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Mura degli Zingari, cronaca di un crollo annunciato. Ecco le foto di settembre

Amedeo Lucia, consigliere municipale: <Sollevai la questione e facemmo un sopralluogo a settembre. Infiltrazioni, calcestruzzo già caduto e ferri arrugginiti a vista>. Un pezzo della struttura degradata è del Cinquecento, faceva parte del Palazzo del Principe e viene incredibilmente usata come… officina di manutenzione delle carrozze della metropolitana

Ieri è stato necessario chiudere via Mura degli Zingari per un crollo di intonaco dalla struttura soppalcata che copre in parte la strada. Non si è stupito Amedeo Lucia, consigliere Pd di minoranza del Municipio Centro Ovest. <Avevo sollevato io stesso il problema in sede di Municipio – spiega Lucia -. Effettuammo un sopralluogo con il Comune il 17 settembre dello scorso anno. Oltre al presidente Renato Falcidia e a me, parteciparono l’assessore Caterina Patrocinio e altri consiglieri, oltre all’ingegner Gatti della Direzione Facility Management, e un tecnico Amt, perché parte dell’area è usata per la manutenzione delle carrozze della metropolitana>.

<Avevamo notato che l’impalcato, proprio dove ieri è caduto il lastrone, era senza più calcestruzzo in molte parti. C’erano ferri a vista arrugginiti. All’interno del deposito, nelle parti del vecchio impalcato, moltissime infiltrazioni d’acqua arrivano fino alla fermata della metrò Dinegro in direzione centro. L’ingegner Gatti ci aveva detto che si tratta di un enorme lavoro da dividere in più trance. Il Municipio aveva già chiesto di inserirlo nel piano triennale. Gatti ci aveva avvisato: si trattava di un grosso ed impegnativo lavoro. Per la sua complessità dove essere diviso sicuramente in lotti>.

Tra l’altro, un pezzo dell’impalcato è in realtà un loggiato del Palazzo del Principe. In tempi in cui non si dava la necessaria attenzione ai valori architettonici della nostra città era stato trasformato in deposito e ora è l’officina di riparazione della metropolitana.
Vuole la leggenda che Andrea Doria invitasse prestigiosi commensali a una tavola allestita “fronte mare” e che alla fine gettasse i piatti d’oro utilizzati nelle acque per dimostrare la sua ricchezza. La leggenda prosegue spiegando che al di sotto, a trattenere i piatti preziosi che sarebbero stati poi recuperati, ci fosse una rete.
Certamente la parte che era in riva al mare (poi arretrata a causa dell’interramento) è proprio quella oggi ridotta ad officina. Sì: vi stiamo dicendo proprio che un pezzo di un prestigioso palazzo del Cinquecento viene usato come officina di manutenzione.
Sarebbe il caso di sottrarre questa parte del palazzo a un uso tanto diverso dalle sue origini e di valorizzarla anche turisticamente come merita dopo il restauro.

La storia

La Villa del Principe, Palazzo del Principe, o ancora Palazzo di Andrea Doria a Fassolo (nella lingua ligure Villa do Prinçipe, oppure Paxo do Dria Döia) è una delle principali ville storiche di Genova, edificata nel Cinquecento in una zona che, al tempo della costruzione della villa, si trovava fuori delle mura della città. Costruita come residenza strettamente privata del principe ammiraglio genovese Andrea Doria – che pure vi ricevette sovrani e diplomatici di ogni nazione – non fu censita come Palazzo dei Rolli della Repubblica di Genova in quanto si trattava di una villa suburbana e non di un palazzo di città. Dalla sua reggia, posta immediatamente al di fuori dall’antica porta di San Tomaso, verso Capo di Faro ove sorge la Lanterna, Andrea Doria manteneva la sua influenza sulla città pur rimanendo a distanza dal Palazzo Ducale, dove l’oligarchia aristocratica decideva ufficialmente le sorti della città in seguito alla restaurazione della Repubblica oligarchica. Ancora di proprietà degli eredi Doria Pamphilj, la villa del Principe e il suo parco sono aperti al pubblico come istituzione museale. Non quel pezzo che è occupato dall’officina, ovviamente.

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