Facce de Zena 

Muore di Covid il critico d’arte Germano Celant. A Genova curò “Arti e Architetture” nel 2004

Lo storico dell’arte e curatore nato a Genova è morto di Coronavirus all’ospedale San Raffaele di Milano. Aveva 80 anni. aveva studiato all’Università di Genova, dove era stato allievo di Eugenio Battisti. Nel 2004 curò nella nostra città una delle mostre di punta della “Capitale europea della Cultura”: “Arti e Architettura” che riempì la città di opere di arte contemporanea

Celant era stato anche coinvolto direttamente dal sindaco Giuseppe Pericu in un evento che ha coinvolto tutta la città e il cui soggetto è stato il rapporto fra l’Architettura e le altre arti: un evento che ha mostrato l’excursus del rapporto fra l’Architettura e le altre arti (letteratura, teatro, fotografia, letteratura, etc..), soprattutto per quanto riguarda le avanguardie, dal ‘900 al 2004, e che ha realizzato un fitto programma di installazioni permanenti da parte dei maggiori architetti internazionali in diversi luoghi urbani genovesi.

Nel 1967 Celant coniò la definizione di “arte povera” per designare un gruppo di artisti italiani: Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali ed Emilio Prini, esposti nella prima mostra alla Galleria La Bertesca di Genova, destinati a riscuotere un grande successo internazionale negli anni successivi. Sempre alla Bertesca di Genova presentò in contemporanea Im-Spazio (Bignardi, Ceroli, Icaro, Mambor, Mattiacci, Tacchi). Questi artisti, secondo la presentazione del critico nel catalogo, operavano in una “nuova dimensione progettuale che mira ad intendere lo spazio dell’immagine, non più come contenitore ma come campo di forze spazio-visuali. Le loro opere presentano una strutturazione aperta di frammenti visivi, formano imspazio a circolo aperto, a tempo reale […] che agisce con e sullo spettatore”.

Celant delineò la teoria e la fisionomia del movimento attraverso mostre e scritti come Conceptual Art, Arte Povera, Land Art del 1970.

Dopo la mostra Off Media, svoltasi a Bari nel 1977, iniziò a collaborare col Museo Guggenheim di New York, del quale divenne in seguito senior curator.

Sempre al Guggenheim allestì nel 1994 la mostra Italian Metamorphosis 1943-1968, nel tentativo di avvicinare l’arte italiana alla cultura americana. L’intendimento di internazionalizzare l’arte italiana aveva già caratterizzato le mostre al Centre Pompidou di Parigi (1981), a Londra (1989) e a Palazzo Grassi a Venezia (1989)[8].

Nel 1996 curò la prima edizione della Biennale di Firenze Arte e Moda, evidenziando un concetto di arte in costante evoluzione, strettamente connesso con la cultura contemporanea intesa come espressione dinamica di una creatività globale. Nel 1997 venne nominato direttore della 47ª Biennale d’Arte di Venezia.

Collaboratore di note riviste fra le quali L’Espresso, Celant, dopo aver realizzato a Genova la grande mostra Arti & Architettura (2004), fu direttore della Fondazione Prada a Milano e curatore della Fondazione Vedova a Venezia. Inoltre organizzò la mostra Art & Food alla Triennale di Milano, in occasione di Expo 2015.

Il ricco compenso offerto dall’Expo 2015 di 750 mila euro, assegnato al critico genovese per la curatela e la direzione artistica per l’Area Tematica Food in Art del 2015, scatenò immediatamente una polemica: il critico d’arte Demetrio Paparoni si appellò infatti al sindaco di Milano Giuliano Pisapia contro la cifra spropositata, considerando che il compenso destinato al direttore dell’ultima Biennale di Arti visive Massimiliano Gioni nonché il suo successore Okwui Enwezor sarebbe stato ”appena” di 120mila euro. All’accusa Celant si era difeso asserendo che il totale della cifra avrebbe incluso anche la retribuzione del general contractor dell’intera iniziativa, lo staff e le tasse dal momento che l’Expo mancava di una sua struttura interna organizzativa.

Germano Celant, Fondazione Prada Osservatorio (Foto: Ugo Dalla Porta)

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