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Conto alla rovescia per l’apertura della ex chiesa di Sant’Agostino. Tornerà anche la “Margherita di Brabante”

Esposizione delle opere marmoree trasferite dal complesso che fu convento per consentire i lavori nel museo vero e proprio. Apertura il 30 maggio. Dopo il restauro all’Opificio delle Pietre Dure, tornerà l’opera di Giovanni Pisano, risalente al 1313, parte del monumento funebre di Margherita di Brabante, moglie dell’Imperatore Enrico VII, che morì a Genova all’età di 36 anni

Sono iniziate le attività di allestimento delle opere e l’organizzazione degli spazi espositivi in vista della riapertura al pubblico di Sant’Agostino. Il restyling, sul masterplan dello studio GTRF-Tortelli Frassoni Architetti Associati, incaricato dal Comune di Genova, riguarda in questa prima fase, l’ex chiesa, costruita alla fine del XIII secolo e ora sconsacrata.

Attraverso un percorso suggestivo, le opere del periodo medievale, in particolare marmoree, troveranno spazio tra le arcate gotiche della ex chiesa. Anche la statua di Margherita di Brabante, tra i pochi frammenti superstiti dell’imponente mausoleo dedicato all’imperatrice moglie di Arrigo VII, morta a Genova nel 1311, tornerà appositamente dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze per essere di nuovo esposta a Genova.


La “Margherita di Brabante” rappresenta la più originale e libera scultura europea del XIV secolo (1313 circa) e venne commissionata a Giovanni Pisano, il più importante scultore dell’epoca, dall’Imperatore Enrico VII come tributo all’adorata moglie Margherita di Brabante che morì a Genova all’età di 36 anni la notte del 13 dicembre 1311 e venne subito venerata come santa. Si conosce molto poco di questo monumento originale che si trovava nella chiesa di San Francesco di Castelletto che venne demolita assieme al convento agli inizi del XIX secolo.

Il monumento era imponente, innovativo e toccante, ma purtroppo ne rimangono pochi frammenti. Da questi si deduce un nuovo concetto: la regina viene portata in paradiso con un intenso sguardo di speranza che non ha precedenti nell’arte e rimanda ai versi della Divina Commedia di Dante. Corpo e anima si congiungono subito dopo la morte, come si conviene ai santi, e la regina, dischiusa la bocca sorridente come ritornando a respirare, guarda in alto colma di speranza in Dio.

L’opera in marmo, alta circa un metro e mezzo, rappresenta Margherita sollevata per le braccia da due angeli-diaconi, che la aiutano nella sua ascensione in Paradiso, non nel giorno del risveglio dei morti alla fine dei tempi, ma nel momento immediatamente successivo alla sua morte, quando ella rinasce dotata di un “corpo glorioso”, bella e luminosa per la santità della sua vita terrena, e può subito godere del premio che le spetta per la sua santa e caritatevole vita terrena: la visione di Dio.

Il gruppo non è integro: l’angelo sulla sinistra è sprovvisto di capo e di mani, Margherita del braccio destro, mentre all’altro angelo manca la testa.

Il materiale utilizzato è il marmo apuano, con il quale il Pisano crea un ritratto credibile, ma che si allontana dal vero aspetto della sovrana; ella infatti, secondo gli storici, aveva un viso dai lineamenti semplici e bocca sottile, mentre lo scultore le attribuisce dei lineamenti più pronunciati e labbra carnose. Da notare il particolare dello sguardo dell’imperatrice: la resa della spinta trascendentale verso il Divino che traspare dal volto della donna costituisce un precedente importante per la rappresentazione dell’estasi mistica in figure successive (come la statua di Santa Teresa d’Avila del Bernini).


L’esposizione consentirà di effettuare nuovi studi e approfondimenti scientifici sulla produzione artistica medievale genovese, nell’anno di Ianua-Genova nel Medioevo.

I visitatori, da giovedì sera, potranno accedere a un primo spazio totalmente immersivo ed emozionale, attraverso una proiezione multimediale, che porterà nel contesto culturale del Trecento genovese, poi attraverseranno una “foresta di capitelli” (ne saranno esposti circa 60, in marmo di Carrara, emblematici dell’architettura del tempo).

Dopo l’ingresso nello spazio gotico della chiesa, il percorso dei visitatori sarà guidato da una sequenza tematica ordinata per conoscere la cultura, la politica, il potere, la devozione religiosa e l’autocelebrazione delle famiglie genovesi attraverso le principali opere che la città ha conservato, in un affascinante connubio tra gli archi, le colonne e le volte della chiesa e i marmi del museo. I lavori, iniziati ad aprile, hanno visto fino dalle prime fasi progettuali il coinvolgimento della Soprintendenza e del Comitato Scientifico, e hanno interessato la demolizione di una gradonata in laterizi, realizzata negli anni novanta del ‘900, al culmine della quale era posta la statua del Genio dell’armonia, la cui copia è nel pronao del Teatro Carlo Felice.

La seconda fase della riapertura, entro novembre, riguarderà il deposito dei marmi. Nel 2025, sarà riaperto il chiostro quadrangolare dopo il restauro delle vetrate, della pavimentazione e del giardino interno, compresi interventi di abbattimento delle barriere architettoniche, adeguamento impiantistico e illuminotecnico. Saranno poi riallestite le opere medievali nel chiostro quadrangolare al primo livello del museo, definita una nuova sezione museografica al piano terra dedicata al rapporto di Genova con l’Oriente e sorgeranno nuovi spazi per l’accoglienza e di servizio per i visitatori (biglietteria, bookshop, caffetteria). Infine, saranno riallestiti il Pallio bizantino, le sculture lignee – al primo livello del chiostro triangolare -, e le opere rinascimentali e barocche nel chiostro quadrangolare al secondo livello del museo.

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