Oggi a Genova 

Case popolari precluse agli stranieri, azione civile contro Comune e Regione

Undici cittadini stranieri residenti a Genova (tutte persone seguite dalla Comunità di Sant’Egidio e da Avvocato di Strada), insieme all’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) hanno proposto nei giorni scorsi al Tribunale di Genova una “azione civile contro la discriminazione” per contestare la graduatoria provvisoria recentemente approvata dal Comune di Genova per l’accesso alle case popolari

«Dalla graduatoria sono stati infatti esclusi numerosi cittadini stranieri per mancata produzione di documentazione attestante l’assenza di proprietà immobiliari nel paese di origine» spiegano gli avvocati Alberto Guariso, Elena Fiorini ed Emilio Robotti.
Secondo i ricorrenti tale richiesta, contenuta anche in un regolamento della Regione Liguria che per questo è stata anch’essa chiamata in causa, «è irragionevole  e discriminatoria perché rivolta ai cittadini stranieri solo in ragione della loro cittadinanza, mentre il cittadino italiano – anche se “proveniente” da un altro paese, o addirittura  nato all’estero – viene ammesso alla graduatoria solo sulla base della autodichiarazione di non avere alcun immobile “all’estero”,  pur essendo identiche, per l’italiano e per lo straniero, le possibilità di controllo, da parte dello Stato, su questo tipo di dichiarazioni. Inoltre, nella maggioranza dei casi i documenti richiesti agli stranieri sono impossibili da reperire a causa della assenza di un sistema catastale nel paese di provenienza; tra gli esclusi, tutti con carta di soggiorno a tempo indeterminato, anche chi, prima straniero, ha appena acquistato la cittadinanza italiana e chi ha lo status di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra».

La questione è già stata esaminata da molti Tribunali italiani che hanno tutti accolto la tesi dei cittadini stranieri: anche nei giorni scorsi analoga decisione è stata presa dal Tribunale di Torino con riferimento a una circolare della Regione Piemonte.  Nel gennaio scorso poi la questione è stata esaminata anche dalla Corte Costituzionale con riferimento a una legge della Regione Abruzzo e la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità della norma (sentenza 9/2021).

Per gli avvocati «L’onere di produrre, in sede di presentazione della domanda, una sorta di certificazione di non possedere abitazioni adeguate all’estero è stato previsto dal bando per i soli cittadini di Stati non UE e, sostengono i ricorrenti, è una condizione iniqua, irragionevole e discriminatoria».
Iniqua perché non solo la gran parte dei paesi non UE non possiede l’istituto del catasto e, quindi, produrre una tale certificazione si rivela di fatto impossibile, ma anche perché la condizione soggettiva dei ricorrenti è di persone che da moltissimi anni risiedono regolarmente in Italia con permesso di soggiorno a tempo indeterminato, che hanno quindi lavorato e contribuito attivamente alla vita del nostro paese, e che godono per legge della piena parificazione nell’accesso ai diritti sociali. Addirittura una dei ricorrenti è diventata cittadina italiana nel tempo di espletazione del bando, ma tale condizione non è stata riconosciuta ed è stata comunque esclusa dalla graduatoria; un altro ricorrente gode, invece, del riconoscimento dello status di rifugiato che prevede per la legge la parità di trattamento di cittadinanza.
L’irragionevolezza dei requisiti del bando (e l’illegittimità dell’esclusione dalla graduatoria) è evidente laddove esso prevede che la proprietà di un alloggio fatiscente in Afghanistan, ma di mq sufficienti secondo parametri indicati (ad es. di 58 mq per 4 persone) impedisca l’accesso alla graduatoria ERP, mentre il medesimo alloggio (o anche più grande) posseduto da un cittadino ligure in Piemonte non lo impedisce, a meno che non ecceda del 21% il valore degli alloggi ERP. Un alloggio molto vicino può anche essere non impeditivo (se di valore modesto) mentre un alloggio dall’altro capo del mondo, per un cittadino non appartenente all’Unione europea, è comunque impeditivo, purché abbia una certa metratura, peraltro ridottissima.
Va detto che la giurisprudenza è già intervenuta su condizioni simili o addirittura identiche previste da bandi della Regione Lombardia e della Regione Friuli Venezia Giulia, dichiarando l’illegittimità di tali previsioni. Proprio di ieri il Tribunale di Torino ha accolto analogo ricorso di Asgi, condannando la Regione Piemonte e il Comune di Torino per comportamento discriminatorio e statuendo che ai cittadini stranieri debbano essere imposti gli stessi oneri documentali dei cittadini italiani.

«Regione Liguria e Comune di Genova avrebbero quindi potuto e dovuto prendere atto di tutte queste pronunce e modificare il bando e il regolamento, come infatti aveva Asgi aveva chiesto preventivamente con una lettera, rimasta senza risposta – concludono i legali -. Ora, se i giudici accoglieranno anche in questo caso le tesi dei ricorrenti, si renderà necessario rivedere la procedura inserendo gli stranieri originariamente esclusi e garantendo in questo modo effettiva parità di trattamento tra italiani e stranieri nella possibilità di accedere agli alloggi pubblici».

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