Oggi a Genova 

Insulti e minacce, Anidra: «Qui né santoni né setta». I CC indagano su violenze sessuali anche su uomini

Dopo l’arresto del fondatore Paolo Bendinelli e del medico Paolo Oneda, accusati della morte della quarantenne Roberta Repetto per le metastasi di un melanoma “operato” su un tavolo di cucina dell’agriturismo il centro di Borzonasca è stato preso di mira. Intanto i Carabinieri continuano ad indagare anche sulle ipotesi di circonvenzione di incapaci e di violenza sessuale che, spiegano i militari dell’Arma, non è escluso possa essere stata perpetrata anche su ospiti maschili

Si tratterebbe ovviamente, nel caso fosse provata, non di una violenza praticata con la forza (peraltro non è stata usata nemmeno sulle donne), ma attraverso eventuale coercizione psicologica.
Due le indagini: una sulla morte dell’agente immobiliare quarantenne, l’altra, che procede da oltre un anno e che parte dalla denuncia di una famiglia di Brescia. I genitori di una delle donne presenti nel centro si è rivolta alla Procura che ha delegato le indagini ai Carabinieri del comando provinciale di Genova. I militari dell’Arma stanno investigando sotto la guida del generale Alberto Tersigni e dal maggiore Francesco Filippo.

Cosa succedeva nelle casette del centro? Venivano svolte attività di agriturismo e corsi del tutto normali, ma si tenevano anche conferenze sul tema “sesso tantrico” che vendevano tra i partecipanti uomini e donne. I periti nominati dalla Procura dovranno stabilire se i partecipanti, uomini e donne, sono stati condizionati a fare sesso. Sul posto sono stati inviati anche periti a cui alcuni dei partecipanti ai “corsi di sesso tantrico” hanno ammesso che dalla teoria si era passati ai fatti, negando, però, la coercizione psicologica. Saranno, appunto, le perizie a stabilirlo. Per ora, tra le persone che risultano aver partecipato non ci sono minori, ma le indagini proseguono anche per rintracciare tutti coloro che hanno incrociato, in questi anni, nel centro.
Non si è proceduto, al momento, al sequestro di Anidra, anche perché, spiegano gli investigatori, sono diverse le persone che vi risiedono e che se il centro venisse chiuso si troverebbero senza un tetto.

Il centro, dopo l’arresto del suo fondatore e del medico lombardo, è stato bersagliato di insulti e di minacce.

Intanto il centro prosegue a comunicare, anche via social. Nei giorni scorsi ha postato sia uno screen del messaggio di cordoglio postato su Facebook quando Roberta è morta, di cui, qualche giorno fa, in molti avevano messo in dubbio l’esistenza. Il centro aveva risposto sui social che quel messaggio era stato cancellato per volontà di un membro della famiglia della quarantenne deceduta.

Oggi Andra rivolge un appello e un invito di soci e collaboratori agli operatori dell’informazione (che invece, ovviamente, sia attengono ai risultati delle indagini) a verificare a cui viene chiesto di verificare personalmente la situazione del centro. “Chi è stato qui ha visto e capito con i suoi occhi la nostra realtà sociale. Ha potuto vedere che il Centro Anidra non è una “setta” che non esistono “santoni” e che nessuno viene ridotto in schiavitù. Siamo i primi a voler capire cosa sia realmente successo ma non dimentichiamo che le eventuali responsabilità penali sono personali e chi è sotto inchiesta è e deve rimanere innocente fino a prova contraria. Invece, contro di noi, soci, dipendenti, collaboratori, frequentatori del Centro Anidra, seppur né accusati né indagati di alcunché, si è scatenata una gogna mediatica senza precedenti. Siamo sconvolti dalle continue minacce che ci piovono addosso, molte di morte, e abbiamo paura. Il Centro Anidra è un agriturismo, una scuola di formazione, una fattoria didattica e sociale, e negli anni abbiamo sempre lavorato con passione e sacrificio per poter realizzare qualcosa di bello e di utile per tutti i nostri ospiti. Oggi il Centro Anidra è percepito come un luogo infernale, orrendo e perverso, una narrazione che non ci appartiene per cultura, formazione e senso di civiltà. La magistratura accerterà se qualcuno ha sbagliato ma gli altri fino a prova contraria sono innocenti».

Il centro, il 24 aprile scorso, ha postato una foto di Roberta Repetto nel giorno in cui avrebbe compiuto di 41 anni se non fosse morta di tumore nell’ottobre scorso dopo due anni di atroci patimenti dall'”operazione” al neo che secondo le indagini dei Carabinieri sarebbe avvenuta proprio nel centro.

«Oggi Roberta Repetto, per gli amici Bobby, avrebbe compiuto 41 anni. Proprio nel giorno del suo compleanno vogliamo smentire con forza la narrazione che vorrebbe Roberta una persona fragile, manipolata e incapace di fare delle scelte proprie – si legge sulla pagina Facebook di Anidra -. Non è vero. Roberta era perfettamente capace di intendere e di volere, Roberta era una donna libera di autodeterminarsi e indipendente nelle proprie scelte. Raccontare o credere il contrario non onora la sua memoria e combatteremo con tutte le nostre forze affinché nessuno tocchi Roberta. Il suo curriculum vitae è ricco di competenze, professionalità e capacità, le sue doti umane immense. Chiunque abbia conosciuto Roberta può confermare quanto affermiamo e chi non ha avuto la fortuna di conoscerla non creda alla storiella della squilibrata vittima di manipolatori. La ricerca della verità è molto più complessa della facile indignazione. Nessuno di noi operatori del Centro Anidra era a conoscenza della sua malattia. Lo abbiamo scoperto solo a due settimane dalla morte ed è stata lei stessa a comunicarcelo. Come avremmo potuto curare con tisane e meditazione una malattia che neanche sapevano esistesse? Quando Roberta ci manifestava il suo malessere ognuno di noi, nessuno escluso, le ha consigliato più volte di fare degli accertamenti. Non averli fatti non può essere imputato né a lei né a noi. Se a quarant’anni vi venisse un mal di schiena pensereste davvero che si tratti di una malattia terminale? La risposta è no e per questo continuereste a fare la vostra vita. Così come ha fatto Roberta e nessuno può farle una colpa per questo né tanto meno trovare dei capri espiatori per trovare un senso a una cosa così ingiusta: la morte di una giovane donna».

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