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Quo vado

Non so se magistralmente, dopo quanto è accaduto nelle presidenziali Usa, Giovanni Giaccone, maestro di arguzie aforistiche, volesse alludere al sogno americano andato in mille pezzi con l’elezione del Tycoon Donald Trump. Perché questo mi evoca la sua massima registrata ieri sulla sua bacheca “Non ve l’hanno mai detto che i sogni sono fuori e voi siete nel cassetto?”. Meglio, molto meglio, in quanto ad efficacia, di mille e mille commenti e faticose analisi  politiche fiorite su carta stampata, siti on line e pagine social.
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Il sogno è fuori e noi ci siamo chiusi nel cassetto, forse per paura di praticarlo. È automatico il rimando al celebre “I have dream” pronunciato il 28 agostodel 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washinton dal reverendo Martin Luther King, slogan che caratterizzò, sempre negli States, la battaglia e le marce di protesta per i diritti civili e divenne simbolo della lotta al razzismo. Poco più di cinquanta anni fa il reverendo King fantasticava su una nazione in cui la popolazione di colore avrebbe goduto dei diritti dei bianchi, sottolineando, appunto, il divario fra il sogno americano e la realtà ed esaltando, per contro, l’immagine di un’ America possibile, unificata nel nome dell’integrazione. Diceva Martin Luther King ” Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per ciò che la loro persona contiene. Io ho un sogno oggi”. Il resto è storia di questi anni. Il doppio mandato per un afroamericano figlio di una antropologa del Kansas e di un economista keniota e il seguente sogno della prima donna presidente che svanisce all’alba. I sogni che si trasformano in incubo di cui sembriamo essere prigionieri e da qui l’auto difesa di chiudersi in un cassetto… o nell’armadio. Insomma mi piace pensare che Giovanni Giaccone intendesse tutto questo. Con tutto questo castello che io ci ho costruito sopra. Suggestioni, forse. Mentre a New York continuano le proteste. Suggestioni e indicazioni sulle quali, in lungo e in largo, hanno maramaldeggiato gli analisti nostrani con riferimento all’approssimarsi del giorno del giudizio universale, con ipotetiche politiche e, di conseguenza, alle più lontane amministrative. Ultimo nel lungo elenco Luigi Leone sul sito di PrimoCanale “L’unica novità rischia di essere l’autocandidato Simone Regazzoni. Nasce come provocazione nei confronti del suo stesso partito, il Pd appunto, ma potrebbe rivelarsi uno ‘scherzo’ alla Trump. Prendiamo la storia dell’assessore alla notte tirata fuori da Regazzoni. Molti liquidano l’idea come una ‘cazzata’ da filosofo, ma se si parla con i genovesi si apprende che sono stanchi e intimoriti di pensare alle ore piccole come a una fase della giornata totalmente in mano a vandali, delinquenti di ogni risma e via elencando. La ‘cazzata’ di Regazzoni, cioè, intercetta un bisogno”.
E non so se questa confusione con il Tycoon in conclusione finirà per nuocergli. Perché il popfilosofo è personaggio sovraesposto e divisivo, sul quale l’establishement di lungo corso del Pd, mummie e dinosauri intenti ed assisi a progettare strategie personalistiche attorno ai caminetti, insomma, gioca a proiettare un’immagine di candidato di destra per quella sua tensione che mette in fila prima l’attenzione ai bisogni dei genovesi e in secondo piano il politicamente corretto legato al sentire e all’ideologia della sinistra salottiera. L’approccio con i problemi delle quote di immigrati, con la legalità nelle periferie e nel centro storico, con l’ordinanza disastrosa del sindaco Marco Doria sulla Movida, ma anche il piano sul welfare e il progetto per velocizzare i flussi in Valbisagno gli hanno tirato addosso critiche e fuoco amico, tanto da mettere in forse le primarie a cui si è prontamente candidato.
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Consultazioni prima promesse dal segretario provinciale Dem Alessandro Terrile (nella foto sotto) e, nonostante questo, al momento fortemente in forse.

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Tanto che Regazzoni reagisce cosi’ “Il Segretario del Pd genovese Alessandro Terrile, parlando della mia candidatura afferma: “Il problema è fare sintesi, trovare piattaforme e programmi comuni”. Continuiamo a parlare così, come se fossimo usciti da una “Tribuna politica” in bianco e nero degli anni Settanta. Continuiamo a farci del male…Il problema non è la piattaforma, la sintesi, il perimetro dell’alleanza: il problema è tornare a parlare alla città, subito, rispondere in modo concreto ai bisogni delle persone, possibilmente con volti nuovi. Mi dite che sono partito troppo presto: a me pare che voi, gruppo dirigente, siate in ritardo, e la città non ha voglia di aspettarvi. Sabato ero in Val Bisagno a parlare con tanti cittadini che vogliono un cambiamento e non aspettano le sintesi o la piattaforma. Continuerò così, a parlare con le persone e ad ascoltare, a costo di essere in anticipo rispetto ai tempi dell’apparto del Pd. Si parla molto nel Partito e fuori della candidatura di Luca Borzani come l’unica in grado di fare sintesi. Ma allo stesso tempo, molto lucidamente, tanti nel Partito e fuori dicono che rischia di essere una candidatura perdente. Luca è persona che stimo. Luca ha fatto un lavoro importante a Palazzo Ducale. Ma rischia di essere percepito come una candidatura di retroguardia, come vecchia politica. Per questo credo sia legittimo si candidi: ma misuriamo con le primarie il conseso popolare di chi ambisce a governare Genova. Se per paura giochiamo in difesa, e puntiamo sull’usato sicuro e blindato dall’apparato, rischiamo di fare la fine del Pd americano e Luca (o chi per lui) potrebbe essere la nostra Hillary Clinton. Tu cosa ne pensi? Meglio dirlo ora con chiarezza, che passare mesi ad analizzare una sconfitta già prevedibile oggi”. Insomma nel suo personale pronostico lui nei panni di Trump, a suo tempo endorsato da Clint Eastwood, killer della sinistra buonista e salottiera del politically correct Made in USA, e mito assoluto del pop filosofo. E il possibile candidato unitario Luca Borzani in quelli della povera Hillary, cornuta e mazziata. Prima attirato nell’agguato e poi costretto a leccarsi le ferite.
Intanto, mentre Borzani sfoglia malmostoso la margherita nel suo eremo di palazzo Ducale Regazzoni incassa, dopo quello genovese di Marta Vincenzi, e di Recalcati post Leopolda, un altro endorsement da oltre sopraelevata. “Ho fiducia in Simone è pragmatico ed è intelligente. Lo sostengo perché è molto positivo  quando la cultura riesce ad entrare nel cuore della politica”. Parole di sostegno di Pietro Valsecchi di Taodue Film e produttore dei maggiori successi contemporanei del piccolo e del grande schermo come: Distretto di Polizia, RIS, Squadra Antimafia, Karol e dei successi di Checco Zalone: Cado dalle nubi, Che bella giornata, Sole a catinelle, Quo vado? Ovviamente la pubblica segnalazione non può che far piacere al popfilosofo che subito posta sulla sua bacheca “Inatteso e gradito: grazie di cuore a Pietro Valsecchi per il sostegno alla mia candidatura! Se diventerò Sindaco di Genova proporrò a Pietro di girare uno dei suoi film, magari con Checco Zalone, a Genova” a commento di un articolo on line di GenovaZenanews in cui si spiega da cosa sia stata originata la stima di Valsecchi “I due si sono conosciuti per motivi lavorativi,  Valsecchi e Regazzoni lavorano  insieme ad una fiction su Michelangelo. Il produttore non ha esitato a dichiarare le capacità del pop filosofo Regazzoni, filosofo si ma anche con marcate doti pratiche ( almeno così si vocifera). Lontano dagli stereotipi della cultura alla naftalina e vicino ad uno stile comunicativo non amato da quelli che Simone stesso definisce” dinosauri””. Il titolo dell’articolo, non a caso recita, “Regazzoni ha scoperto che il mondo non finisce all’ingresso della sopraelevata”
Già, la sopraelevata, altro problema che divide i genovesi. Manufatto caratteristico che svela la città e il suo porto dall’alto a chi esce al casello di Genova ovest e si dirige verso il centro, o, al contrario,  nastro d’asfalto caratteristico che occulta e divide le facciate nobili dei palazzi del centro storico alla vista del mare. C’è da giurarlo che il tema sopraelevata si’, sopraelevata no, farà parte di qualche nuovo tormentone pre elettorale, riproponendo la querelle tra chi la giudica utile per smaltire il traffico, chi vorrebbe chiuderla alle auto per farne una passeggiata sospesa a mezz’aria che consenta una visione aerea della zona portuale e chi ne vorrebbe tout court l’abbattimento. A dir la verità è una polemica che ogni tanto rinasce, si rigenera e si autoalimenta per poi sciogliersi per autocombustione.
Stavolta a rilanciarla, forse alla ricerca di un po’ di rinnovata visibilità, e’ nientepopodimeno che l’architetto Giovanni Spalla, ex PCI,  a suo tempo supporter della Vincenzi, infine fulminato sulla strada di Damasco da Beppe Grillo e Alice Salvatore qualche mese fa.  Il prof. Francesco Gastaldi, docente di urbanistica alla facoltà di architettura della università Iuav di Venezia e attento osservatore dei fatti della politica locale ne da’ notizia postando una lunga intervista di Michela Bompani a Spalla su “La Repubblica.it”. L’architetto definisce la Sopraelevata un ecomostro da abbattere. Spiega Spalla “E’ un’infrastruttura che ha tagliato di netto uno degli spazi medievali più importanti del mondo: le due chiese sovrapposte di San Giovanni di Prè, la Ripa Maris, palazzo San Giorgio, le mura di Genova. Tranciati. E ha creato il problema di aprire una frattura terribile tra il centro storico e il Porto Antico, una frattura che ancora adesso cercano di saldare e faticano a farlo. Per non parlare del Palazzo del Principe di Andrea Doria: tagliato anch’esso a metà dalla Sopraelevata, con le logge sul mare che esistono ancora e nessuno vede, separate da tutto il resto, dalla strada. Noi peraltro avevamo anche previsto un’alternativa. Il traffico, invece di essere convogliato su questa strada assurda, veniva indirizzato nelle gallerie a monte: lo spazio c’era e il progetto funzionava. Ma niente. Vinse la Sopraelevata danneggiando per sempre la città. Ora forse abbiamo un’occasione per recuperare. Forse Genova potrà liberarsi. Ma non abbattiamone soltanto un pezzo, liberiamoci di tutto l’ecomostro “. Ovviamente i genovesi si sono già divisi. L’ex assessore Al traffico della giunta Pericu Arcangelo Merella (nella foto sotto) è lapidario e mentre infuria il diluvio di commenti su Spalla spin doctor dell’Alice posta stringato “Ne azzecca poche”.
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Segno inequivocabile che il problema  sopraelevata su, sopraelevata giu’ non lo attizza per niente. Intanto comunica che venerdì 25 novembre presso il Bbcenter, al 41 di via XX settembre, presenterà il suo movimento civico SiAmo Genova. A quel punto i candidati ufficialmente in corsa diventeranno tre. Oltre a Regazzoni e Merella il rappresentante di Fratelli d’Italia Stefano Balleari.
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E se togliamo dal trio proprio Merella, deciso per la lista civica, gli altri due, rappresentanti, forse, del centro sinistra e del centro destra, si ritrovano esattamente come dice il buon Giaccone, con i sogni fuori e, per quanto riguarda loro, relegati e prigionieri del cassetto. Ad aspettare che altri finalmente decidano se ammetterli e candidarli ed, eventualmente, rendano possibili le loro ambizioni. Con una domanda in testa. Quo vado? N’do vai? E che la Sopraelevata ci sia o no, credetemi è davvero trascurabile.

 

Il Max Turbatore

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