Oggi a Genova 

Anche il Washington Post “certifica”: la mostra sul Barocco genovese fermata dal Covid

«Ora, 17 mesi dopo, mentre la variante delta imperversa in tutto il mondo, il museo è stato costretto a cancellare “Un superbo Barocco: l’arte a Genova, 1600-1750” a sole cinque settimane dalla sua seconda apertura prevista – prosegue il Washington Post -. Annunciando la decisione giovedì, i funzionari del museo hanno indicato (come motivazioni n. d. r.) le restrizioni ai viaggi internazionali, la sicurezza del personale che installerà la mostra e il rischio che la pandemia possa peggiorare durante i tre mesi della mostra, impedendole di trasferirsi a Roma, dove è prevista l’apertura in primavera alle Scuderie del Quirinale». Questo il link del Washington Post.

Sembra, dunque, fuori strada Cristina Lodi, consigliera comunale Pd, che oggi ha annunciato un’interpellanza sul tema e ha fatto inviare dalla segreteria del gruppo a Palazzo Tursi un comunicato in cui adombra dubbi di mancata collaborazione economica del Comune di Genova. E questo nonostante sul sito della National Gallery ci fosse già scritto chiaro e tondo che il problema è rappresentato dalla nuova ondata di pandemia.

Intanto chiariamo che la National Gallery non ha mai proposto al Comune di Genova di versare un contributo alle spese perché la mostra non fosse annullata. L’annullamento è piovuto come un fulmine a ciel sereno. Anche se un paio di settimane fa era arrivata un’avvisaglia dall’Ambasciata italiana in Usa basata sui dati del Covid in aumento nel paese.

Si sapeva, come spiegato dall’Ambasciata, che per l’aumento dei casi Covid la delegazione politica non sarebbe potuta andare negli Usa. Sarebbero potute andare le curatrici dei Musei di Strada Nuova, ma non i curatori della mostra. La console Usa a Genova Anna Maria Saiano stava lavorando per cercare di far andare all’inaugurazione almeno tutti i curatori.

Due giorni fa, la mail del direttore della National Gallery Kaywin Feldman all’assessore Barbara Grosso, alla dirigente Piera Castagnacci, alla responsabile dei Musei storici di Genova Raffaella Besta e alla soprintendente della Liguria Manuela Salvitti:

I am writing with the unfortunate news that due to multiple factors related to the worsening COVID-19 crisis, we have made the difficult decision to cancel the Washington presentation of the exhibition A Superb Baroque: Art in Genoa, 1600–1750, scheduled for September 26, 2021-January 9, 2022.
I attach our official cancellation notice and thank you again for your collaboration, extraordinary support and understanding.
Kaywin

Possibile, certo, che oltre al Covid ci siano questione “interne” non riguardanti, però, il Comune di Genova. La scelta di mandare a monte la mostra “genovese” getta al vento un cospicuo investimento già fatto della National Gallery, ma permette anche al museo di risparmiare l’intero costo non certo modesto dei trasporti, compresi quelli verso Roma (con le Scuderie del Quirinale esiste un contratto di condivisione delle spese per il trasporto di ritorno dagli Usa). Costi ragionevolmente sostenibili prima della pandemia, e adesso davvero gravosi per un bilancio massacrato dalle conseguenze del Covid. Anche i costo di allestimento e disallestimento sono stati risparmiati. Poi c’è la questione delle assicurazioni in caso di “forza maggiore” che potrebbero rendere parte dell’investimento alla National Gallery.

In autunno alla National Gallery sono previste 4 mostre da allestire e disallestire: l’intervista al direttore, un’archeologa forse più legata ad altri temi piuttosto che al Barocco italiano e genovese e arrivata alla direzione dopo che la mostra era stata progettata dal suo predecessore (non l’ha scelta lei, quindi), mette in luce preoccupazione per i lavoratori che dovranno lavorare ravvicinati, però, anche per le altre mostre. La spiegazione che giunge da Kaywin Feldman è che le altre esposizioni non hanno tele e sculture così grandi da esporre e sarebbe più facile per questo garantire la sicurezza. Inoltre i pezzi sarebbero nel territorio nazionale o sarebbero più facilmente trasportabili per le dimensioni. Francamente, la motivazione è un po’ debole.

C’è il fatto che le mostre di questo genere, specie se grandi come quella del Barocco Genovese, sono “a perdere” per chi le organizza in periodo Covid che contingenta le visite. Possono portare visitatori a una città, dare prestigio, ma il museo va in perdita. Inoltre aumentano i costi per le procedure Covid sia in allestimento e disallestimento sia per quanto riguarda le visite. In un momento di crisi come questa, realizzarla poteva diventare un azzardo economico eccessivo per le casse del museo nordamericano. C’è poi la possibile partita degli indennizzi assicurativi in condizioni di pandemia.

Certo non ha aiutato la stroncatura fatta dalla storica dell’arte e consulente del Comune di Genova Anna Orlando sul Burlington, la più prestigiosa rivista internazionale di settore. Stroncatura contestatissima anche da eminenti personaggi dell’ambiente persino in ambito americano, ma tant’è, l’immagine – la percezione – è stata corrotta, intaccata. Non abbiamo la preparazione tecnica per dire se il giudizio di Orlando abbia fondamento (anche se sappiamo con certezza che i curatori genovesi, Piero Boccardo e Franco Boggero sono storici dell’arte di grande prestigio e reputazione), certo è stato ampiamente criticato da molti e tra questi addirittura dal direttore di una delle più importanti collezioni americane, la guida della Frick Collection di New York, Xavier Salomon. Quello che possiamo dire è che se un dipendente o un consulente stroncano così platealmente l’attività dell’azienda per cui lavorano normalmente vengono messi alla porta, cosa che non è avvenuta e forse questo, nell’ambiente, ha lasciato l’impressione non certo che la mostra fosse “farlocca” (c’è stata una levata di scudi degli storici dell’arte in tutto il mondo per difenderla), ma che l’Amministrazione in qualche modo e per chissà quale motivo, non avendo censurato le posizioni della sua consulente, le condividesse e che, in fondo, l’annullamento non sarebbe spiaciuto poi troppo. Se una colpa il Comune di Genova ha, è proprio quella di aver lasciato scivolare via la presa di posizione “autolesionista”, espressa dall’interno, come se nulla fosse. Anche questo potrebbe aver pesato sulla decisione del vertice della National Gallery che stava ragionando sull’annullamento per motivi propri.

Infine: la mostra che avrebbe dovuto seguire quella genovese è Afro-Atlantic Histories” (dal 10 aprile 2022 al 17 luglio 2022), appena presentata. Verrà allestita proprio negli spazi dove era prevista anche la mostra del Barocco.
La collocazione dell’allestimento nel West Building del museo vuole ripensare le convenzioni. In passato, il West Building, che ospita i dipinti e le sculture europee della galleria, ha ospitato le esposizioni più tradizionali, mentre molti di quelle più spigolose sono stati nell’ala est modernista. Mettere questa esposizione nello stesso edificio del benefattore originale Paul Mellon Monets and Seurats ha lo scopo di inviare un messaggio. Cosa fare nel caso di una recrudescenza del Covid e dell’interruzione delle tratte aeree oceaniche? Quegli spazi sarebbero rimasti occupati fino a fine emergenza mettendo a rischio l’allestimento della mostra “Afro-Atlantic Histories” che travalica la storia dell’arte: ha un significato politico in un preciso momento della storia statunitense. «Sta creando spazio per la presenza del popolo nero e africano e per come sono stati parte integrante dello sviluppo della cosiddetta civiltà occidentale», afferma Kanitra Fletcher, che a gennaio è diventata la prima curatrice della galleria di arte afroamericana e afro-diasporica. Non va dimenticato che la vice presidente degli Stati Uniti, Kamala Harris è la prima afro-americana e la prima cittadina di origini indiane (madre indiana, immigrata da Chennai e padre di origine giamaicana) ad essere eletta all’alta carica degli Stati Uniti e che condivide con la direttrice della National Gallery Kaywin Feldman anche l’impegno per i diritti delle donne. Rischiare questa mostra proprio no, non si poteva.

Sono questi tutti i fattori che potrebbero aver concorso al “sacrificio” dell’esposizione genovese. Poteva essere rimandata un’altra volta, invece è stata cancellata, per non doverne parlare più. Il Covid potrebbe essere una parziale foglia di fico, ma non certo per coprire supposte e ipotizzate (da chi di queste dinamiche capisce assai poco) “mancanze” del Comune. La scelta di non rimandare ma di cancellare è certamente uno sgarbo, non solo alla nostra città, ma anche all’Ambasciata italiana che ha sostenuto l’esposizione e all’intero Paese.

Ora è certamente importante mantenere accesa l’attenzione di tutti intorno alla mostra romana e collaborare in squadra perché questa possa realizzarsi. L’opposizione è meglio farla su altre cose e non a danno di un progetto importante per la città.

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