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Morandi, la verità dei periti: tiranti corrosi, difetti costruttivi, scarsa manutenzione

La tempesta perfetta, un destino già scritto in costruzione, le cui conseguenze sono state il crollo del ponte che ha ucciso 43 persone. I periti del gip Angela Nutini scrivono della corrosione dei tiranti della pila 9 e di <carenze progettuali>, ma dicono anche a chiare lettere che se ci fossero stati i controlli adeguati la tragedia si sarebbe potuta evitare

I periti illustrano nella relazione del secondo incidente probatorio del <fenomeno di corrosione a cui è stata soggetta la parte superiore del tirante Sud- lato Genova della pila 9> e raccontano di un <processo di corrosione- è cominciato sin dai primi anni di vita del ponte ed è progredito senza arrestarsi fino al momento del crollo determinando una inaccettabile riduzione dell’area della sezione resistente dei trefoli che costituivano l’anima dei tiranti, elementi essenziali per la stabilità dell’opera>.
Ci sono state anche <carenze progettuali>, <mancanze di specifiche tecniche adeguate sulle guaine dei cavi e sulle modalità di iniezione>, <difetti costruttivi in fase di realizzazione>. Una situazione di rischio che è aumentato col tempo, ma che si è generato anche a causa di <carenze di controlli in fase di costruzione da parte della direzione dei lavori e della commissione di collaudo>. Parliamo degli anni ’60, ma gli agli errori in quella fase non bastano a giustificare il crollo assassino. Alla metà degli anni ’80 di poteva e doveva capire quanto stava accadendo. E, invece, i periti parlano di <mancata esecuzione di indagini specifiche necessarie per verificare lo stato dei trefoli dei gruppi primari così come raccomandato dal 1985> e di assenza di interventi di restauro e riparazione che avrebbero dovuto essere eseguiti nel tempo per riparare il tirante difettoso>.
 Per gli esperti <La mancanza e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato>.
Il 18 dicembre scorso la Procura di Genova ha ipotizzato anche il reato di “crollo di costruzioni o altri disastri dolosi” proprio alla lice delle indagini che ha portato a scoprire come gli ex vertici di Aspi abbiano voluto risparmiare sulla manutenzione della rete per accrescere gli utili del gruppo Atlantia.
Così il comitato dei parenti delle vittime del ponte aveva commentato l’evoluzione del capo d’accusa: <L’inchiesta continua ed emergono con forza sempre più gravi elementi, il panorama credo lasci poco spazio ai dubbi>.

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