attività produttiva. L’azienda era sempre collegata con il Comando americano e Giorgio stesso rischiò più volte la vita spostandosi di notte in moto per andare a trattare con gli Alleati per evitare il bombardamento della fabbrica. Fuori dall’azienda è affissa una targa che ricorda i dipendenti partigiani caduti. Tutto ampiamente documentato dall’Archivio Comunale della Memoria Locale (Comune di Mandello del Lario) in più pubblicazioni.
  •  Concluse le dolorosissime vicende belliche, Giorgio impegnò l’azienda in numerose opere a favore chi lavorava in fabbrica; negli anni furono realizzate case per gli operai cedute a prezzo di favore, biblioteche, asili, circoli ricreativi, colonie estive per i figli dei dipendenti, spaccio aziendale, studio dentistico e molto altro ancora.

Ciò documentato, pur rispettando la libera manifestazione di pensiero e azioni in un contesto di legalità e democrazia, invitiamo quanti hanno reagito violentemente a meglio approfondire la materia, acquisire informazioni storicamente documentate e disinnescare pericolose campagne d’odio contro chi ha creato lavoro e portato benessere sociale per molte famiglie, oltre ad avere sempre generosamente sostenuto istituti come il Don Orione. Giorgio Parodi non ricopri alcuna carica politica, in nessun periodo storico; fu semplicemente un genovese onesto ed operoso, figura di raccordo tra il mondo civile e quello militare, che compi il proprio dovere, in un periodo assai difficile.

Riteniamo inoltre che avviare attività denigratorie della figura di Giorgio Parodi arrechi danno all’immagine della nostra città, allontanando potenzialmente i numerosi “turisti guzzisti”, che porterebbero positive ricadute economiche sulle attività commerciali locali, già duramente colpite dal periodo pandemico tuttora in corso. E’ nostro timore, che ci auguriamo infondato, che tali attività denigratorie siano state mirate alla strumentalizzazione politica per fini di mera visibilità di alcuni, quando di politico invece non c’è proprio nulla.

Pertanto ci dichiariamo da subito disponibili, nel rispetto della piena espressione di libertà di pensiero, a fornire riscontri sulla vita e le opere di Giorgio Parodi, nella speranza di contribuire così ad una dialettica costruttiva. Le fonti che mettiamo a disposizione sono basate su documenti attendibili, hanno richiesto il lavoro di 2 anni e il supporto di storici e ricercatori, e sono costituite anche da moltissimi documenti e lettere dell’epoca.

Tuttavia, nel caso non si possa avviare un dialogo costruttivo, la famiglia si riserva in ogni caso di valutare attentamente quanto già affermato e diffuso e quanto potrà essere pubblicamente dichiarato in seguito che possa ritenersi gravemente lesivo dell’onorabilità di un genovese onesto e operoso, rimandando eventualmente ad altra sede la discussione.

Il nostro auspicio e forte desiderio è però che la vicenda possa essere correttamente ricomposta, si possano presto vedere le sue moto fotografate, numerose, insieme a lui, come già nei molti “post” in circolazione sui social network, e che Genova possa ospitare numerosissimi “guzzisti” da ogni parte del mondo e raccontare la nostra città e le sue bellezze.

I famigliari di Giorgio Parodi

Riportiamo qui il link di Wikipedia su Giorgio Parodi per fornire una fonte terza anche in riferimento al periodo storico interessato

Il link sul colonialismo italiano in Africa

Il link sulla campagna d’Africa


Crediamo che la vicenda, la frattura nell’opinione pubblica della città, potrebbe essere facilmente ricomposta con buonsenso, comprendendo il sentimento di turbamento manifestato in maniera più che civile da ampie fasce della popolazione genovese. Come? Sostituendo la statua con la divisa che tante critiche continua a riscuotere con un’altra statua che raffiguri Parodi non come soldato, ma come uomo e imprenditore, come sarebbe stato bene raffigurarlo sin dall’inizio. E di questo non diamo responsabilità alla famiglia a cui, lo capiamo, piace pensarlo come aviatore della Regia Aviazione (è un sentimento familiare, quindi privato), ma alla civica amministrazione che ha permesso la collocazione in area pubblica di una statua divisiva, fortemente criticata dall’Anpi e da ampie fasce di cittadinanza e che nemmeno tenta di raccontare il Parodi imprenditore, come fa invece la statua di Guzzi che è in abiti borghesi e con una motocicletta vicino. Non era difficile, in fondo. Parodi bastava volerlo raccontare così. E invece è stata scelta la divisa.

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