Il goliarda-chirurgo, il rettore “politicamente corretto” e la cruda verità dei dati sul sessismo “in cattedra”

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(In una vecchia foto dei tempi dell’Università, Marvin Menini, già “Sublime Kaliffo” del Kaliffato d’Al Baroh – che raccoglie gli iscritti delle facoltà scientifiche, mentre gli iscritti delle facoltà umanistiche fanno solitamente parte del Dogatum – con la feluca rossa di Medicina. A sinistra, Gabriele Morasso, che fu anche lui Kaliffo, con la feluca nera di Ingegneria. Oggi Menini è medico chirurgo, specializzato nella chirurgia della mano e ha deciso di scrivere una lettera aperta al rettore Comanducci)

“Sabato sera, durante l’evento “notte di luce” promosso dall’Università di Genova, i goliardi capitanati dal serenissimo Doge Paganus de Federiciae II, hanno preso in custodia il vessillo che svettava solitario e privo di considerazione all’evento. Nei prossimi giorni verrà sottoposto al magnifico rettore, Paolo Comanducci, il tradizionale papiro di riscatto, con la richiesta di un pagamento simbolico in bacco, tabacco e venere” consistente, hanno fatto poi sapere i goliardi, in 69 pacchetti di sigarette, 6,9 litri di champagne e i reggiseni autografati delle docenti del senato. Sembrava un’ordinaria storia di goliardia, come quella che vent’anni fa portò l’Ateneo a “pagare” al Doge Francesco Maria Imperiale, un riscatto fatto dai reggiseni autografati da alcune docenti di giurisprudenza. E invece no. Il rettore non l’ha presa bene. “Per noi non c’è niente di goliardico in questa azione – ha fatto sapere il suo portavoce, Luca Sabatini – se riportano in fretta il gonfalone è meglio, evitiamo di trasferire l’accaduto in altri ambienti. I goliardi si sono autodenunciati di furto aggravato. Sono richieste che potevano andar bene negli anni settanta, ma oggi sono fuori luogo, soprattutto in un momento in cui è alta l’attenzione alle politiche di genere. è una richiesta sessista”. Al netto del fatto che ormai da molto tempo ci sono molte donne in goliardia e che personaggi illustri della nostra città hanno portato la feluca, da Enzo Tortora ad Alfredo Biondi, l’attuale rettore, tra le mille difficoltà che l’attuale Università deve affrontare, sembra, dunque, aver individuato nella tradizionale “uccellagione del Gonfalone” un problema serissimo, da affrontare “di petto”. Insomma, prende sul serio la cosa (e si prende molto sul serio) quando fa sapere, in sostanza, di esser pronto a denunciare i goliardi gettando via con due righe di comunicato una tradizione che ha origini medioevali e che fu veramente interrotta solo durante il periodo fascista, quando gran parte delle associazioni studentesche furono soppresse e furono istituiti i “Guf”, Gruppi universitari fascisti. Generazioni di goliardi (anche piuttosto recenti) ricordano le cene con il decano Raffaello “Lello” De Caro, principe della goliardia, che faceva parte di quegli studenti che nel 1946, subito dopo la caduta del Fascismo, fondarono il Dogatum. Subito dopo la guerra, quindi, la goliardia riprese, ma con l’avvento del Sessantotto e di tutto ciò che ne scaturì, fra gli studenti universitari l’impegno politico prese decisamente il sopravvento su qualsiasi altro tipo di attività. E la prima a farne le spese fu l’attività goliardica, così come era andata strutturandosi negli ultimi anni, giudicata da sinistra troppo scanzonata e disimpegnata a confronto coi fatti che in quegli anni sembravano sconvolgere il mondo. Prese di mira, anche per via di quel gioco a tratti autoreferenziale e per molti incomprensibile, le associazioni goliardiche subirono un lento declino fino alla quasi totale scomparsa, nel periodo definito “sonno”, che va dalla metà degli anni settanta fino alla metà degli ottanta, quando i nuovi goliardi andarono alla ricerca dei vecchi goliardi (in primis, di Lello De Caro) per far ricominciare la tradizione. Negli anni ’70 citati dal portavoce del rettore, insomma, la goliardia viveva invece uno dei suoi periodi più difficili.
Vale la pena ricordare come Adriano Sofri descrive il “sonno” della goliardia determinato da motivi ideologici. In sostanza, goliardia e ideologie politiche hanno sempre fatto a cazzotti (a causa dell’attitudine delle seconde a voler disinnescare, disarticolare e cancellare la prima) e la circostanza sembra ripetersi ancora.
“Il movimento studentesco dei secondi anni 60 […] , spazzò via la goliardia prima che per ragioni politiche per ragioni più profonde e irresistibili, e irreversibili, anche. Esso diede espressione a un mutamento demografico e sociale che aveva moltiplicato il numero dei giovani e la loro affluenza agli studi. Presto gli universitari non sarebbero più stati una ristretta minoranza di figli di papà, consapevolmente gelosa, e perfino ostentatrice, del proprio privilegio sociale. Ancora più importante, il movimento studentesco, che fu, per contagio, movimento più vastamente giovanile, ebbe una partecipazione numerosa e attiva di ragazze. Non era mai avvenuto nella storia. Mai una generazione nuova aveva affrontato la propria iniziazione sociale in una “classe mista””. (Adriano Sofri, Così il ’68 sconfisse la Goliardia, in Panorama, 18 gennaio 2001).
Marvin Menini
, ex goliarda (ma in realtà un goliarda non diventa mai “ex”), oggi chirurgo, ha sentito la necessità di scrivere al Rettore per respingere al mittente le accuse di “sessismo” alla goliardia. Tra le tante verità storiche che scrive, ce n’è una su tutte che dovrebbe far meditare il mondo dell’università:  “In Italia ci sono più capi ordine donna di quanto non siano i rettori di sesso femminile, e ci sono più donne in goliardia di quante siano quelle con una cattedra”. Ecco il testo integrale della lettera di Menini.

Ill.mo e Magnifico Prof. Comanducci,

tengo ancora vivo il ricordo del Prof. Pontremoli, all’epoca Magnifico Rettore del nostro Ateneo, che infila scherzosamente il proprio Tocco nel pitale – dono dei Goliardi – all’inaugurazione dell’anno accademico. Come ricordo bene la sera in cui il Prof. Bignardi, a sua volta Magnifico, veniva nominato Cavaliere di S. Giorgio, massima onorificenza goliardica ligure, dal Serenissimo Doge Imperante.
Anni ne sono passati, adesso non indosso più il Berretto (istituito da un suo – non me ne voglia – ben più celebre predecessore : il Prof. Giosuè Carducci Rettore dell’Alma Mater Studiorum) ma la cuffia da sala operatoria, ed al posto della penna tengo più sovente in mano un bisturi.
La reazione dell’Ateneo all’Uccellagione del Gonfalone ha suscitato nel sottoscritto profonda amarezza. Non mi sento solo : molti altri ex studenti di questa Università gloriosa hanno provato analogo sentimento, e leggendo i commenti alla notizia anche tutti i cittadini in genere si domandano quello che mi domando io. Perché, Magnifico Rettore, si calca la mano e si cerca di mostrare i muscoli nei confronti di un gruppo di Universitari che, anzi, sono profondamente rispettosi del nostro Ateneo e della nostra antica tradizione di scholari? Perché tali muscoli non vengono utilizzati con la stessa rapidità ed efficienza contro chi imbratta, occupa, svilisce le nostre aule? Lei è come un buon padre di famiglia, che predilige sgridare il figlio allegro ma rispettoso piuttosto che quello maleducato ed impertinente. Mi verrebbe da dire che è più facile prendersela con i deboli caro Magnifico Rettore, ma non ho intenzione di scadere nel populismo più di quanto non sia necessario.
Auspico invece ad un ritorno di quel sano spirito che animava un tempo il nostro Ateneo, quando il Rettore invitava all’inaugurazione gli esponenti degli ordini goliardici, come peraltro accade in tutti gli atenei italiani. A ricordare che la tradizione, come la cultura, ha radici profonde ed antiche.
A ricordare che i goliardi rappresentano lo spirito immortale della gioventù, e della spensieratezza che ha accompagnato tutti noi negli anni dello studio.
Portare l’ermellino e sdegnare i goliardi equivale ad una contraddizione in termini che forse meriterebbe una soluzione. Non importa quale, ma o da una parte o dall’altra. O si rispetta la tradizione del nostro Ateneo, incluse le bravate innocue degli studenti oppure si volta pagina, e si lasciano goliardi ed ermellino a casa.
In ogni ateneo europeo, la Goliardia è accettata e rispettata, non viene vissuta come un corpo estraneo come accade adesso a Genova. E le chiedo per cortesia di evitare le accuse di sessismo: le assicuro che in Italia ci sono più capi ordine donna di quanto non siano i Rettori di sesso femminile, e ci sono più donne in goliardia di quante siano quelle con una cattedra. Al Vostro portavoce poi consiglierei di studiarsi meglio la storia recente del nostro paese : negli anni ’70 la Goliardia covava, silente, sotto le ceneri del ’68 e delle barricate, peraltro issate per buona parte proprio dai Goliardi.
Chissà, forse il calo importante delle iscrizioni nel nostro Ateneo è anche il frutto di questa politica di non-dialogo con gli studenti. Forse, i giovani di oggi sentono la distanza con i loro docenti come un qualcosa di incolmabile. E di certo, questa vostra reazione ne è la prova.
Ed è un peccato. Molti di coloro che hanno fatto parte della goliardia genovese, sono attualmente stimati professionisti, ricercatori, docenti: sparsi per il globo a rappresentare anche il nostro Ateneo. A significare che la Genova universitaria è stata una grande fucina di uomini del domani, ed auspichiamo tutti che continui ad esserlo.
Un Ateneo moderno ma capace di non dimenticarsi della Tradizione, ovvero le profonde e robuste radici dai cui nasciamo.
“Noi siamo nani su spalle di giganti”, diceva Bernardo di Chartres. Non conosco la Sua altezza fisica, Magnifico Rettore, e pertanto evito le analogie con le canzoni di De Andrè. Ma credo che il Professor Carducci una tiratina di orecchie gliela darebbe volentieri.
Con rispetto, un ex studente.

Marvin Menini

Anche Gianni Plinio, della direzione nazionale di Fratelli d’Italia-An, si è schierato a difesa dei goliardi: “Da vecchio goliarda non posso che stare dalla parte dei goliardi genovesi. Invito il Rettore Paolo Comanducci a non drammatizzare una goliardata minacciando assurde e ridicole denunce per furto. Piuttosto si vada ad un’ onorevole transazione con il Doge riscattando il gonfalone con un congruo corrispettivo in Bacco, Tabacco e Venere. Tra i militanti dei Centri sociali graziosamente ospitati in locali dell’Università ed i goliardi che rapiscono scherzosamente il gonfalone dell’Ateneo sono decisamente da preferire i secondi. Ben venga, in ogni caso, in epoche grigie e spesso anche violente come le nostre, un revival di goliardia che, va sottolineato, è anticonformismo, irriverenza nei confronti del potere e spesso anche censura ironica del malcostume dilagante”.

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