comune 

Città come una giungla dopo il divieto di uso del glifosato. Colpa di un rapporto scientifico falsificato

Da quando non si usa più il diserbante la città è diventata una foresta di erbacce. Il prodotto era stato bollato come cancerogeno e messo fuori legge da Oms, Unione Europea e, di conseguenza, governo italiano. Si scopre ora che il rapporto scientifico è stato manomesso: il diserbante (a basso costo) non è affatto cancerogeno. Sul banco degli imputati un istituto scientifico francese. Sospetti sulle le multinazionali della chimica

Da qualche anno la città è diventata foresta, con liane di rovi che scendono sulle mattonate ormai più simili a prati a gradoni a causa dell’erba che fa scivolare i pedoni e divelle mattoni e lastre. In stagione piazza Matteotti accoglie i turisti con una selva di ciuffi d’erba e piazza Caricamento pare un campo da calcio. Uno scenario senza colore politico, perché era così sotto Doria ed è così adesso che governa Bucci. Colpa della partecipata che dovrebbe tagliare le erbacce? Macché, è un problema internazionale. Scopriamo, adesso, certamente causato da un errore, forse voluto e suggerito dalle multinazionali della chimica. Vediamo perché.

La parola magica è “glifosato”, un diserbante: ammina individuata negli anni ’50 del secolo scorso da una multinazionale chimica e farmaceutica svizzera e poi, negli anni ’70, risintetizzata per caso dal colosso statunitense Monsanto. Il brevetto è scaduto nel 2001 e ormai in tanti lo producevano. Il costo era crollato.
Poi, improvvisamente, la notizia shock: lo Iarc, l’istituto lionese di ricerca sul cancro da cui dipendono le decisioni dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) sulle sostanze cancerogene, emette una monografia dove si legge che il glifosato è il Male: <cancerogeno e pericoloso>.
Lo IARC è stato coinvolto in uno scandalo nel giugno 2017 quando la Reuters ha riferito che Aaron Blair, a capo del gruppo di revisione del glifosato dell’IARC, ha nascosto informazioni che non mostravano alcun collegamento tra glifosato e cancro. 

Vico dietro il coro di San Salvatore

In Italia il Ministero della Salute – Ufficio Sicurezza e Regolamentazione dei Prodotti Fitosanitari, dispone la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio e modifica delle condizioni d’impiego di alcuni prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva Glyfosate in attuazione del regolamento europeo (UE) 2016/1313 a far data dal 22 agosto 2016.

Qui a Genova, l’assessore meno operativo e più problematico della giunta Doria, Italo Porcile (non è riuscito a farsi approvare nemmeno un regolamento per la guerra anche di ampia parte della maggioranza, ma è riuscito perfettamente a suscitare la rivolta dei possessori di Vespe e altri mezzi Euro 0 e delle associazioni animaliste, compatte per la prima volta nella storia), appreso del futuro divieto e (giustamente, alla luce dei dati diffusi) preoccupato per lavoratori e popolazione, mette fuori uso il glifosato con un anno d’anticipo. Risultato: la città già nel 2015 si trasforma in una giungla.

L’allora presidente di Palazzo Ducale, Luca Borzani, visto il mancato intervento comunale coi diserbanti, mette in carico della Fondazione il diserbo in piazza Matteotti e sulle rampe di accesso, prima che un turista scivoli e si faccia male. Il resto della città è un disastro: pericolose creuze e mattonate, indecoroso il resto.

Salita della Tosse

L’attuale assessore, Matteo Campora, entra in carica che il divieto è già nazionale e internazionale. La giungla resiste, nonostante l’impegno degli addetti. È che per riuscire a mettere rimedio non servirebbe l’attuale organico, ma un irragionevole esercito di centinaia di uomini armati di decespugliatore e falcetto. La situazione è ingovernabile.
Ora si scopre che il risultato delle ricerche Iarc è stato taroccato facendo apparire cancerogeno il glifosato che, con tutti i difetti che può avere, cancerogeno non è. Le analisi degli scienziati parlavano chiaro, ma sono state cambiate da mano misteriosa e l’assoluzione era diventata condanna per il prodotto.

Ora lo Iarc è sotto accusa da parte della comunità scientifica e la nuova direttrice, Elisabete Weiderpass, dovrà rispondere dell’errore in modo più convincente di quanto sia successo in passato. È stata veramente una lobby anti glifosato a mistificare il rapporto dell’istituto per poter introdurre in commercio e rendere insostituibili prodotti più cari, ma a questo punto insostituibili a causa delle norme di legge?

Certo è che un uomo di 75 chili per morire di glifosato dovrebbe bere una quantità compresa tra un bicchierone di 225 centilitri e più di una bottiglia (1,1 litri) di prodotti prima normalmente in commercio (con concentrazione dell’ammina al 30%) per avvelenarsi. E, comunque, mai e poi mai si ammalerebbe di cancro usandolo sulle erbacce.
Si attende ora la revisione dell’Oms, dell’Europa e dello Stato Italiano a tutto beneficio anche della nostra città.

A questo link un interessante approfondimento firmato da Ian Musgrave, farmacologo molecolare, docente senior in Farmacologia, Università di Adelaide.

Related posts