Oggi a Genova 

La Rotonda, dal grattacielo Liberty al progetto attuale. Proviamo a spiegarvi cosa succede

La situazione dell’affaccio al mare di Carignano analizzata sotto il profilo tecnico e sotto il profilo squisitamente commerciale. Questo articolo è un commento (con molte informazioni), una volta si darebbe detto “un editoriale”: un’opinione e, come tale, una presa di posizione che, però, non ha basi politiche e non è ispirata dall’azienda proponente. Proviamo a spiegarvi la situazione come è ora e cosa i cittadini possono ottenere a questo punto senza assumere posizioni che portino l’intera collettività a pagare pesanti penali e l’area a rimanere un rudere

di Monica Di Carlo

Il commercio a Carignano

Contrariamente a quanto è accaduto e accadrà in altre zone, sotto il profilo commerciale l’inserimento del punto vendita sarà pressoché ininfluente sui punti vendita tradizionali: i (non moltissimi) negozi alimentari di Carignano sono iperspecializzati in qualità e spesso propongono prodotti di nicchia. I prezzi sono piuttosto alti, eppure non molti cittadini si prendono la briga di andare al mercato Orientale o al mercato di Sarzano. Difficile che queste persone si spingano sulla rotonda a comprare quel che già non comprano nei molti supermercati del quartiere. A dover temere sono gli altri punti vendita della Grande distribuzione organizzata e, infatti, quello che sta facendo la guerra totale al progetto è il presidente del Civ che è gestore in franchising di un supermercato Carrefour in zona. Ma le esigenze sue e della sua catena non sono né quelle dei residenti né quelle dei commercianti tradizionali e non è detto che questi ultimi due soggetti convenga di più far una battaglia gradita agli altri marchi della Gdo presenti in zona piuttosto che contrattare, invece, in cambio altri benefici a loro più utili.

Il trasferimento e la guerra tra giganti

Il trasferimento (non è una nuova licenza) è stato causato proprio dall’apertura di un altro supermercato (ovviamente di marchio diverso) davanti a quello che hanno deciso di spostare perché il bacino di utenza, dove era, si era dimezzato. Ormai funziona così: i piccoli, alimentari in primis, sono stati ammazzati commercialmente dai grossi e ha retto solo chi sa dare qualità o servizio; i grossi si stanno uccidendo tra di loro (tanto che in Italia e nel mondo dove la Gdo ha avuto spaziato più che a Genova ora il problema è riusare gli edifici commerciali abbandonati); anche i grossi saranno uccisi da Amazon e dal commercio online. Sopravviveranno (poche) piccole botteghe specializzate e “comode” ai cittadini e i grandi gruppi che sapranno strutturarsi con l’online. Allo stato attuale, quando apre un supermercato in zona ne chiude un altro. Non c’è, di solito, nemmeno incremento del numero dei lavoratori: si assiste spesso a un passaggio dall’uno all’altro gruppo con l’azzeramento dell’anzianità e l’obbligo di una maggiore flessibilità.

Il nodo del pubblico esercizio

Se un problema commerciale legato alla vivibilità della zona potrebbe presentarsi, è quello di chi rileverà il pubblico esercizio. Se sarà un ristorante di ristorazione tradizionale di qualità sarà un servizio e un valore per il quartiere, se – come pare ci sia il rischio – sarà un fast food potrà portare problemi perché sarà inevitabilmente calamita di ragazzetti e meno ragazzetti non esattamente gradevoli (vedi certe frequentazioni di via XX). Se del caso, i residenti potrebbero chiedere il divieto di somministrazione e vendita di alcolici nella nuova licenza, tanto per chiarire immediatamente ed evitare all’origine il possibile problema. Il provvedimento è già stato imposto a un fast food di Sottoripa.

La mancata condivisione

La questione della mancata condivisione con la popolazione è reale, ma tardiva. I proponenti hanno interesse ad accettare di buon grado di discutere la copertura con la gente del quartiere (il progetto per la copertura che verrà presentato a breve è già molto diverso e migliorato rispetto a quello generico inserito nella manifestazione di interesse, che sta girando). Il gruppo commerciale ha tutto l’interesse ad essere ben accolto e nell’ambito del progetto (in cui si farà carico anche del recupero del Poggio della Giovine Italia) arredare la copertura in un modo o nell’altro gli cambierà poco. Non è gente che lesina il quattrino nelle realizzazioni e ha già versato 500mila euro solo per garanzia depositando il progetto a bando. Forse non sapete che alla manifestazione si erano presentati in 3, ma 2 si sono dissolti in una nuvola di zolfo quando c’è stato da impegnare quattrini.
Il tema è che ormai il bando è finito e l’offerta è risultata congrua. Quindi se il Comune retrocedesse dovrebbe pagare come ha fatto in corso Sardegna con la prima promotrice, la Rizzani De Eccher, a cui noi tutti cittadini abbiamo pagato circa 6 milioni di euro per lo stop al suo progetto. Vogliamo far la stessa cosa anche qui e, nello specifico, solo per favorire un altro marchio già sul territorio?

La condivisione andava fatta a monte dal primo assessore al Patrimonio della giunta Bucci, l’allora vicesindaco Stefano Balleari (Fratelli d’Italia), che si è dimesso per correre in Regione ed è stato eletto. La pratica la ha avviata lui e a lui sarebbe toccato condividere con la popolazione il progetto al momento dell’allestimento del bando. Non lo ha fatto e ormai cosa fatta capo ha perché a bando aggiudicato chi lo ha vinto ha un diritto.
Per quanto io sia in genere fortemente critica sull’operato dell’assessore al Commercio Paola Bordilli (ampiamente spalleggiata dal suo partito, la Lega), questa volta devo ammettere che nemmeno è colpa sua come invece sostiene qualcuno per fare opposizione a casaccio (quando, invece, ce ne sarebbe da fare tanta puntuale su altri temi): ricordiamo che la licenza alimentare è un trasferimento. E nemmeno ho da dire sull’assessore all’Urbanistica Simonetta Cenci se non che se avesse aspettato a portare in consiglio la cosa quando i suoi uffici fossero stati pronti a mostrare il progetto definitivo (che anche lei deve ancora vedere, cosa che accadrà a breve) sarebbe stato molto meglio perché ora girano disegnetti approssimativi relativi alla bozza di progetto della manifestazione di interesse che non corrispondono al reale e favoriscono chi, in cattiva o in buona fede, critica senza sapere esattamente quel che sarà la copertura che è il vero punto che sta scaldando gli animi dei cittadini. Probabilmente non saremmo qui a discutere.

Un luogo abbandonato da sempre, tra topi e macerie

Quel luogo è un buco nero, ricettacolo di pantegane, posto splendido, dimenticato e perso alla città da decenni e l’immobiliarizzazione commerciale (stante la situazione delle finanze cittadine) è l’unico modo per recuperarlo in fretta, se si decide di farlo. La manifestazione di interesse poteva essere costruita diversamente, ma ormai il bando è chiuso. Ora, per quanto io sia una fan dell’antico progetto di Renzo Picasso e del suo grattacielo Liberty con idroscalo, risalente al 1917, mi rendo conto che non sono più i tempi e che, a questo punto, o si fa come ora è previsto o non se ne fa nulla. Poi si può discutere se valga la pena aggiustare le “rovine storiche” della città a botte di immobiliarizzazione commerciale creando strutture destinate a diventare città (commerciali) fantasma e a degradarsi di nuovo in tempi accelerati e brevissimi (per i motivi raccontati sopra), ma questa è un’altra storia. Manca una visione un po’ in tutte le fazioni: chi fa sceglie la via più semplice (ma col fiato corto alla luce dell’evoluzione del commercio e del costante decremento demografico e poco inquadrata in un piano generale come fu il nuovo piano regolatore dei tempi di Cerofolini, che fermò la distruzione del centro storico iniziata con Piccapietra e via Madre di Dio, diventati due deserti urbani, dalle amministrazioni Dc della città), chi critica non porta alternative credibili e attacca quasi sempre oltre zona Cesarini, tanto per farlo. Il “bando della rotonda” fu reso pubblico all’inizio della giunta Bucci e fu pubblicato su tutti i giornali. Se l’opposizione fosse uscita, all’epoca, portando soluzioni alternative, avrebbe potuto cambiare le cose, ma non l’ha fatto. E ora ogni critica è solo un modo per fare polemica politica a meno di un anno dalle elezioni comunali, quali frutti potrà dare se non lo stop al progetto, la permanenza di rovine e topi e la somma felicità degli altri gruppi commerciali che non è detto sia quella dei cittadini?

Il supermercato, comunque, sarà invisibile da sopra, da Carignano e questa è una cosa certa. Il limite vero di questa vicenda è l’approccio poco comunicativo e condiviso (le modalità sono spesso, per questa giunta, un harakiri quasi sempre senza motivi reali), la mancata condivisione all’origine del bando con la popolazione e il reale coinvolgimento del Municipio adesso.
Mancano pochi giorni alla presentazione del progetto definitivo e la speranza è che dopo ci sia ampia condivisione sulle aree esterne. No, non avremo mai lo spettacolare grattacielo Liberty con affaccio al mare (oggi diremmo “al waterfront”) pensato all’inizio del secolo scorso da Renzo Picasso. Ma potremo avere una bella copertura, se i cittadini non si faranno usare come movimento di opinione dagli altri gruppi commerciali e come mazza politica dall’opposizione e sapranno contrattare davvero quanti più benefici possibili per il quartiere.

La Torre della Pace di Picasso

[dal sito renzopicasso.com]

Concepita come edificio simbolo, sede di un osservatorio e di una stazione marittima (con attracco per transatlantici, idrovolanti e nautica da diporto, con uffici di rappresentanza dei cittadini.
Ciò che può apparire eccessivamente ridondante nell’osservare questo insolito progetto (volute, paraste, cornicioni, pinnacoli, addirittura una statua della libertà sulla guglia), era molto in voga all’epoca. Se oggi le proposte di Picasso sembrano ardite e innovative per l’organizzazione spaziale e funzionale e gli aspetti logistici che sottintendono, non lo erano particolarmente dal punto di vista architettonico: formalmente retrò e legati alla tradizione accademica del tempo, sono state considerate in epoca contemporanea con sufficienza e solo come manifestazione curiosa di costume.
È quindi importante sottolineare che per Picasso lo “stile” in architettura era un elemento accessorio, un linguaggio utile al decoro degli edifici a prescindere dal loro uso e struttura, non un’espressione della progettualità dell’autore-architetto.

«L’Edificio, indicato in progetto, come “Istituto di rapida e grata educazione fisica e morale”, e piazzato in una località magnifica, che la grande conoscitrice Regina Vittoria d’Inghilterra ha qualificato una delle più belle del mondo, aveva per scopo, attraverso una grande disponibilità di mezzi d’attrazione e di diffusione, di rapidamente piazzarci e mantenerci preferiti sul percorso “Pace”. Irradiato sui tre elementi, la Terra il Mare e l’Aria oltre che ad essere, nella parte più alta, la meta preferita del forestiero, nelle Ricorrenze Nazionali, sarebbe stato insuperabile per consentire alle Autorità comode e meravigliose visuali simultanee di parate terrestri, marine ed aeree. Tra i redditi “extra”, meritano cenno per la loro particolarità, quelli dell’Osservatorio ed annessi distribuiti negli ultimi piani serviti da scale e da due ascensori “bipiani”, come quelli impiantati per la prima volta nel 1931 sul “Sixty Wall Building” quelli di propaganda “Radio” e quelli di concessione “Film”, tra cui, di valore unico, la pellicola della costruzione dell’edificio, che girata da un punto fisso, lentamente e saltuariamente durante tutto il tempo dei lavori sarebbe stata proiettata ininterrottamente in pochi minuti».

Renzo Picasso, 1936

Renzo Picasso (1880-1975) è stato un ingegnere, architetto e designer italiano. Nato a Genova in una famiglia di costruttori e progettisti, agli inizi del Novecento fu più volte negli Stati Uniti rimanendo colpito dalle innovazioni che, in quegli anni, anni, radicalmente stavano trasformando il volto della città americana. Entusiasta, realizzò progetti, disegni e tavole comparative degli aspetti più affascinanti di quello che aveva potuto studiare e ammirare: dai semafori ai grattacieli, dalle metropolitane a piani urbanistici di grande respiro.

Qui altre informazioni e i disegni di altri progetti, come la metropolitana di Genova sotto via XX, studiata nel 1929.

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