Facce de Zena 

È morto Giorgio Bergami, per 70 anni ha raccontato Genova. I suoi reportage ora sono storia

Dai moti del 30 giugno alla costruzione del Ponte Morandi. Ha poi documentato la speculazione edilizia, l’immigrazione dal sud nella nostra città, le condizioni delle carceri minorili (fotoinchiesta che costrinse a cambiare la drammatica situazione di quegli istituti di pena) ai manicomi. Era stato amico di Don Gallo e Fabrizio De André

Bergami aveva 86 anni, con lui scompare la memoria del fotogiornalismo a Genova. L’ultima sua mostra, chiusa nel febbraio scorso, nei voltini Centro Civico Buranello.

Aveva iniziato la sua attività di fotoreporter nel 1953, a soli sedici anni, presso l’Agenzia Publifoto di Genova, fotografando la città del dopoguerra, i personaggi famosi, le lotte operaie e sindacali, specializzandosi poi in fotografia industriale e pubblicitaria, con un passaggio sulla fotografia teatrale e cinematografica.

Enorme il suo archivio, che raccoglie documenti della seconda metà del novecento.

Il presidente della Regione Liguria e assessore alla Cultura Giovanni Toti esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Giorgio Bergami, illustre fotografo insignito anche del premio “Ligure Illustre 2019” promosso dalla Associazione Liguri nel Mondo per i suoi 60 anni di arte fotografica e cinematografia attraverso la quale aveva immortalato le figure più significative e singolari durante la trasformazione della città di Genova. Con i suoi scatti, Bergami ha raccontato in ogni aspetto i profondi cambiamenti della società italiana a partire dagli anni Sessanta.

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