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Consigliera leghista contro la Polizia locale e il rispetto delle regole di prevenzione Covid

Dichiarazione shock dal sapore populista di Francesca Corso che grida allo “stato di Polizia” per una sanzione per la mascherina abbassata. Nel giorno in cui ci sono stati 30 morti e quasi 1.100 nuovi casi. Bilancia il consigliere Fdi Gambino, oggi in campo con la Protezione civile in giro per la città per garantire il rispetto delle regole: <L’utilizzo disciplinato della mascherina è un atto di responsabilità che può salvare delle vite. Il rispetto delle regole e la rigidità nel farle rispettare è l’unico strumento che abbiamo per evitare un altro lockdown>

Belli i tempi in cui sapevi che stava a destra era giustizialista e non a corrente alternata. “Giustizialista” non nell’accezione di sinonimo di peronista (per quelli che sanno cosa vuol dire, anche se poco importa agli effetti del discorso), ma nella seconda accezione, come da vocabolario Treccani che così illustra il secondo significato di “giustizialismo”: <l’atteggiamento di chi, per convinzione personale o come interprete della pubblica opinione, proclama la necessità che venga fatta severa giustizia (magari rapida e sommaria) a carico di chi si è reso colpevole di determinati reati>.
Belli quei tempi, anche per chi stava dall’altra parte, a sinistra, di suo si proclamava garantista e veniva ribattezzato “buonista” dalla parte avversa. Belli, perché almeno ognuno sapeva dove stava lui e dove stavano gli altri.
Poi è arrivato il populismo, di destra e di sinistra, l’affannosa ricerca del consenso personale anche a discapito della coerenza. Non che il populismo sia uscito bene dalle ultime elezioni: M5S a picco, Lega non proprio, ma protagonista di un calo vistoso rispetto ai pronostici di appena qualche mese prima.
Eppure c’è chi insiste sulla linea della ricerca di quel consenso, cavalcando quel che pensa la “gente”. E poco male, ognuno è libero di pensarla come vuole. A meno che non si stia parlando di salute pubblica, non si faccia parte di un’istituzione, non si rappresenti i cittadini in un contesto amministrativo. Come la consigliera comunale della Lega Francesca Corso. Lei getta lo croce sulla Polizia locale che ha sanzionato un suo conoscente perché questi, strafregandosene del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, s’è calato la mascherina per bere il caffè non a distanza di almeno un metro da altre persone. Vabbè, si dirà: normale. Lega da una parte, Conte dall’altra: l’acrimonia è inevitabile. C’è, però, di mezzo uno stato di emergenza, proclamato per ragioni di salute pubblica che non dovrebbe essere oggetto di opinione e oltre a questo c’è di mezzo l’economia di un’intero Paese. Oggi i morti di Covid registrati sono stati 30 in Liguria, 544 in Italia. I morti non sono un’opinione. E nemmeno gli ospedali che scoppiano. E nemmeno il personale degli ospedali che sputa lacrime e sangue. E nemmeno le divise che finiscono a mazzi in quarantena perché ad avere che fare con i delinquenti e/o con chi non rispetta le regole non puoi aspettarti che usino la mascherina e rispettino le norme anti contagio. Un po’ di rispetto si dovrebbe anche a quelle divise. Già, le divise, quelle che una volta avevano la certezza di avere nelle file della destra paladini a oltranza. Non più, pare. Oggi la consigliera comunale Francesca Corso ha messo in dubbio con un post su Facebook la correttezza dell’operato del personale di Polizia locale che ha fatto rispettare una legge nazionale, quella che vieta non di mangiare, bere o fumare, ma di calarsi la mascherina in luogo pubblico a meno da un metro da altre persone non conviventi per qualsiasi motivo questo avvenga (questo c’è scritto sulla sanzione, che il sanzionato girava con la mascherina calata). Se l’agente avesse agito scorrettamente il suo sarebbe un reato. Chissà se la consigliera si è accorta di aver lanciato una pesantissima e rilevante, a livello penale, accusa di falso? E che un’accusa di falso lanciata a vanvera può portare con sé conseguenze oltre a quelle, spiacevolissime per l’intera collettività, di delegittimare la Polizia locale?

Si dissocia, Corso. Grida, da destra, allo “Stato di Polizia” sorpassando a sinistra quelle che la sua parte politica usa chiamare “zecche rosse”. Roba da slogan di manifestazione di antagonisti, insomma. Dopo aver accusato l’agente che ha operato, basandosi sulla sola testimonianza del suo conoscente presa per oro colato, Corso si dissocia dall’operato della Polizia locale, retta come responsabilità amministrativa fino a qualche giorno fa da un leghista, Stefano Garassino, e ora da un altro leghista, Giorgio Viale. Quel Giorgio Viale che appena insediato ha bloccato la revisione del regolamento di Polizia locale, già esaminato in giunta, solo perché glielo ha chiesto un sindacato autonomo che da anni fa azioni contro la conduzione leghista della Polizia locale. Regolamento che è del tutto sovrapponibile, peraltro, a quello non dei Carabinieri (che sono militari), ma a quello della Polizia di Stato (civili) per quanto riguarda gli eccessi a proposito di piercing (che sono pericolosi), abbigliamento, trucco e capelli variopinti con colori non naturali e che punta ad evitare nel personale del Corpo capelli verdi, piercing al naso (che sono anche pericolosi in caso di aggressione e colluttazione), tatuaggi da ergastolano, code di cavallo sfoggiate da agenti uomini: tutte cose che allo stato attuale si vedono non di rado, giacché il regolamento è vecchio e non lo vieta. Tutto, ormai, gira non su cosa è giusto, ma sul consenso, sugli applausi a scena aperta da parte degli utenti social, del sindacato autonomo di turno, o di questo o quel comitato di cittadini. Sui voti, insomma. In realtà non è richiesto alla Corso né a nessun altro politico (nemmeno a un assessore o a un sindaco) di associarsi o dissociarsi da una sanzione. La Polizia locale se pure è normale che si allinei a linee di indirizzo e priorità dettate dall’amministrazione di turno, è per legge svincolata dalla politica che sempre più spesso tira per la giacchetta nella direzione della soddisfazione dell’elettorato di area, cosa che non sempre è sovrapponibile all’interesse della collettività. La Polizia locale, come quella di Stato, come i Carabinieri, come la Guardia di finanza, applica la legge e non ne è dispensata né dispensabile da chicchessia.
Peraltro, forse a Corso è sfuggito che il provvedimento di obbligo dell’uso della mascherina anche all’aperto è stato deciso a Genova, prima che da Giuseppe Conte, dal sindaco Marco Bucci, quello che il partito della Corso sostiene nella Sala Rossa di Tursi. Sindaco che, ogni sera, alla conferenza stampa di fine giornata, insieme al presidente della Regione Giovanni Toti, anche lui di centrodestra, raccomanda con vigore il rispetto delle regole come l’uso della mascherina, lavarsi le mani, rispettare le norme locali e nazionali di prevenzione.

Perché da questo dipende, oltre che la vita di tanta gente, anche il futuro delle imprese e dell’economia ligure: prima si ferma l’escalation del contagio e prima si potrà tornare ad aprire i locali e a far ripartire i consumi. Che nella boutade della consigliere leghista ci sia anche qualche veleno a uso interno?

La sanzione, comunque, non parla di caffè, ma di un uomo che camminava senza mascherina, cosa vietata dal Dpcm.

Molta Lega, nell’affannosa ricerca di consenso, non ha ancora capito di non essere all’opposizione a Genova (da oltre 3 anni) e in Liguria (da oltre 5). Un esempio per tutti: l’ex presidente del municipio Centro Ovest Renato Falcidia, appena disarcionato dalla guida del “parlamentino” di zona dal M5S che lo ha sostenuto per 2 anni e che ora si è aggiudicato la presidenza, che oggi, nel corso di un’intervista, ha detto, in soldoni, che da tempo l’ordine pubblico nel quartiere è allo sbando. Ma l’ordine pubblico è da tempo in capo alla Lega in Comune e il Municipio è stato fino a pochi giorni fa guidato proprio da lui. Quindi, di chi è la responsabilità di quanto denunciato da Falcidia?

Insomma nella Lega che grida allo “stato di Polizia” c’è un po’ di confusione. Il virus acchiappalike ormai cancella le storiche certezze politiche. Recupera, da destra, il consigliere di Fratelli d’Italia Sergio Gambino, delegato comunale alla Protezione Civile, che oggi è stato in strada per verificare il rispetto delle regole. È lui a rimettere la barra dritta sotto il profilo istituzionale (superiore a quello politico), ricordando che il pericolo del mancato rispetto di quelle regole può portare non solo alla perdita di tante vite, ma anche al fallimento dell’economia. Che un conto è il populismo, altro conto è imporre regole al momento sgradite, ma che sono finalizzate al bene della collettività. Insomma, la mamma che impone lo sciroppo amaro non è popolarissima presso il bimbo con la tosse, ma è quella che porta il pargolo a una veloce guarigione.
Che poi, a seconda del proprio orientamento politico, può piacere o non piacere che Gambino sia andato con la fascia tricolore municipale alla commemorazione dei caduti della Repubblica di Salò. Ma quella è politica e non salute pubblica. Su quest’ultima dovrebbe essere d’accordo tutto l’arco costituzionale. Dovrebbe…

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