Facce de Zena 

Sofiane, arrivato dall’Africa, è morto per un malore in mare a Voltri. La salma riconosciuta dal fratello

Si chiamava Sofiane, aveva solo 24 anni, arrivava dal Burkina Faso, un paese travolto da continui colpi di stato, guerre civili, scontri di natura etnica e religiosa, terrorismo ed eventi climatici estremi. Alla tendopoli del ponente di Genova era arrivato da Trapani il 21 settembre

Al fratello, anch’esso ospite della struttura, è toccato il triste compito del riconoscimento della salma.

«Questa mattina intorno alle 12 stava facendo il bagno con altri 3 compagni quando ha improvvisamente accusato un malore sulla riva. Immediato l’allarme degli altri presenti e immediati i soccorsi, ma non c’è stato nulla da fare. La salma è a disposizione dell’Autorità giudiziaria» spiegano alla Croce Bianca Genovese.

Comprensibile situazione di lutto all’interno della tendopoli.

Sofiane, che ha trovato la morte in un momento di svago nel ponente della nostra città, era scappato da uno dei paesi del mondo dove l’emergenza umanitaria è più grave.

Il Burkina Faso vive una situazione critica conseguenza di diversi elementi, tra cui l’instabilità politica, i cambiamenti climatici in corso, il flagello del terrorismo. Un indicatore inequivocabile di questa emergenza è il Global Terrorism Index, che classifica il Burkina Faso al secondo posto nella lista dei paesi più colpiti dal terrorismo, subito dopo l’Afghanistan.

Il 2022 ha visto il drammatico aumento del 40% nelle necessità umanitarie della popolazione burkinabé, con quasi un cittadino su quattro che richiede assistenza umanitaria. Il governo si trova in una posizione di limitata autorità sul proprio territorio, a causa della persistente presenza di gruppi armati jihadisti. Questa presenza ostacola le operazioni delle organizzazioni umanitarie, come dimostrato dall’annuncio di Medici Senza Frontiere di sospendere le proprie attività all’interno del paese dopo l’atroce assassinio di due dei suoi membri avvenuto nel febbraio 2023.

La situazione del Burkina Faso, che si trascina da tempo, è passata in second’ordine all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale a causa di eventi più recenti, come l’esplosione del conflitto in Ucraina e il recente colpo di stato militare nel vicino Niger. Inoltre, la copertura mediatica rimane esigua, in gran parte a causa delle difficoltà incontrate dai giornalisti e dagli inviati stranieri nell’accedere alle zone di combattimento.

Dal 2015 il Burkina Faso è coinvolto in una spirale di violenza perpetrata da gruppi jihadisti affiliati allo Stato Islamico e ad al-Qaeda. Secondo l’Ong Acled, gli scontri hanno causato più di 17mila morti tra civili e militari, di cui oltre 6mila dall’inizio del 2023. A questi si aggiungono i morti per eventi climatici estremi e per carestia.

L’insicurezza costringe un numero crescente di burkinabé alla fuga, mettendo ulteriormente a dura prova la fragile regione del Sahel. La popolazione fugge in Costa d’Avorio, Mali, Niger e Benin. Non c’è solo l’insicurezza, ma c’è anche la fame. Il Sahel (che abbraccia ampie regioni di Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad) è anche afflitto dalla crisi climatica, con un aumento delle temperature pari a 1,5 volte la media globale. Questo sta esacerbando le vulnerabilità di fondo degli stati nel gestire popolazioni in rapida crescita, la devastazione ambientale, i disastri naturali, un’inversione dei progressi di sviluppo e l’interferenza da parte di attori non governativi. L’emergenza climatica sta anche aggravando i conflitti per le scarse risorse. Chi riesce a fuggire e raggiunge il Mediterraneo, si gioca la vita nei viaggi sui barconi per raggiungere le coste italiane. Sofiane e suo fratello c’erano riusciti e il ventiquattrenne, stamattina, giocava con alcuni coetanei tra la riva e il mare, finalmente in salvo. Poi il malore, i soccorsi che non sono bastati a salvarlo, la morte proprio nel Paese che rappresentava per lui una speranza di futuro lontano da guerre e carestie.

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