Oggi a Genova 

Palazzo Reale, in primavera via ai cantieri dell’ascensore che condurrà direttamente al giardino del palazzo, col suo famoso rissêu

Lo ha annunciato oggi Alessandra Guerrini, direttore dei Musei Nazionali di Genova: entro il 2025 i lavori dovrebbero essere terminati, collegando di fatto l’area turistica del waterfront al Palazzo dei Rolli. Un primo progetto prevedeva la partenza dell’ascensore da piazza dello Statuto, uno più recente lo farebbe partire da via Pré

Guerrini ha spiegato che sta partendo un piano di recupero del palazzo che andrà a migliorare soprattutto l’area più vicina a via Pré e via Gramsci: previsto il rifacimento delle facciate e il completamento del recupero del cosiddetto appartamento Durazzo la cui prima fase era stata iniziata qualche anno fa dalla precedente direttrice, Serena Bertolucci.

La famiglia Durazzo, che fu proprietaria del Palazzo dal 1677 al 1824, lo aveva comperato dai Balbi.

La costruzione del primitivo palazzo ebbe luogo tra il 1643 e il 1650, per opera degli architetti Pier Francesco Cantone, Michele Moncino, e Giovanni Angelo Falcone. Tale palazzo comprendeva un corpo centrale quadrato e due ali laterali che si prolungavano verso il mare, corrispondenti al nucleo centrale dell’attuale costruzione. Il prospetto su via Balbi misurava allora trenta metri, rispetto ai quasi cento metri del prospetto attuale.

Appena terminata la costruzione, i Balbi chiamarono alcuni dei più importanti affrescatori dell’epoca per la decorazione dei saloni interni, quali i genovesi Valerio Castello (di cui si conserva oggi il celebre affresco della Fama) e Giovan Battista Carlone, e i bolognesi Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli, di cui rimane l’affresco con la Primavera e l’Inverno. La prematura morte di Stefano e Giovanni Battista Balbi durante la peste del 1657 pose fine alla prima fase dei lavori nel palazzo.

Nel 1677 la famiglia Balbi vendette il palazzo alla famiglia Durazzo che lo ampliò con l’incorporazione di un vicino fabbricato (1685).

Il primo ad abitare la dimora fu Eugenio Durazzo (1630-1705), che acquistò il palazzo per la cospicua somma di oltre 42.000 scudi e ne promuoverà l’ampliamento grazie ai larghissimi mezzi finanziari di cui dispone. La galleria, successivamente trasformata in galleria degli specchi, era destinata a contenere le vaste collezioni artistiche di Eugenio, fra cui la celebre specchiera di Narciso poi trasferita nella Villa Farraggiana di Albissola, di proprietà della stessa famiglia. Nel 1702 il palazzo, pur essendo iscritto nel secondo bussolo del rollo del 1664, ospitò il re di Spagna Filippo IV.

Girolamo II Ignazio (1676-1747), che secondo l’anagrafe fiscale del 1738 figura al quarto posto tra i più ricchi di Genova, alla morte dello zio Eugenio (1705) divenne l’intestatario del fedecommesso del palazzo. Nel 1705 la costruzione fu completamente trasformata da Carlo Fontana, l’architetto ticinese che ne modificò il portale, l’atrio e gli scaloni, aggiunse il cortile e il giardino pensile affacciato su via Prè e il bacino del Porto Vecchio, creando un insieme di grande valore scenografico. E sempre in quegli anni venne incorporato anche il teatro del Falcone, attivo già da diversi anni.

Alla morte di Girolamo la proprietà passò alla figlia, Maria Maddalena, maritata nel 1734 al giovane cugino Marcello Durazzo detto Marcellino, Doge di Genova (dal 1767 al 1768). Questi ospiterà nel palazzo nel 1784 l’imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena. L’ultimo discendente maschile di questo ramo della famiglia a possedere il palazzo fu Girolamo III Luigi Durazzo, tra i fondatori dell’Università di Genova. Girolamo, occupando le massime cariche all’epoca della Repubblica Ligure, ricevette splendidamente nel suo palazzo Gioacchino Murat e la moglie Carolina Bonaparte, e in seguito lo stesso Napoleone. Alla sua morte, nel 1809, il palazzo passò alla sorella Maria Francesca, sposata a Giuseppe Maria Durazzo (ramo dei Durazzo di Gabiano) e il loro figlio Marcello (1777-1826) lo alienò nel 1824.

Ad acquistarlo fu casa Savoia che a seguito della restaurazione aveva annesso la Repubblica di Genova al Regno di Sardegna. Il Re Carlo Felice di Savoia lo adibì a residenza ufficiale prevalentemente nei mesi estivi. A seguito dell’acquisto, alcuni dei più importanti dipinti della quadreria Durazzo furono trasferiti a Torino, fra cui la Trinità di Tintoretto, la Sacra Famiglia di Van Dyck e la celeberrima Cena in casa di Simone di Paolo Veronese, sostituita da una copia, nonostante le accese proteste dei genovesi. Il dipinto, realizzato per i monaci benedettini dei Santi Nazaro e Celso di Verona, era stato acquistato nel 1646 per 8’000 ducati dalla famiglia Spinola, che poi la cedette ai Durazzo, che allestirono la sala ancora oggi denominata Sala del Veronese[6].

Nel 1842, in occasione delle nozze di Vittorio Emanuele II di Savoia e Maria Adelaide, la famiglia reale incaricò lo scenografo genovese Michele Canzio di trasformare alcuni ambienti, quali le sale del Trono e delle Udienze ed il salone da Ballo, per adattarle alle nuove necessità di rappresentanza. Anche gli appartamenti del primo piano nobile furono ristrutturati e ridecorati da parte dei principali artisti genovesi (Giuseppe Isola, Giacomo Varese, Santo Varni). Fu ricostruita nel 1885 l’appendice, che i genovesi chiamavano Ponte Reale, che, scavalcando la strada carrabile (allora chiamata strada della marina, oggi via Gramsci) collegava direttamente il palazzo con l’imbarcadero del porto, e la regia tribuna all’interno della chiesa di san Sisto.

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