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La protesta dei lavoratori Moody, Fisascat Cisl: “Centro desertificato, appello alle istituzioni”

Avanzino: <Gli assessorati allo Sviluppo economico dei due enti devono attivare misure che attraggano nuovi investitori e, in più, politiche che riescano a calmierare gli affitti e ad attrarre in città aziende del settore produttivo che creino ricchezze e posti di lavoro. La desertificazione commerciale è degrado urbano>. Ma, invece, Tursi pensa ad aprire nuovi supermercati in città

Hanno chiuso uno dopo l’altro facendo di Piccapietra un deserto: Rinascente, Ca’puccino, Moody, ma, spiega Silvia Avanzino, segretario generale della Fisascat Cisl, molte altre attività della zona hanno ridotto la superficie di vendita, licenziato parte del personale: emorragia di posti di lavoro meno evidente, ma consistente. Sono scappati i grandi marchi. Le gallerie di via XII Ottobre sono ormai un deserto. Manca totalmente una regia pubblica che salvaguardi il tessuto commerciale e quindi le frequentazioni che lo rendono vivo, l’illuminazione, la stessa vivibilità del centro. Pezzo dopo pezzo il commercio del cuore della città sta andando in frantumi. <Devono intervenire Regione e Comune – dice Avanzino -. Gli assessorati allo Sviluppo economico dei due enti devono attivare misure che attraggano nuovi investitori e, in più, politiche che riescano a calmierare gli affitti e ad attrarre in città aziende del settore produttivo che creino ricchezze e posti di lavoro. La desertificazione commerciale è degrado urbano>. Avanzino dice anche che <Le istituzioni devono attivarsi per la gestione della crisi degli esuberi con misure straordinarie per ri immettere nel mercato del lavoro i dipendenti Moody>.
Per adesso i lavoratori sono sospesi, a casa senza stipendio e senza disoccupazione che partirà solo dopo i licenziamenti.

I lavoratori hanno messo in atto un blocco stradale. Duro anche Marco Carmassi della Filcams Cgil.


Detto questo, la totale assenza delle strategie di Comune e Regione per fermare l’emorragia di attività e posti di lavoro sta diventando un problema non più solo imbarazzante, ma anche dannoso. Tursi, incurante di ogni precedente esperienza in Italia e nel mondo, in una situazione devastata, con una moria di attività storiche e di pregio impressionante, intende aprire le porte a nuovi super e iper mercati in città, dove i consumi, per motivi che spiegheremo in seguito, sono crollati, su un territorio che più di 10 anni fa uno studio dell’Istituto Tagliacarne per l’amministrazione regionale di centrodestra guidata da Sandro Biasotti aveva già giudicato saturo di offerta commerciale se non per il levante cittadino. Nel frattempo Genova ha perso cittadini e reddito.

Al netto della vicenda Moody-Pasticceria Svizzera che è tutt’altro discorso, la verità è che Genova è una città che ha perso più di 200 mila abitanti in pochi anni, più di un quarto della popolazione, e chi resta ha un’età media alta (gli anziani consumano molto meno), con un’alta percentuale di stranieri che hanno consumi differenti, fondamentalmente povera a causa della disoccupazione, dei salari ridotti dai nuovi contratti e dal lavoro precario. Non può non risentirne il commercio, sovradimensionato, devastato dalle vendite online e sui incombe anche l’intenzione di questa amministrazione di moltiplicare le superfici di vendita della grande distribuzione sventolando lo specchietto per le allodole della calmierazione dei prezzi, ma che si tradurrà in enormi costi sociali ed economici per i cittadini genovesi in termini di maggiore necessità di illuminazione e controllo delle forze dell’ordine relativa ai disastri della desertificazione commerciale, carenza dei servizi offerti dai negozi sotto casa (necessari soprattutto agli anziani) e disoccupazione (per ogni posto di lavoro acquistato in super e iper mercati se ne perdono 3 nella distribuzione tradizionale).

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