Al Forte di Santa Tecla la rievocazione storica dell’assedio di Genova del 1800


Appuntamento il 13 e 14 maggio. Accesso gratuito, ma bisogna prenotare. Ecco come


Il 13 e 14 maggio al Forte di Santa Tecla, grazie alla stretta collaborazione tra Rete forte Santa Tecla, Comune di Genova e Municipio Bassa Valbisagno per la prima volta nella nostra città si svolgerà una rievocazione dell’Assedio del 1800: più di 50 rievocatori, un pezzo di artiglieria, ambienti dell’epoca ricostruiti.
Ingresso gratuito, obbligatoria la prenotazione, vai su www.retefortesantatecla.it


L’assedio di Genova, svoltosi fra il 6 aprile e il 4 giugno 1800, ha visto contrapporsi la Prima repubblica francese e la Seconda coalizione per la difesa della città ligure.
In Italia, dopo la lunga serie di sconfitte subita dai francesi nell’estate del 1799 quest’ultimi ripararono dietro l’appennino ligure, abbandonando quindi zone come la Lombardia e il Piemonte.
Il Primo Console Napoleone Bonaparte affidò il comando delle forze (circa 40 000 soldati) al generale Massena.
Bonaparte, al comando dell’Armata di Riserva, intendeva scendere attraverso la Svizzera dalle Alpi per cogliere quindi alle spalle i nemici rivolti verso Massena grazie anche al supporto fornito dal distaccamento di Claude Jacques Lecourbe e dal corpo d’Armata di Moureau impiegato nelle zone piemontesi.
Ma, a differenza delle previsioni, l’improvvisa aggressività del nemico colse di sorpresa i francesi, specialmente il generale Melas con 97 000 uomini si diresse verso i soldati in Liguria, rassicurato anche dal fatto che una volta battuti i francesi la strada verso la Provenza sarebbe stata spianata. Inoltre un contingente britannico di stanza a Minorca avrebbe dovuto sbarcare nello stesso obiettivo di Melas, ma le cose non andarono così poiché l’ammiraglio Stuart non ricevette sufficienti soldati dal ministro britannico della guerra Dundas e quindi si dimise, il suo sostituto arrivò solo a campagna conclusa.
Il generale Melas, prima di attaccare il contingente di Massena, preferì lasciare più di metà del suo esercito a guardia delle linee dei rifornimenti, attaccando quindi il 5 aprile. Massena, che aveva distribuito le sue esigue forze su oltre 250 km² di territorio, aveva affidato il comando dell’ala sinistra (12 000 uomini tra Finale Ligure e il Passo del Moncenisio) al generale Louis Gabriel Suchet, mentre teneva per sé il comando di una riserva centrale di circa 15 000 uomini dal suo quartier generale a Genova; nel settore occidentale Nicolas Soult aveva preso il comando delle difese fra il Colle di Cadibona e Torriglia con altre tre divisioni.
Questa tattica permetteva un migliore approvvigionamento e attirava al massimo le truppe nemiche, anche se lo esponeva ad un rischio troppo alto se gli austriaci avessero voluto attaccarlo in forze. Infatti, il 5 aprile Melas attaccò i francesi, questi ultimi respinsero gli austriaci senza troppe difficoltà, ma il secondo attacco rivelò che il primo si era trattato solo di un diversivo, poiché questa volta attaccarono 60 000 uomini divisi in quattro colonne verso Savona per frammentare il già debole fronte francese, mentre l’ala sinistra austriaca occupò Recco e respinse il settore destro fino a Nervi a nord Federico di Hohenzollern conquistò il Passo di Cadibona. In tre giorni la manovra venne completata, spezzando in due l’armata d’Italia.
Il generale Massena
Massena, rendendosi conto di essere stato tagliato fuori e circondato dal nemico, il 10 aprile si asserragliò con i suoi uomini dentro Genova e attese, siccome per mare era impossibile ritirarsi, poiché la Gran Bretagna con una squadra navale bloccò il porto già diverso tempo prima, impedendo quindi ogni tipo di approvvigionamento alla città. In particolare fu proprio la difficoltà di reperire cibo a mettere in ginocchio il capoluogo ligure.
Il ripiegamento
Massena, rendendosi conto di essere stato tagliato fuori e circondato dal nemico, il 10 aprile si asserragliò con i suoi uomini dentro Genova e attese, siccome per mare era impossibile ritirarsi, poiché la Gran Bretagna con una squadra navale bloccò il porto già diverso tempo prima, impedendo quindi ogni tipo di approvvigionamento alla città. In particolare fu proprio la difficoltà di reperire cibo a mettere in ginocchio il capoluogo ligure.
La fame
La città, come già detto, soffriva da diverso tempo a causa dello scarso approvvigionamento di cibo,[N 2] attenuato in parte dai pochi velieri che riuscirono a entrare in porto prima del blocco navale britannico, dimostrandosi così provvidenziali. Tuttavia, la fame nella città era dilagante, siccome, oltre agli 85 000 genovesi, si aggiunsero altri 35 000 profughi delle zone vicine, da sommare ai 15 000 soldati di Massena, e gli scarsi approvvigionamenti portati dalle imbarcazioni che fortunosamente erano riuscite a entrare nel porto prima del blocco navale non potevano bastare.
L’assedio
Già prima dell’asserragliamento di Massena in città (10 aprile), la squadra navale inglese, guidata dall’ammiraglio Keith, bombardò Genova con i vascelli Cormoran e Camaleon. La città venne accerchiata anche da terra dalle forze austriache, che per oltre due mesi non fecero passare nessun tipo di approvvigionamento o di informazione in città, fattore che influenzò fortemente le decisioni di Massena. A questo punto al generale nizzardo non rimase altra scelta che resistere il più possibile nella speranza che l’Armata di Riserva potesse giungere in suo soccorso. A minare il suo tentativo, però, oltre al nemico si aggiunsero anche la carestia e una violenta epidemia. Organizzò delle cucine all’aperto per chi non aveva mezzi per cucinare, dedite alla distribuzione di zuppe vegetali, e con dei “buoni” assegnava nominalmente i più bisognosi alle famiglie benestanti, affinché fornissero loro l’aiuto necessario per sopravvivere.
Le trattative e la resa
Il 2 giugno, termine di scadenza dato da Napoleone a Massena per l’arrivo delle sue truppe in supporto, quest’ultimo, non vedendo cambiamenti, si decise a trattare i termini della resa. Era ignaro che Bonaparte aveva già minacciato gli austriaci, al punto da far ordinare al generale Ott di levare l’assedio, che tuttavia proseguì in seguito alle richieste del generale austriaco di posticipare la data di ritirata. Pose come condizione di non far apparire in nessun punto del trattato la parola capitolazione, minacciando di concludere immediatamente i negoziati in caso contrario. Inaspettatamente i nemici si dimostrarono incredibilmente accondiscendenti e disposti ad accettare i termini posti dallo sconfitto, anche perché si era resa necessaria una celere conclusione delle trattative per via dell’avvicinamento delle truppe del Primo Console. Il 5 giugno, subito dopo l’uscita delle truppe francesi dalla città, gli imperiali austriaci vi entrarono, sfilando per le vie genovesi.
Una vittoria di Pirro
Subito dopo la vittoria fortunosa di Napoleone a Marengo, gli austriaci furono costretti a lasciare nuovamente la città a venti giorni dalla data del 5 giugno. Vi entrarono le truppe del generale Suchet, rendendo quindi inutile l’assedio.
Il ringraziamento di Massena
A diverso tempo di distanza Massena venne invitato dalla città per ricordare quei giorni, nella sua lettera parla dei genovesi in questi termini: «Io avrei rivisto con il più vivo interesse questa città ormai celebre per l’eroica costanza con cui i suoi abitanti hanno sofferto privazioni di ogni specie, durante un assedio nel corso del quale il nemico prendeva di mira la città come l’Armata. Io non dimenticherò giammai gli sforzi generosi che questo popolo ha compiuto tanto per difendere la sua indipendenza quanto per attaccamento a me; nell’esprimergli i miei sentimenti di gratitudine, fategli sapere anche i voti che io formulai per la prosperità e la tranquillità interna del paese. Io consacrerò da oggi a mantenere questa tranquillità, le armi che ho tanto spesso impiegato a difenderla»
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